Principale Arte, Cultura & Società Poesia. ‘Pane e…Quotidiano’

Poesia. ‘Pane e…Quotidiano’

Quotidiano

La Poesia è per tutti

foto di copertina  Federico Garcia Lorca

… la poesia non si mangia ma può diventare indispensabile

Rubrica culturale del Corriere di Puglia e Lucania, a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte

L’intento della rubrica è quello di sfatare l’idea che la poesia sia qualcosa di astruso e che possa piacere o non piacere. In realtà la poesia è nelle nostre vite più di quanto noi possiamo immaginare. Basti pensare alla commistione della poesia con le altre forme artistiche, per esempio alla musica pop, di cui essa è un riflesso.

Proporremo, ogni giorno, pochi grammi di poesia, legati ad un fatto del giorno o ad una data da ricordare sperando che, tra le mille incombenze quotidiane, ogni Lettore, possa ritagliarsi qualche minuto per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi.

Buona Poesia!

Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte

redazione@corrierepl.it

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Il 12 giugno 1906 nasceva a Perugia, Sandro Penna. Lì trascorse la giovinezza compiendo studi irregolari. Nel 1929 si trasferì a Roma, città nella quale visse sino alla morte (salvo una breve parentesi milanese), esercitando i più disparati mestieri.

Le sue prime liriche uscirono su «L’Italia letteraria», nel ’32. Se ne deve la pubblicazione alle premure di Umberto Saba che fraternamente lo incoraggiò a coltivare il dono della poesia.

Ci sono rimaste, di quegli anni, alcune lettere che oltre a essere un documento letterario, costituiscono anche la testimonianza di un’amicizia.

Così il 23 novembre 1932 il poeta triestino scriveva a Penna: «Ho copiato le tue nuove poesie in un fascicoletto che ora gira per le mani dei miei amici.

Tutti quelli che l’hanno letto, Stuparic, Giotti e altri che non conosci, sono rimasti entusiasti. […] Ti vedo sempre con la tua valigetta, le tue nove meravigliose poesie, e poca (non molta) nevrosi. O leggero Penna, tu non sai una cosa: non sai quanto t’ho invidiato!».

Solamente nel dopoguerra, però, uscirono le raccolte più significative di Penna: nel ’56 Una strana gioia di vivere, nel ’58 Croce e delizia. Per dodici anni il poeta non pubblicò altri volumi di versi: fino al ’70, quando da Garzanti apparve il libro Tutte le poesie, che comprendeva le raccolte precedenti e importanti inediti.

Dopo il ’70, nel frattempo, intorno al personaggio Penna, al vecchio poeta malato e vagabondo, alle sue difficili condizioni di vita, si rivolgeva l’interesse di molti intellettuali italiani, i quali in un appello sul quotidiano romano «Paese Sera» esprimevano l’urgente necessità di occuparsi di lui, ormai in condizioni di estrema indigenza.

Le ultime due raccolte del poeta furono pubblicate postume: nel ’76, a pochi mesi dalla morte, uscì Stranezze; infine, nell’80, Confuso sogno.

Ciò che colpisce immediatamente di Penna è la sua posizione appartata nel panorama della poesia italiana contemporanea, la sua indifferenza nei confronti delle mode culturali. La poesia di Penna, estranea all’Ermetismo e alle poetiche del Novecento, è pur nella sua limpidezza, enigmatica e quasi miracolosa, nel senso che è assai difficile coglierne il retroterra letterario. Non è ancor chiaro, infatti, dove essa affondi le proprie radici. Il poeta Bigonciari, non a caso, la paragonò a un «fiore dal gambo invisibile».

La poesia di Penna, ha osservato Pasolini, è costituita da «un delicatissimo materiale fatto di luoghi cittadini, con asfalto ed erba, intonaci di case povere, interni con modesti mobili, corpi di ragazzi coi loro casti vestiti, occhi ardenti di purezza innocente […]».

Da un punto di vista linguistico le sue liriche sono, in piena coerenza con le tematiche, decisamente orientate verso un esasperato monolinguismo. Si tratta di un linguaggio che fonde il colto e il popolare, l’aulico e il quotidiano: una scelta già operata da Saba e, più tardi, da Caproni.

Tuttavia, per quanto si cerchi di esplorare i territori dell’opera di Penna, essa rimarrà per noi sempre un enigma capriccioso e impenetrabile, anche nelle sue poesie in apparenza più trasparenti, anche là dove, come recita un suo verso, «il sole brilla sereno sugli oggetti»: in realtà Penna è un poeta del mistero.

“Felice chi è diverso
essendo egli diverso.
Ma guai a chi è diverso
essendo egli comune”.

La vita… è ricordarsi di un risveglio

triste in un treno all’alba: aver veduto

fuori la luce incerta: aver sentito

nel corpo rotto la malinconia

vergine e aspra dell’aria pungente.

Ma ricordarsi la liberazione

improvvisa è più dolce: a me vicino

un marinaio giovane: l’azzurro

e il bianco della sua divisa, e fuori

un mare tutto fresco di colore.

I rumori dell’alba

Come è forte il rumore dell’alba!
Fatto di cose più che di persone.
Lo precede talvolta un fischio breve,
una voce che lieta sfida il giorno.
Ma poi nella città tutto è sommerso.
E la mia stella è quella stella scialba
mia lenta morte senza disperazione.

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