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Festeggiare la Repubblica con i nostri comportamenti sempre: testimonial virtuosa Frida Bollani !

Ho voluto scrivere deliberatamente questo articolo dopo le celebrazioni doverose del 2 giugno nel ricordo del referendum che sancì la scelta repubblicana ma che segnò la vita del paese fino ai giorni nostri per aver eletto l’Assemblea costituente che redasse la Costituzione italiana.

Non possiamo vivere l’essere convintamente repubblicani un solo giorno, ma tutto l’anno, sempre prendendo esempio da chi non lo fu per convinzione ma operò per la ricostruzione di un paese nel rispetto delle posizioni ideologiche diverse dalle sue, avendo che a cuore il bene comune: Benedetto Croce.

Infatti, pur convintamente monarchico, si adoperò perché la cultura liberale fosse una tra le culture alla base di un solido pensiero che non lasciasse indietro nessuno.

I lavori assembleari durarono dal 25 giugno 1946 al 31 gennaio 1948 e sfociarono in un testo che è riduttivo definire meraviglioso e affascinante.

I 556 componenti eletti a suffragio popolare con ventuno donne, fatto storico per il paese che consentì alle donne di votare per la prima volta il 2 giugno 1946 lavorarono molto e bene senza risparmiarsi ma rispettandosi e cercando il buono e il bello nelle idee altrui valorizzando ciò che univa le loro umanità.

Due pugliesi furono protagonisti Aldo Moro e Palmiro Togliatti. Le loro vicende personali e politiche furono l’emblema di come il popolo italiano e pugliese aveva puntato sui migliori.

Il 13 marzo 1947 Moro nel suo discorso citò Palmiro Togliatti condividendone l’impostazione non ideologica ma ritenendo che  la condivisione di valori umani diventasse in quel momento storico la priorità. Condividere e non confliggere fu l’autolimitazione imposta dalle circostanze e dalla necessità di ricostruire un paese che doveva e voleva ricostruire.

E citando quello che nella stesura definitiva divenne l’articolo 3 secondo comma «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che limitano la libertà e l’eguaglianza degli individui ed impediscono il completo sviluppo della persona umana». “Evidentemente siamo, in questa applicazione del principio dell’eguaglianza, nello stesso ordine di considerazione cui adesso facevo cenno. Si tratta di realizzare in fatto, il più possibile, l’eguale dignità di tutti gli uomini.

Il senso di questo articolo è precisamente questo. Non accontentiamoci di parole, di dichiarazioni astratte, facciamo in modo, attraverso la nostra legislazione sociale, che, il più possibile, siano in fatto eguali le condizioni e le possibilità di vita di tutti i cittadini.” Avvertiva questa esigenza con il pathos di uno statista.

Passando ai giorni nostri, ai cittadini e cittadine della Repubblica nati recentemente, è dedicato il pensiero doveroso a una figlia degna di un nobile percorso quale Frida Bolani ragazza ipovedente dalla voce dolce e potente e dal tocco magico che ha incantato la platea degli spettatori quando dal Quirinale ha effettuato una sublime interpretazione al pianoforte de “La cura” di Franco Battiato.

Prendersi cura gli uni degli altri, è questo che ci manca in questo periodo storico in cui i non garantiti rischiano di aumentare e diventare maggioranza rispetto ai garantiti, in cui il blocco dei licenziamenti può essere una bomba ad orologeria in grado di esplodere da un momento all’altro e in cui il bene dei cittadini non si sa dove possa andare a finire. Le candidature vengono guardate più come un affidarsi e fidarsi di qualcuno anche se si è consapevoli che città grandi come Roma, Milano, Napoli e Bologna hanno situazioni che richiedono molte menti e decisioni rapide in grado di cambiare il corso degli eventi. Don Milani ci insegnava a coniugare il presente indicativo “I care”, mi sta a cuore.

Ma curare è un impegno più complesso di decidere e risolvere, significa avere a cuore, proteggere, guarire, salvare ci ricorda il maestro Battiato e il sindaco non può essere equivalente ad un santo taumaturgo ma quanto meno deve avere le idee chiare, avvalersi di una squadra di onesti e capaci e quindi competenti non catapultati dalle segreterie nazionali a incarnare l’onniscienza ma l’umiltà di chi fa perché sa, è consapevole delle problematiche che un cittadino da quando esce di casa al mattino e rincasa la sera, può effettuare molti chilometri e deve sapere che se esce di casa alle sei o anche prima quando torna sia sereno di poterlo fare. Come ricorda Alfonso Celotto su La ragione del 2 giugno dobbiamo essere grati ad “ Una Costituzione che ci ha resi cittadini e non più sudditi”.

E parafrasando il calcio, l’Italia vincerà a patto di non sbagliare il rigore assegnato dall’arbitro Draghi ai suoi ministri.

Dario Felice Antonio Patruno

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