Principale Ambiente, Natura & Salute Biocarburanti, una bomba ecologica

Biocarburanti, una bomba ecologica

Secondo uno studio T&E i combustibili derivati dagli olii vegetali inquinerebbero 3 volte in più dei fossili e starebbero deforestando parte dell'Asia e del Sudamerica

Potranno anche avere qualche tonalità o riflesso verdi, magari a tratti, ma in quanto ad essere le soluzioni sostenibili alla “crisi” climatica per cui ci si allarma… pare proprio che non ci siamo.

Sta diventando oramai una certezza il fatto che numerose presunte tecnologie “green con il tempo si siano rivelate vere e proprie “bufale”. L’elenco dei flop cresce in continuazione e l’ultima new entry è quella del cosiddetto Biodiesel, il carburante fortemente sponsorizzato dall’Unione Europea per sostituire i tradizionali combustibili di origine fossile. Una mossa assolutamente controproducente, stando ai dati riportati in uno studio condotto dalla Transport & Environment (T&E), un’organizzazione non-profit nata per promuovere un sistema di mobilità a 0 emissioni inquinanti.

T&E: cosa dice, a chi e perché?

In realtà, più che della “scoperta dell’acqua calda”, potremmo meglio parlare di un vero e proprio monito di T&E all’Europa: l’organizzazione infatti – tra i cui finanziatori spunta anche la Fondazione “caritatevole” del leader del WEF, l’economista tedesco Prof. K. Schwab – ha assestato un colpo alla comunità europea tutta quando ha recentemente affermato che i biocarburanti voluti da Bruxelles negli ultimi 10 anni hanno emesso un livello di Co2 triplicato rispetto ai combustibili classici di cui hanno preso il posto. Lo studio sottolinea addirittura come nell’ultimo decennio sia stata proprio l’Ue a pubblicare ricerche in cui si ammette che “tutti i combustibili a base di olio vegetale comportano più emissioni del diesel fossile” (specialmente nel caso dell’olio di palma e di quello di soia, che moltiplicano rispettivamente di 3 e 2 volte le emissioni di gas serra rispetto ai combustibili tradizionali).

La stessa T&E che periodicamente – mediante report cadenzati e pubblicazioni focalizzate intorno alla propria vision – valuterebbe l’operato dell’Unione europea, ne misurerebbe persino l’affidabilità e si presterebbe a suggerirLe verso quali soluzioni innovative muoversi e quali abbandonare (ad esempio si intuisce che a breve l’elettrico sarà il must a cui affidarsi nel quotidiano, mentre sembra che i biocarburanti siano un’ottima risorsa per il settore navale ed aereo) ha affermato che “una politica che avrebbe dovuto salvare il pianeta in realtà lo sta distruggendo”1.

Bell’Italia, un orango pensa a te

Resta il fatto che – e/o pare che – Bruxelles abbia per molto tempo puntato male e giocato peggio: nello stesso arco di tempo in cui infatti ha scommesso sul riutilizzo degli olii esausti delle patatine fritte per la mobilità, un’area boschiva sudamericana pari alla superficie dell’Olanda sia scomparsa, proprio per poter mono-coltivare il cosiddetto “Diesel verde” (basti pensare che la domanda di Biodiesel dell’Ue ha richiesto la coltivazione di 1,1 milioni di ettari di palme nel sud-est asiatico – in Indonesia e Malaysia, con buona pace dei pochi oranghi rimasti in vita – e di 2,9 milioni di ettari di semi di soia in Sud America).

E, giusto per andarne fieri, i dati della ricerca indicano anche che nel 2020 l’Italia è stata fra i paesi europei che più di tutti ha puntato sui biocombustibili, superata solo dai Paesi Bassi e dalla Spagna. Tutto ciò nonostante nel fu Bel Paese Legambiente era stata tra le prime a farsi delle domande che si potrebbero pensare… un pò scomode?

Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

Note di riferimento:

  1. Laura Buffet, direttrice energetica di T&E.

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