Principale Ambiente, Natura & Salute Il divismo della malattia

Il divismo della malattia

Anna Lombroso per il Simplicissimus

C’è un nuovo filone di successo del gossip. Potete monitorarlo attraverso le news che vi somministra Google sul cellulare e rappresenta una finestra sulla realtà davvero significativa.

Intanto perché ci vuol dimostrare che anche i ricchi piangono, che anche i segnati dalla Fortuna hanno le loro disgrazie, che anche a chi eccelle per talento e capacità, e meriterebbe il meglio, capita qualche iattura. Ma visti i tempi che corrono non viene pretesa dal fugace lettore sorellanza per le corna, solidarietà per gli imbrogli dell’agente, comprensione per l’eclissi cui è condannata la star cui è stato preferito un taglio di carne più fresca, compassione per via di improvvidi botulini: adesso invece la pietas  da suscitare  dal basso verso l’alto  viene riscossa dai Vip, come si diceva una volta, per via dell’ostensione pubblica, senza riserve e senza pudore, di una illimitata varietà di patologie.

E c’è la ballerina con l’endometriosi  e c’è l’attrice folgorata dalla rivelazione della vitiligine e c’è il divo depresso e la presentatrice allergica ai raggi di sole condannata a spettrale pallore. E c’è la giovane promessa che confessa i suoi trascorsi di bulimica e quell’altra con una passato di anoressia, e l’interprete di soap svegliatosi coperto di pustole e via con intolleranze, effetti indesiderati di idiosincrasie, voluttuosamente e apertamente dichiarate con condimento di particolari che farebbero inorridire le signore che pensavano che sui giornali ci si doveva finire due volte, alla nascita e alla dipartita. Addirittura una trasmissione settimanalmente ospita le confessioni di personaggi che vengono promossi a influencer grazie alla condivisione di disturbi, eruzioni, borborigmi, e varie manifestazioni che un tempo sarebbero state oggetto di vergognoso pudore e di verecondo ritegno.

Cercare consenso, appoggio e perfino affetto esibendo debolezze umane non è certo abitudine nuova: ce ne sono stati di candidati alle elezioni che hanno elemosinato la preferenza per garantire la pensioncina ai propri cari, vantando un prossimo trapasso postelettorale, e   ce ne sono stati di scrittori che reclamavano  un appoggio compassionevole  per via di malattie incurabili, scomparse appena usciti dal Ninfeo.

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Adesso poi tutti possono sentirsi autorizzati a dismettere riservatezza e discrezione dopo che hanno spopolato le immaginette di festosi vaccinandi, tra i quali ha registrato successo di critica e di pubblico quella di autorevole quanto nerboruto presidente di regione,  a torso nudo con evidenti finalità morali, proprio come le parlamentari che tirano giù lo sbuffo della vezzosa camicetta per rivelare maliziosamente il fatidico cerotto, o per via della festosa pubblicazione in diretta su Instagram delle ecografie dei futuri rampolli di influencer, cui potrebbe far seguito il dente del giudizio estratto fortunosamente o le pietruzze che criticatissimi avi tenevano nel boccaccio a rammentare la loro trincea contro i calcoli.

E’ probabile che anche questo aspetto faccia parte di un nuovo costume, nato quando la salute fisica è diventata una priorità assoluta, la sua tutela un diritto talmente fondamentale da persuadere alla rinuncia di tutti gli altri, e la sua salvaguardia una preminenza indiscutibile tanto da smuovere costituzionalisti, pensatori, filosofi impegnati nel dimostrare che trattasi di bene personale ineguagliabile che richiede perfino la privazione di altri, comuni e collettivi.

E infatti assistiamo a una trasformazione del “ruolo del malato” che ne cambia la tradizionale concezione di fase temporanea, da superare,  per diventare tratto identitario e carattere duraturo, tanto che espressioni come “sopravvissuto al cancro” o ex alcolista”, traggo lo spunto da un recente libro davvero straordinario: I confini contano di Frank Furedi,  testimoniano  di una inclinazione a rappresentare la patologia come un’esperienza che incide sulla personalità e, appunto, l’identità di una persona, addirittura legittimando delle inusuali permissività all’interno non solo della relazione terapeutica, estendendolo al di fuori dello studio medico, condizionando addirittura l’interpretazione delle “leggi” e  incoraggiando una sospensione del comune senso morale, D’altra parte ci basterebbe guardare alla cifra eroica che hanno assunto le gesta dei pazienti per Covid, in qualità di testimoni, magistralmente raccontati dall’inviato in corsia grazie a pennellate plastiche e sonore quando raccontava le urla degli intubati, o di superstiti incaricati di ammaestrare i renitenti e i disertori.

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Se vi pareva una innocua moda passeggera quella di informare il pubblico sulle foruncolosi celebri, le pustole  esimie e le ernie insigni, da quella di Craxi che una giornalista televisiva aspirava a baciare come la reliquia del santo a quella, Google mi ha appunto avvisata in tempo reale, di Gassman, conquistata audacemente in scena, sappiate che invece è una gran brutta avvisaglia.

Ci mostra una società di domani  nella quale le etnie e i popoli  non saranno più composti da cittadini, ma da  potenziali o aspiranti malati a cui far consumare farmaci, perennemente impegnati a monitorare sintomi con indagini e diagnostica sempre più costose, contrastarli con medicine e vaccini, scrutarli sui volti e i corpi degli altri dei quali è doveroso più che salutare diffidare in quanto possibili portatori e untori. L’isolamento verrà presentato come condizione ideale oltre che salvifica, perché qualsiasi contatto potrà essere conduttore e latore di rischi, per accreditare la minaccia invisibile e legittimare la guerra a malattie create in laboratorio  per creare negli stessi laboratori sedicenti antidoti che producono nuove patologie.

L’intento è   il controllo e il dominio mediante la medicalizzazione dei cittadini per tenerli sotto osservazione e custodia dei potentati della “ricerca applicata”  e dei suoi sacerdoti pronti a fare i piazzisti in tv, divenuta un dispensario di imperativi e ordini contraddittori che devono condurre a un unico comportamento obbediente, civico e responsabile,  l’assunzione di veleni.

Ormai la distinzione tra malati e sani diverrà sempre più labile e indistinguibile in modo da convertire ognuno in paziente da assoggettare per il suo bene a procedure, protocolli, controlli, somministrazione, sancendo il trionfo del dominio commerciale, politico e morale  dell’industria del farmaco, combinata con la paura e  collusa con la scienza, svenduta e comprata, e con i decisori anche quelli svenduti e comprati.

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