Principale Politica Diritti & Lavoro Lavoro e povertà: materie per competenti non per demagoghi

Lavoro e povertà: materie per competenti non per demagoghi

Applicato per due terzi al Sud, il reddito di cittadinanza ha lasciato fuori un terzo di veri poveri e incluso un terzo di poveri finti, per non dire dei truffatori. I primi a rinnegare questa costosa trovata propagandistica sono i leghisti, che pure la accettarono nel Conte 1.

I dati, incoraggianti al di là di tutte le aspettative, di crescita dell’occupazione, con 606 mila posti complessivi nei primi 5 mesi del 2021, mettono ancora più in evidenza il fallimento del cosiddetto reddito di cittadinanza, carta (purtroppo) elettoralmente vincente dei 5Stelle, nella loro irripetibile ascesa del 2018.

Nato per assecondare le utopie visionarie di Casaleggio senior su una società egualitaria, felice di vivere con poco, diventato poi 870 euro per stare sul divano, si arricchì all’ultimo momento della parte relativa all’avviamento al lavoro, per recuperare una credibilità costruttiva presso i ceti produttivi, sconcertati dalla concorrenza tra salari e redditi garantiti.

Un pasticcio che non ha abolito la povertà e incentivato il lavoro nero.

Ottimisticamente, l’Agenzia che monitora il mercato del lavoro parla di 152 mila occupati grazie al rdc. Prendendo per buono questo dato, si tratterebbe di uno su 7 di quei 1,9 milioni che potenzialmente sarebbero avviabili al lavoro sui 3,7 milioni destinatari del sussidio. Ma molti analisti dubitano che si tratti di posti davvero dipendenti dal sistema rdc e tanto meno dalla trovata propagandistica dei cosiddetti navigator.

Più che comprensibili le richieste di rivedere tutto il meccanismo, con solo Conte schierato eroicamente a difesa dell’ultimo baluardo identitario di un movimento in totale contraddizione con se stesso.

Applicato per due terzi al Sud, il rdc ha lasciato fuori un terzo di veri poveri e incluso un terzo di poveri finti, per non dire dei truffatori.  I primi a rinnegare questa costosa trovata propagandistica sono i leghisti, che pure la accettarono nel Conte 1 in una gara demagogica con i soci pentastellati.

Il reddito sussidiato (non 870 ma 512 euro a livello medio Italia) é stato un incentivo al lavoro nero, come riferiscono gli operatori del turismo che in questa estate di ripresa faticano a trovare collaboratori disposti a rinunciare all’assegno per un posto a tempo in ristoranti ed alberghi.

La misura é stata oltretutto molto costosa, 20 miliardi in tre anni, aumentati di altri 4 causa Covid.

Draghi ha sottolineato che la parte buona – lotta alla povertà – va comunque salvaguardata e in effetti non é facile, dopo tanta demagogia, cancellare qualcosa che incide sulla povertà, anche se solo dello 0,6% del periodo preCovid. É venuto il momento di separare due cose che non stanno insieme: il sostegno del reddito per chi non ce la fa, anche con l’imposta negativa, e le politiche del lavoro.

Del resto, su 3,7 milioni di beneficiari, più della metà dei soggetti proprio non possono, per etá o disabilità, entrare nel circuito del lavoro, e anche tra i quasi 2 milioni restanti, c’é un 72% che non ha titolo di studio e formazione. Non é certo il navigator, ora già un precario da prorogare, che può risolvere una questione del genere.

E infatti oltre la metà di quelli che dovevano aderire al patto per il lavoro non sono stati neppure convocati, per non dire dell’avviamento, anziché al divano, a lavori socialmente utili, altra chimera.

La questione lavoro da un lato e la questione povertà dall’altro sono troppo serie e complicate perché siano lasciate alla trovata fuor d’opera di un Ministro del Lavoro che non aveva mai lavorato.

Deve essere materia per le parti sociali, con la mano pubblica che finanzia strumenti reali di formazione e crescita, in un mercato in cui é scandaloso che molti settori imprenditoriali offrano posti che nessuno ricopre (anche con 3 mila euro mensili offerti da quella ditta di trasporti a centinaia di autisti introvabili).

Quanto al sostegno contro la povertà, anche qui bisognerebbe ricorrere a chi se ne intende, come l’Alleanza contro la povertà, con Acli e Caritas in prima fila. Vi fece tardivo ricorso il Governo Gentiloni, con un troppo piccolo stanziamento, ma il meccanismo era quello giusto.

Importante ora sarebbe soprattutto togliere di mezzo ideologia e strumentalizzazioni. Puó sembrare un merito dei 5Stelle aver almeno sollevato il problema, ma basta leggere il loro iniziale disegno di legge per cogliere qualcosa di molto diverso dalla generosità: il rdc come mezzo per costruire la decrescita felice.

A tutti il minimo, in una società da figli dei fiori, un po’ sovietica e un po’ ipercapitalista, con solo l’Elevato a godersi i miliardi.

Beppe Facchetti

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