Principale Arte, Cultura & Società Alcune considerazioni sulla poesia del molese Vittorio Orlando

Alcune considerazioni sulla poesia del molese Vittorio Orlando

La poesia di Vittorio Orlando è un’eccezione perché è neoclassica (anche se questa definizione potrebbe essere considerata azzardata) ed allo stesso tempo è irrorata da una vena beffarda.

È distante dalla Neoavanguardia del gruppo 63, dal Neorfismo, dal Neosperimentalismo, dall’Ermetismo fiorentino, dalla Linea lombarda, dal Postmoderno, da quel che avvenne a Castelporziano. Il poeta in questione non è un epigono di nessuno in un’epoca in cui esistono miriadi di manieristi di Sanguineti, Zanzotto, A. Rosselli, Dario Bellezza, Pagliarani, etc. Potrei affermare che è una poetica antinovecentesca.

Non si perde infatti nel soggettivismo, nel diarismo, nei freudismi, negli automatismi psichici, nell’informe, nello straniamento,  nel plurilinguismo: insomma nel labirinto. Il poeta sa che i suoi veri nemici non sono l’indicibile e l’indistinto, ma le ingiustizie sociali.

La sua cifra espressiva è totalmente autonoma. Il timbro è inconfondibile.  Inoltre non si limita a fare come molti della discreta paesaggistica, che spesso diventa bozzetto. Allo stesso tempo non si perde neanche nella disgregazione del linguaggio. Assorbe però le conquiste anteriori dei vari ismi. Orlando è innanzitutto un moderno aedo.

È moderno in quanto è consapevole che la mitologia è verità umana anche in una società desacralizzata come quella attuale. Oggi il nichilismo domina su tutto. Filosofi come Emanuele Severino per anni ci hanno messo in guardia dalla razionalità tecnologica, che regna incontrastata. Eppure anche oggi i miti sono importanti. Infatti l’antropologia moderna ha dedicato molti studi ai miti.

Quindi l’estetica del poeta non è affatto anacronistica né arcaica. Ci sembra anche di poter dire che Orlando sia un’erede delle filosofie antisistematiche in un tempo in cui è popolare il razionalismo in filosofia.  Però la sua arte,  che procede per intuizioni e che comprende anche una dimensione ludica, non è mai gioco letterario fine a se stesso; non è mai puro esercizio di stile, puro intrattenimento.

La poesia di Orlando è un impasto sapientemente dosato: è lirica, polemica, ironica, satirica, psichica, esistenziale, etica. Molteplici sono i significati che può assumere ogni componimento. Di primo acchito ci sembra di cogliere una costante nella sua poetica : un certo pessimismo di fondo per quanto riguarda la Repubblica italiana e la classe dirigente della penisola. Le sue sentenze non risparmiano mai il potere.

Eppure le poesie non si traducono mai in mero documento né in invettiva.  Non va neanche dimenticato che essere pessimisti è un merito. Il filosofo Sgalambro sosteneva infatti che i pessimisti non sono altro che ottimisti bene informati. Orlando conosce a menadito la situazione italiana. Sa bene dell’immobilismo, dei mille corporativismi, dell’assistenzialismo, della corruzione, delle prebende dei politici.

Così come conosce il mondo e le sue storture: il capitalismo selvaggio, il consumismo, l’alienazione dei lavoratori, la povertà del terzo mondo, la crisi economica, il linguaggio spurio dei mass media. Per non parlare poi dell’industria culturale: della ricerca ossessiva del best seller, della scomparsa della terza pagina, della vittoria del pensiero debole, della mancanza di lettori in Italia. Un tempo si pensava che marxismo e psicanalisi avrebbero risolto i problemi. Un tempo si sperava che l’attivismo dei movimenti giovanili del’ 68 e del’ 77 avrebbe risolto i problemi.

Ma non è stato assolutamente così. È per queste ragioni che Orlando non è assimilabile a nessuno ed è sia contro la tradizione del novecento che  contro la cosiddetta “tradizione del nuovo” delle avanguardie. Il Nostro ha capito perfettamente quanto sia noiosa ed incomprensibile certa poesia odierna, analizzata e studiata solo da italianisti ed addetti ai lavori. Moltissimi scrivono versi senza senso, privi di nessi logici. Non è un caso che i cantautori, i rapper, gli autori di canzonette abbiano spodestato i poeti dai loro troni.

I versi di Orlando invece eccedono di senso. La sua poesia è autentica: è prodotta dalla misura, dalla proporzione, dall’armonia. Ma non chiedete spiegazioni  al Nostro sui suoi componimenti.  Come scrisse Jung infatti l’artista non può interpretare il proprio lavoro perché è ad esso “subordinato”. L’interpretazione va lasciata ai posteri, al futuro. Se proprio dovessi pensare ad una citazione per la poesia di Orlando penserei a queste parole di Nietzsche in “Umano, troppo umano”: “Voto: non voglio più leggere nessun autore di cui si nota che voleva fare un libro; ma solo quelli i cui pensieri sono diventati casualmente un libro.”

Davide Morelli

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