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Un appello alle televisioni di Stato a  difendere la lingua nazionale contaminata quotidianamente  dagli anglicismi

Giovanni Mercadante

Prof. Pietro Pepe

Difficile capire il progetto delle televisioni di Stato (RA1-RAI2-RAI3) di infarcire i notiziari con anglicismi e acronimi, questi ultimi  sono delle sigle  comprese dagli addetti ai lavori.

Una selva insomma di forestierismi che stanno minando la lingua italiana.

Oltre al covid-19 proveniente dalla Cina che ci ha confinati in casa, ora  ci dobbiamo difendere dalla contaminazione linguistica, anche questa  studiata nei laboratori, pardon nelle Redazioni delle testate giornalistiche televisive.

Questo argomento fu già oggetto  di allarme da parte dello scrivente attraverso queste colonne l’anno scorso. Però, sembra che ci sia una regia di comando nei piani alti della Comunicazione di Stato che è sordo ai richiami dei cittadini italiani. 

La storica frase pronunciata da Massimo D’Azeglio che contiene speranze e sogni di un’Italia post-risorgimentale, ancora oggi è un percorso in itinere.

Un appello alla creazione di una identità nazionale italiana di unire il popolo consapevole di essere spiritualmente unito da caratteristiche quali una lingua comune, una storia comune e una religione comune, sembra pura utopia in questo oceano di contrapposizioni.

Vince chi la spara più grossa, o chi sta alla plancia di comando. Come si fa a sparare una cazzata in inglese e a non capirne il significato? Di questo passo, avremo a breve un italiano maccheronico. 

Non tutti gli italiani parlano bene la lingua Dante. Condendo un notiziario con un “ingrediente inglese” , lo chef della Redazione televisiva insieme ad altri coautori vogliono far intendere che loro “padroneggiano” la lingua internazionale, da snob,  ma fanno un danno a se stessi e al popolo italiano; gli inglesi, i francesi, gli spagnoli sono nazionalisti sfegatati e giammai condiscono il loro eloquio con termini stranieri; parola dello scrivente, linguista.

Comunque, su questo tema ci viene in aiuto una figura autorevole, il prof. Pietro Pepe, già Presidente del Consiglio Regione Puglia, che fa un suo appello a tutti rappresentanti istituzionali. 

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Domanda: Prof. Pepe, qual è il tuo pensiero sulla contaminazione della lingua italiana da tanti anglicismi e forestierismi?

Risposta: E’ innegabile che uno dei principali effetti della pandemia stia ricadendo sulla Scuola, sull’Istruzione e sulla formazione di base dei nostri ragazzi per la riduzione dell’attività didattica.

Sta cambiando la modalità di comunicare e di apprendere nell’ambito scolastico per le lezioni in presenza, a distanza o per via digitale, ma soprattutto sono entrati nella lingua italiana nuovi acronimi come “DAD- DID- link- follower- influencer- spread” che si aggiungono ai vecchi.

Ed è stato  proprio questo inarrestabile processo di contaminazione che mi ha spinto a spendere qualche parola in difesa della nostra lingua-madre.

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L’argomento “contaminazione” della nostra lingua è sempre stato vivo e si è aggravato in quest’epoca digitale per l’utilizzo di “parole forestiere” e in particolare di acronimi in inglese, che hanno invaso ogni settore della vita culturale, sociale ed economica del nostro Paese.

Stimolato dalla ricchezza celebrativa in onore di Dante Alighieri, faccio mio l’appello dell’Accademia della Crusca, che continua a denunziare lo stravolgimento che sta attraversando la lingua italiana.  Perciò in questi giorni difficili il valore della istruzione, assume ancor di più rilievo, perché  rimane uno dei pochi modi, se non l’unico per garantire agli studenti di acquisire conoscenze e di affermarsi nella vita, nelle professioni e nella società.

La sfida è affidata al ruolo che ogni società ed ogni istituzione ha inteso attribuire alla istruzione che è bene ricordare è fatta di linguistica, di pedagogia, di filosofia, di scienze e di attività artistica e tecnica professionale.

La storia culturale della nostra identità poggia su due fondamentali “Pilastri”: la Costituzione e la lingua.

Sono gli unici due beni che possiede il Popolo Italiano; Infatti l’Art. 34 della Costituzione impone allo Stato l’obbligo di assicurare a tutti il libero accesso alla istruzione obbligatoria e gratuita, al fine di garantire l’acquisizione di un livello culturale di base a tutti i cittadini nella lingua italiana.

Con il lungo processo di alfabetizzazione gran parte degli Italiani posseggono la lingua Italiana dal 1962, grazie alla scolarizzazione obbligatoria dei cittadini.

Nessuno dimentichi che nel 1861 al tempo dell’Unità d’Italia erano esclusi su 100 il 94% di cittadini dall’istruzione.

