Principale Arte, Cultura & Società Sport & Motori La FIFA sogna un Calcio “più globale”

La FIFA sogna un Calcio “più globale”

Secondo il Presidente Infantino l'alternativa sarebbe “finire per fare qualcos'altro”

Il romanzo “d’isterismo da superleghe” (cit. Gravina, FIGC) aggiunge un capitolo alla narrazione.
Dopo le esternazioni di qualche giorno fa del Presidente della Federazione calcistica italiana sull’ipotesi dei Mondiali biennali e le legittime domande sul rischio di fiasco nella programmazione dei tornei femminili e dello stop ai campionati interni, risuonano oggi le parole del Presidente della FIFA, il quale illustra al mondo la propria visione di un “Calcio più globale”.

Durante una conferenza stampa tenutasi allo stadio Olimpico di Caracas in Venezuela – dove il top manager si trova per una tournée sudamericana – Gianni Infantino è tornato a lanciare la proposta del Mondiale ogni due anni, ma questa volta parlando di doveri: “È un dovere della FIFA garantire che il Calcio sia veramente globale”. Per spiegare il proprio concetto di “globale” il Presidente della FIFA è ricorso addirittura al mito del sogno: “Il presidente della FIFA è il presidente di 111 Paesi e ciascuno di loro ha il diritto di sognare. Ma il sogno deve avere una possibilità di avverarsi perché, se devi sognare per l’eternità, finirai per fare qualcos’altro”.

Nuova organizzazione di Mondiali di Calcio e regolamento

Certo di ingraziarsi gli sportivi e la stampa locale, Infantino ha poi alimentato la fiamma del sentimentalismo patriottico latinoamericano, sottolineando come “La Vinotinto” sia una società sportiva che rappresenti circa 32 milioni di persone e come sia dovuto alla mancanza di opportunità il fatto che la stessa nazionale venezuelana di calcio non sia mai riuscita a qualificarsi ad una Coppa del Mondo.

Secondo il Presidente della FIFA, invece, le migliorie nell’organizzazione del Campionato Mondiale, unite al nuovo regolamento – dal 2026 – che innalza il numero di squadre partecipanti da 32 a 48, potrebbero spianare la strada a Paesi con una tradizione calcistica meno importante: “Vogliamo parlare delle reali possibilità per il Venezuela di partecipare ai Mondiali? È molto improbabile che lo faccia con l’attuale formula”.

Caduta di prestigio o miglioramento del Calcio per nazionali?

A chi gli ha già contestato l’impraticabilità concreta del progetto, dato il numero di impegni attuali dei club calcistici privati e di bandiera, e lo svilimento di qualità, fascino ed importanza di una manifestazione sportiva qualora diventasse troppo ricorrente, il manager ha risposto seccamente: “La possibilità di riformare il calendario con un Mondiale ogni due anni l’abbiamo analizzata da un punto di vista calcistico ed è possibile. Ci sono molti vantaggi, perché diamo più possibilità a più Paesi di partecipare. Dobbiamo analizzare come migliorare il Calcio delle squadre nazionali: il prestigio di una competizione non dipende dalla sua frequenza, altrimenti organizzeremmo un Mondiale ogni 40 anni. Il prestigio dipende dalla qualità e non c’è competizione che si avvicini alla Coppa del Mondo”.

L’ultima considerazione di Infantino è stata poi sulla “parità”, avendo sostenuto che la nuova riforma prevederebbe gironi di qualificazione raggruppati che diminuirebbero gli spostamenti intercontinentali dei giocatori sudamericani.

I deficit dei sogni fatti in grande

A dirla tutta il Venezuela, assieme all’Ecuador, è l’unica nazionale latina a non aver vinto neppure una sola volta la Coppa America – delle 19 partecipazioni il miglior risultato è stato il quarto posto nel 2011 in Argentina) – ma… realmente questo può dipendere dalla mancanza di possibilità?

Fermo restando che non in tutti i Paesi il Calcio dovrebbe essere forzatamente una filosofia di vita, che la tradizione sportiva venezuelana è orgogliosa (anomalia rispetto ai “vicini” sudamericani) della propria squadra di baseball (3 volte Campione del Mondo e Medaglia d’Oro panamericana nel 1959), che per cercare di colmare tale “deficit” al Venezuela fu addirittura assegnata l’organizzazione della Copa América 2007 (torneo in cui arrivò ai quarti) e che anche l’amministrazione dello Stato investì notevoli contributi in impiantistica sportiva per l’occasione, ci si chiede: Ma è il Venezuela ad aver bisogno della FIFA o è la Federazione svizzera a nutrire necessità della nazionale latinoamericana? Sarà che dopo aver perso per strada la Confederations Cup nel 2019 ed essere rimasti con il Mondiale, la Coppa del Mondo per club e qualche torneo olimpico non si stia cercando di far cassa, magari guardando “di malocchio” i guadagni dell’UEFA (con Europeo, Champions ed Europa League)?
A chi non conviene che si finisca “per fare qualcos’altro” e chi teme un brusco risveglio dal sogno?

Probabilmente nell’odierno contesto politico e sociale, in cui regna il motto “altri hanno un problema, ci dobbiamo pensare noi e mi arricchisco io”, se si arriva ad essere il primo Presidente FIFA invitato ad un summit del G20 (dopo aver soppiantato un pluricondannato Sepp Blatter) vuol dire che si è sognato in grande, e bene…

Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

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