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Il riscatto dell’ape regina

Fino al settecento si pensava che al comando delle api ci fosse un Re, un’ape maschio che rispettava il diritto maschile di potere sovrano. Impensabile ci fosse invece un’ape Regina.

Ape regina – Non era un lui ma una lei

Solo nel XVII secolo si scopre il matriarcato delle api che nel novecento diventa perfino spunto letterario con Sylvia Olath, tormentata poetessa di Boston il cui padre era un entomologo.

Così, il filosofo greco Aristotele riteneva che ogni famiglia di api fosse comandata da un Re.

In numerosi libri di apicoltura pubblicati tra il ‘500 e il ‘600 si trovano riferimenti all’Ape Re o Ape Mastro.

L’organizzazione della loro società ha da sempre affascinato l’uomo dando origine a numerosi simbolismi e leggende.

Nell’antichità si tendeva a semplificare il “sistema di governo” dell’apiario comparandolo con quello umano.

Ma, poiché le nazioni era governate da uomini, si riteneva che anche le api fossero guidate da un individuo di sesso maschile.

Le funzioni dei vari organi dell’ape

Le idee iniziarono a cambiare durante il Rinascimento con gli studi sulla biologia dell’ape e, soprattutto, con l’invenzione del microscopio, che diede un contributo fondamentale agli studi morfologici, fornendo gli elementi di base per la comprensione delle funzioni dei vari organi dell’ape.

L’ape regina fu descritta per la prima volta come femmina ovificatrice da Luis Mendez de Torres, nel 1586, in seguito altri studiosi si dedicarono allo studio di questi insetti.

Successivamente, fu probabilmente il naturalista olandese Jan Swammerdam a riconoscere per primo il sesso dei componenti di una famiglia di api.

Tuttavia, il suo libro “Storia delle api” fu pubblicato postumo dopo che altri studiosi avevano nel frattempo compiuto e pubblicato le loro ricerche.

Fu allora chiaro che la società delle api comprendeva una madre di tutti gli individui (una sola madre per ogni famiglia), comunemente indicata come Regina, mentre non si rilevava nessuna ombra di un Re governante.

Il ruolo primario dell’ape regina

Il compito principale della regina è deporre uova per provvedere al ricambio di individui della famiglia e perpetuare la specie.

La regina non svolge altre attività pratiche nella complessa organizzazione dell’alveare, infatti non raccoglie miele né polline né costruisce favi di cera, ecc.

Ma assolve un compito importantissimo: produrre sostanze chimiche (feromoni) fondamentali per il mantenimento della vita altamente organizzata della colonia.

La regina inoltre depone fino a 2500 uova al giorno, che, a seconda delle necessità della famiglia, possono dare origine a operaie, maschi (fuchi) o regine.

Tutte le api operaie dell’alveare sono di sesso femminile ma, a differenza della regina, normalmente non depongono uova.

O ne depongono pochissime e tutte destinate a generare maschi. Le operaie, pertanto, non sono in grado di garantire la sopravvivenza della specie.

Il volo nuziale

Ai fuchi, più grossi delle operaie e non autosufficienti è affidato l’importante ruolo di accoppiarsi con le regine vergini durante il “volo nuziale”, in cambio però della loro stessa vita.

Anche il destino dei fuchi che rimangono nell’alveare è altrettanto brutale: alla fine della stagione degli accoppiamenti, quando le nuove regine sono state inseminate, sono lasciati morire di fame o scacciati dall’alveare.

E cosa succede alle regine ormai “vecchie”, che hanno esaurito le scorte di spermatozoi o che non sono più in grado di produrre feromoni?

Le operaie provvedono a sostituirle allevando nuove regine, sarà solitamente la prima nata ad affrontare la madre e prenderne il posto in modo da assicurare un futuro alla famiglia.

Anche le api da miele, quindi, non sfuggono alla regola fondamentale degli organismi viventi: garantire la conservazione della specie.

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Redazione Corriere di Puglia e Lucania

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