Principale Politica Diritti & Lavoro A Carosino di scena la voglia di libertà dalla violenza di genere

A Carosino di scena la voglia di libertà dalla violenza di genere

Tutti allineati, anche il sindaco, che si dichiara femminista, in una platea dove gli uomini sono davvero pochi tra il pubblico.

Tutto procede come una pièce teatrale, soffusa, dove ogni tanto c’è un tocco da dizionario sessista, un’attrice con la fissa di Antigone e goliardi musicisti che parlano di streghe.

Dentro un Castello col proscenio un po’ diroccato che strappa un lembo di cielo con una luna quasi piena.
C’è magia, dice Elena Manigrasso, animatrice della serata per Donne in fermento.

Per l’occasione la nostra amica Elena si è portata sul palco e nel proscenio anche colleghe insegnanti e pure la dirigente scolastica.

Cos’è accaduto in questo lembo di mondo? Perché si parla ancora di violenza di genere?

La psicoanalista dei centri violenza Alzaia (Sabina Sabatini) parla di quello che inizia già con la nascita: la manipolazione del bambino e i suoi gesti mostrano il desiderio di entrare in relazione con la mamma.

Questo resta nel fondo è il sentimento che diventa postura, movimento verso l’altro, con la perfezione dell’unione che prosegue nella famiglia.

Cosa avviene talvolta, purtroppo anzi spesso? Che i ruoli dei sessi diventano recinti, soprattutto per le donne, che se si permettono di uscire accade il disastro.

Si parla molto di cultura di genere, ora, specie con il Ddl Zan in discussione, fa paura ad una destra che se ne parli nella scuola.

La dirigente scolastica parla di cinque anni di cultura di genere fatta nella scuola, di cosa si parla?

Di imparare a lacciarsi le scarpe, attaccare un bottone, usare un giravite, ecc. una mescolanza di gesti tra i generi di maschio e femmina per uscire dagli stereotipi.

Una Barbie con la tuta da cantiere e ci sarà pure da salvare la soldatessa Ryanne

Leggere testi con evidenti e marchiani termini sessisti e discuterne, così si impara che maschio e femmina non è una condizione di differenza, se poi arriva altro nella vita, si impara ad avere rispetto.

Si il rispetto dell’altro è il culmine del percorso formativo. Fa paura questo? E perché? La preside ieri sera parlava del grande successo tra le insegnanti e i ragazzi della primaria e delle medie.

Imparare ad essere comunità civile, gentili con le persone, accettare le differenze perché dietro ognuna c’è una vita meravigliosa e per fortuna questo rientrerà nell’Educazione Civica.

Questa al castello appare una sorta di happening con salti di scena, come l’improvvisa apparizione della tavola rotonda (o sedia stavolta) con la scuola e l’ex consigliera Francesca Franzoso.

Con la consigliera di Forza Italia si è parlato della sua battaglia per offrire un contributo per le donne che perdono i capelli per la chemioterapia.

Grazie a lei, è legge regionale la possibilità di richiedere alla sede Asl di appartenenza un aiuto (max  300 €) per l’acquisto di una parrucca.

Difficile fare sintesi di tre o quattro ore di questa iniziativa. Ma registriamo qualcosa dentro di noi che resta lì come impegno.

Insomma sostegno a questa voglia di libertà, con l’attenzione delle commissioni pari opportunità (Sabrina Ponterelli), degli enti locali, (Roberta Frascella consigliera comunale).

Come diventare liberi sempre diventa allora un manuale di buone intenzioni da assumere ogni giorno, perché gli obiettivi futuri si raggiungono cominciando ora.

Concludo con questa bella frase presa da una canzone di De Andrè che Bruni identifica come un Dante moderno

T’ho incrociata alla stazione
Che inseguivi il tuo profumo
Presa in trappola
Da un tailleur grigio fumo
I giornali in una mano
E nell’altra il tuo destino
Camminavi fianco a fianco
Al tuo assassino
Ma se ti tagliassero a pezzetti
Il vento li raccoglierebbe
Il regno dei ragni
Cucirebbe la pelle
E la luna la luna tesserebbe
I capelli e il viso
E il polline di Dio
Di Dio il sorriso

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