Principale Arte, Cultura & Società  Maria Pia Latorre recensisce La compagnia del melograno, di Piero Fabris

 Maria Pia Latorre recensisce La compagnia del melograno, di Piero Fabris

In questi giorni sta girando nei salotti letterari pugliesi, La compagnia del melograno, romanzo ibrido, a cavallo tra giallo, romanzo storico, fantastoria, fantapolitica, utopia e romanzo d’avventura. Tutti generi questi, che Piero Fabris, artista poliedrico che spazia dalla pittura alla poesia  alla saggistica alla letteratura, riesce a padroneggiare sapientemente e con grande maestria.

Sin dalle prime battute il romanzo cattura l’attenzione del lettore, avvicinandolo alla vita dei protagonisti; la giornalista Sophie Armenio alle prese con un intricato mistero legato al poeta armeno e naturalizzato italiano Hrand Nazariantz, vissuto in Italia dal 1913 al 1962,  anno della sua morte.

Sophie si trascina stancamente in una storia d’amore ormai alla fine, in cui l’impenetrabile Niko non riesce ad attirare su di sé le attenzioni dell’amata, completamente assorbita dalla sua carriera in ascesa. Forte e determinata, Sophie non esita a spostarsi lungo tutta l’Italia, da Venezia a Napoli a Firenze, a caccia di indizi e prove, per chiarire i numerosi enigmi legati all’intellettuale armeno che si fanno sempre più fitti, e ritrovare un prezioso manoscritto di cui si erano completamente perse le tracce.

Nel corso delle  sue ricerche  la vivace Sophie s’imbatte nel misterioso professor Biagio Armenise e nell’eccentrico collega Gregorio Taddeo, con i quali, suo malgrado, intreccerà il cammino e le indagini.

Già di per sé, nell’architettura della trama, il romanzo è avvincente, dal ritmo incalzante, con una scrittura rapida e ritmata nelle pagine d’azione, ma che si fa precisa e suggestiva nelle descrizioni  – e qui la maestria del pittore Fabris la fa da padrone, riuscendo a imprimere pennellate paesaggistiche spettacolari per luminosità ed effetto visivo – ; scrittura che si fa distesa e intimista nelle pagine introspettive e di scavo dei personaggi, ma l’ubi consistam dell’opera è nell’elevazione a vera e propria prosa poetica gli svariati momenti in cui vengono accarezzati temi cogenti legati al mondo dell’arte, all’urgenza culturale cosmopolita e all’afflato poetico solidale, temi che per il poliedrico Piero Fabris sono fibre vitali che ogni giorno allena ad una maggior sensibilità espressiva.

Ci sono voluti anni di ricerca, ammette l’Autore, per arrivare alla stesura definitiva de La compagnia del melograno, che già nel titolo richiama un emblema fondamentale della cultura armena, la pianta del melograno, che reca in sé ampia simbologia che va dalla fertilità e abbondanza, alla sofferenza, al principio dell’universalità  di cui tutto il libro è intriso, poiché grande è l’amore di Piero Fabris verso la comunità armena pugliese e ancor più grande il suo attaccamento al massimo poeta armeno di tutti i tempi, quel Hrand Nazariantz che ha fatto della sua vita il tempio della Poesia.

E ne  La compagnia del melograno alita forte il vento della purezza, dell’idealità, dei valori della fratellanza universale, temi cari al Hrand del Manifesto graalico, là dove l’arte è stata da lui considerata come “una grande pietà” e la poesia una “concezione di vita”, ma anche “religione d’amore”; là dove il poeta deve offrire “l’immagine di una idea di verità e di bellezza, una speranza di liberazione sopra le rovine, il più dolce abbraccio alle armonie del creato”.

Come non rabbrividire dinanzi a simili dichiarazioni? Senza dubbio vale l’“omnia preclara rara”, e che l’eccelso sia rarità è acclarato, e tra le pagine di questo libro se ne ha piena consapevolezza.

Talmente coerente e sincero, non solo nella sua dichiarazione d’intenti, ma in tutto il suo svolgersi,  La compagnia del melograno, in linea con la poetica di Piero Fabris, rende sentito ed efficace tributo alle numerose personalità della cultura pugliese e armena che, nel corso dei secoli, sono state vivo fermento per la nostra terra.

La compagnia del melograno è un romanzo che si consiglia vivamente non solo propriamente per l’incantevole diletto della lettura, ma perché apre ad importanti approfondimenti della cultura armena e ai  suoi intensi rapporti con la cultura italiana.

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