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La pubblicità oggi

Pubblicità del fast food; pubblicità dell’acqua che depura l’organismo e aiuta a mantenere la linea;  pubblicità dello yogurt che favorisce la regolarità dell’intestino oppure che abbassa il colesterolo insieme naturalmente ad un corretto stile di vita;  pubblicità dei telefonini, della Coca-Cola, del gelato commerciale, dell’Amaro, dell’acqua gassata, del caffè, delle caramelle, delle patatine, delle liquirizie, delle merendine, dei cioccolatini, dei detersivi, dei deodoranti, della crema contro le rughe, del dopobarba, della crema per i brufoli, della pomata per le emorroidi, della crema per la secchezza vaginale, della crociera, dello shampoo antiforfora, della crema solare, dei gioielli, della crema per smagliature, dell’integratore alimentare, degli attrezzi per fitness, degli assorbenti per donna, della poltrona motorizzata, del latte senza lattosio, del sito che confronta polizze auto, del sito che confronta i prezzi degli alberghi.

Sono rimasti famosi ormai alcuni slogan pubblicitari (“ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c’è MasterCard”; “il meglio di un uomo” (rasoi); “così tenero che si taglia con un grissino”; “che mondo sarebbe senza Nutella?”).

Sono lontani i tempi delle semplici affissioni e delle pubblicità didascaliche del Carosello degli anni sessanta. Oggi la pubblicità è piena di inglesismi: brand, testimonial, marketing, target, copywriter, art director.

C’è la pubblicità comparativa, quella occulta, quella ingannevole.

C’è anche quella invadente online tramite email, banner e pop-up. La pubblicità dice il proverbio è l’anima del commercio.

Ormai è ovunque: alla televisione, al cinema, sui giornali, per strada, su Internet, alla radio, al telefono con il telemarketing.

Molto spesso è la promozione di prodotti e servizi inutili.

Talvolta vengono pubblicizzate comodità, ma non sono molte le cose veramente necessarie. Molto spesso la pubblicità  è la creazione di falsi bisogni tramite messaggi subliminali. È la cosiddetta civiltà dei consumi. Ci sono agenzie pubblicitarie che fatturano cifre stratosferiche. Ci sono imprenditori che si arricchiscono vendendo in tutto il mondo prodotti inutili o di pessima qualità (ad esempio il cibo dei fast food).

Paradossalmente ci sono stati e ci sono artisti morti poveri (Van Gogh, Oscar Wilde, Edgar Allan Poe, Ugo Foscolo, Baudelaire, Antonio Ligabue, Bach, Mozart, Monet, etc etc) e scienziati/inventori incompresi (Meucci, Mendel, Nikola Tesla, etc etc).

Soprattutto gli artisti nella società moderna sono costretti a vivere in una condizione di indigenza e sono dei veri disadattati.

Esemplare è il caso di Van Gogh che vendette un solo quadro in tutta la sua vita.

Oserei dire che un tempo le persone si godevano l’inutilità dell’arte.

Oggi si godono l’inutilità dei prodotti pubblicizzati.

Oserei dire che ormai la vera arte è la pubblicità.

Il problema è che questo sistema non fa solo il lavaggio del cervello agli adulti, che hanno delle menti ormai assuefatte, ma anche ai bambini a cui dovrebbero insegnare fin dalla più tenera età a analizzare e scomporre gli spot pubblicitari.

La pubblicità spesso utilizza figure retoriche.

La più utilizzata è l’iperbole. Negli spot troviamo spesso allusioni e richiami erotici. In particolare viene spesso fatto un utilizzo improprio del corpo della donna.

Non c’è bisogno di essere raffinati intellettuali per capire questo. Non c’è bisogno di analisi semantiche e iconografiche della pubblicità.

Non c’è bisogno di scomodare la sociologia, la psicologia, la semiotica, l’antropologia, il marketing.

Basta solo ragionare un poco da profani ma con un minimo di senso critico per capire i meccanismi di funzionamento!

Con questo non ce l’ho con i pubblicitari perché anche quello è un modo di campare.

La pubblicità non è altro che un messaggio veicolato tramite slogan ed immagini, che devono far scaturire desiderio del prodotto ed indurre all’acquisto.

Ma per quanto invasiva anche la pubblicità ha un’incognita: è sempre un mistero il passaggio dalla pubblicità alla scelta del prodotto tra gli scaffali del supermercato.

Comunque  questa ormai è la società dei furbastri, delle persone scaltre e pragmatiche: possibilmente senza remore o scrupoli di alcuna sorta.

Sono questi i requisiti indispensabili per avere successo. Il talento non è più richiesto.

Ciò nonostante sono sempre più i teorici del darwinismo socioeconomico.

Ulteriore paradosso: gli ideatori delle pubblicità vengono chiamati creativi mentre alcuni veri artisti (quindi creativi) fanno la fame.  Infine altra stortura dell’attuale sistema economico è la borsa con le sue scalate e le sue speculazioni, che non hanno niente a che fare con l’economia reale e non determinano mai benefici ai paesi e alle popolazioni. Si potrebbe concludere con una sola frase: è il mercato, bellezza!

Davide Morelli

Redazione Corriere Nazionale

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