Lo sentiva: la vita era un lento naufragare dentro di sé. L’abitudine a cercare ogni suo male nelle viscere, a interrogarsi e a trovare risposte, la faceva scivolare giù giù nel fondo dove l’ombra era più cupa, fin nel punto in cui non si intravedeva alcuna luce.
Vi rimaneva immersa, andava nell’intrico dei pensieri, in un andarivieni per labirinti ramificati nei quali temeva di perdersi. Percorreva spazi che generavano altri spazi, vie che aprivano altre vie, e tutto all’infinito. Dai pensieri nascevano pensieri, e dubbi certezze o angosce, che lei si trovava sempre a percorrere.
Poi c’erano sensazioni, impressioni, anch’esse sprofondate nella coscienza, tutta una materia illusoria e fittizia che scivolava in quei canali seguendo suoi flussi e riflussi; e c’erano i profumi interiori e le note proprie, di una propria armonia, c’era un ritmico fluire che variava secondo le situazioni e gli umori.
Alcune nicchie erano abitate da immagini venerabili, simili a sacre icone risplendenti, altre, seppure nascoste , inviavano il loro sottile richiamo, esercitando un soave fascino incantatore. E le Gorgoni e le Sfingi gettavano la loro ombra inquietante e terrifica dove i luoghi si perdevano nel fondo della tenebra.
E tutto questo, tutte le circonvoluzioni e l’infinita serie di corridoi e di stanze erano quelli della sua anima che guardava a se stessa.
Aveva imparato che quanto più scendeva nel profondo, dentro al buio illuminato dalla piccola fiaccola, quanto più penetrava la realtà sprofondata in se stessa, tanto più allontanava il mondo esterno e reale e si ritraeva dall’essere concreto delle cose e degli altri.
Naufragare – Ormai, quando risaliva alla superficie, nel mondo delle cose quotidiane, non sapeva adattarsi ad esso.
Vedeva le cose fluttuare distanti, reagiva con stupidità come se la sua capacità logica fosse rimasta laggiù in quelle profondità di buio e di luce. Aveva la percezione di non riuscire più ad emergere completamente o, se lo faceva, era con fatica.
Questo travalicare da un mondo all’altro la faceva sentire spaesata, perché, quanto più si scende in profondità, tra le cose che sono l’oggetto del pensiero, tanto più tarda è la risalita e difficile la relazione tra le cose del mondo reale.