Va detto che l’italiano non è nato ITALIANO ma è figlio dell’evoluzione della lontana “Lingua Latina” divenuta fondamento storico della nostra civiltà che poi si è trasformata in Lingua Volgare perché  acquisita dal popolo italiano . Ancora, negli anni ha subito  l’influenza delle lingue di altri popoli: Bizantini, Normanni, Spagnoli e di quanti altri, che di volta in volta sono arrivati ad occupare le nostre contrade.

Inevitabili perciò, “le contaminazioni”, sino a quando non si è giunti ai dialetti, tantissimi, tutti disseminati lungo la nostra penisola, spesso differenti non solo tra Regione e Regione, ma addirittura tra Comune e Comune, a secondo dell’influsso linguistico subito.

Ricordo che già nel 2013 è stato istituito dall’Unione per la lingua Italiana “la Giornata Nazionale dei Dialetti” e viene celebrata ogni anno ed è accompagnata dal “Premio letterario in Vernacolo” dal titolo “Salva la tua lingua locale”;  anche in molte città della Puglia vengono organizzate manifestazioni culturali in difesa della lingua dialettale; ad Altamura da anni le Associazioni Culturali “Pro Loco e Demos” organizzano “concorsi e premi” per diffondere e far conoscere ai giovani la lingua locale, che non può rimanere solo patrimonio degli anziani.

Non a caso, si dice che i dialetti e la lingua sono la nostra storia, le nostre origini, la nostra essenza.

Infatti è ricco e qualificato il  Parterre di autori Altamurani in vernacolo che si sono appassionati, che ho avuto l’onore di conoscere e che meritano di essere citati e ringraziati: da M. Loporcaro a V. Ciccimarra,  da N. Scalera a Lillino Calia, da A. Lorusso a M. Calia, da A. Sallicano a P. Tubito;

Senza dimenticare gli amici che non ci sono più da don Ciccio Stasolla a don Diego Carlucci, da Gaspare Cirrottola a Vincenzo Vicentia, a Franco Popolizio, a D. Angelastri a Vito Dimola. Eppure in questo tempo registro un grosso “paradosso”. Proprio ora che tutti sanno l’italiano, la nostra lingua sta subendo autentiche invasioni barbariche di forestierismi e anglicismi.

Come evitare, dunque, che l’inglese delle Reti diventi il nuovo “Latinorum di Don Abbondio” che serviva a non farsi capire, intanto, accompagnando il termine, sempre, con la relativa traduzione in italiano anche in previsione del processo di alfabetizzazione digitale in atto nel nostro Paese, che prevalentemente usa il linguaggio degli acronimi in inglese nei computer e nei tablet e che non sono alla portata di tutti, specie tra gli anziani.

Dove sta andando l’italiano? La lingua Italiana di una volta non la si coglie più facilmente un po’ dappertutto, anche la scuola Italiana non è indenne da colpe, se è vero come è vero, che non insegna più come una volta a parlare e a scrivere correttamente.

A tal proposito non può mancare il riferimento al Padre della Lingua Italiana Dante Alighieri, che scrisse da Sommo Poeta la “Divina Commedia”.

Rileggendola, può aiutarci non solo con la sua sinfonia umana a definire il percorso infinito di vita e di filosofia, ma anche farci comprendere l’avventura del viaggio della conoscenza di Dante nei Regni del Purgatorio, del Paradiso e dell’Inferno, attraverso il suo nuovo lessico che diventerà poi lingua italiana.

È stato uno dei primi a desiderare con i suoi scritti l’Unità d’Italia, e la Costituzione dell’Unione Europea. Il suo motto principale era invogliare i giovani a studiare, a leggere, a saper scrivere e a saper parlare.

Per onorare i 700 anni dalla morte di Dante, dobbiamo tutti tornare a studiare il suo “capolavoro” perché  rimane in assoluto il Poeta che ha scritto il più bel libro di tutti i tempi e di tutti i paesi, che ci può aiutare a rafforzare la lingua Italiana.

Tra i primi, a ricordarlo Papa Francesco  che ha voluto onorare il ricordo di Dante con una sua nuova lettera Apostolica dal titolo “Candor Lucis Aeternae” per la bellezza espressa dalla sua Poesia; “Una figura fondamentale della nostra cultura cristiana ed europea”.

In questo particolare momento storico, la figura di Dante Alighieri, profeta di speranza e testimone del desiderio umano di felicità, può ancora donarci parole ed esempi che possono ridare slancio al nostro cammino e alla nostra identità.

Per concludere, va accolta la speciale “raccomandazione” del Mondo Culturale di difendere “la nobile eredità ricevuta” nella fierezza di essere Italiani accomunati dalla stessa lingua.

Perciò meritano sincera gratitudine Dante e con lui tutti i grandi “difensori della Lingua Italiana”.

Redazione Corriere Nazionale

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