di Pierfranco Moliterni
Sarà stata una felice concomitanza tutta musicale, ma il fatto vero e oggettivo è che sul palcoscenico del teatro ‘Petruzzelli’, e su quello del teatro ‘Showville’ si è già esibita e tra poche settimane si esibirà un’altra, a seguire, delle eccellenze violinistiche italiane.
La prima ha suonato nel teatro di corso Cavour il 29 maggio, l’altra la seguirà il 14 giugno. Entrambe sono molto note: l’una di nome fa Laura Marzadori, la seconda Francesca Dego.
Insomma, si dirà, finalmente ascoltiamo due brave e belle signore che del violino fanno la loro ragion d’essere, la loro ragione di vita e di arte in faccia alla esclusione che per troppo tempo hanno patito le musiciste rispetto alla ingombrante presenza del sesso maschile, in quanto sono da sempre stati molti, anzi moltissimi, i pianisti ad esempio ma poche, pochissime le violiniste concertiste.
Ora sembra che la tendenza si sia un po’ rovesciata a cominciare appunto da quanto sta avvenendo nostro Bel Paese, dove la Marzadori e la Dego tengono testa, benissimo, ad altre colleghe europee come la Isabelle Faust che abbiamo ascoltato tempo fa proprio al ‘Petruzzelli’.
La bolognese Marzadori, nata nel 1989, vinse giovanissima, a soli 25 anni, il concorso internazionale per primo violino di spalla alla ‘Scala’ dove si è seduta al primo leggìo seguendo la bacchetta direttoriale di grandi direttori come Baremboim, Chailly, Gatti, Zubin Mehta, Pappano.
E’ stata anche un po’ ‘la cocca’ di Accardo alla Accademia Stauffer di Cremona ma di lì ha spiccato il volo suonando dappertutto, sino ad arrivare qui da noi, a Bari, per la stagione concertistica della nostra Orchestra Metropolitana ed eseguire benissimo, entusiasmando il folto pubblico presente, il famoso e stupendo Concerto per violino di Mendelssohn.
Un capolavoro composto da tre movimenti, in cui in primo si regge tra il contrasto fra il primo tema (appassionato) e il secondo tema dando una sensazione di grande romanticismo.
Il secondo movimento, che la Marzadori ha inanellato di personali ‘respiri’ interpretativi, è un andante molto lirico, una sorta di «romanza senza parole»; mentre il terzo movimento – veramente difficile da eseguire perché il ‘colpo d’arco’ è tutto ‘in su’ con tratti capricciosi, quasi pittoreschi- è stata la dimostrazione della bravura di livello internazionale di questa violinista.
Di lei abbiamo anche notato la padronanza della tecnica in passaggi difficili (ottave, terze), la bellezza del suono e la perfezione nella intonazione.
Questo concerto per violino era stato preceduto dalla ben nota Sinfonia n. 4- Italiana sempre di Mendelssohn, diretta da Bruno Aprea che, col suo gesto, molto si è dato da fare per far risplendere un po’ la compagine orchestrale barese.
A tale proposito continuiamo a chiederci perché questa orchestra non abbia ancora una propria sede (potrebbe ben essere il teatro Comunale Piccinni), facendosi così conoscere meglio dal pubblico cittadino e della provincia barese, magari ritagliandosi un proprio repertorio ampiamente cameristico visto l’organico da cui è formato, che la distinguerebbe dall’altra grande (numericamente) orchestra, quella della Fondazione Petruzzelli, in favore di una sua propria, artistica e riconoscibile identità.
Pierfranco Moliterni