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Da Ultimo a Mahmood, le recensioni alle ultime uscite discografiche

Tante uscite nelle ultime due settimane, da Vasco Brondi ad Arisa, e poi ancora Frah Quintale, Margherita Vicario, Rkomi e Motta. Tornano Baccini, Tricarico e i Sottotono.

di Gabriele Fazio

Ultime due settimane particolarmente intense per quel che riguarda il mercato discografico italiano. Nuovi singoli per Ultimo, Mahmood, Vasco Brondi, Arisa, Anna Tatangelo, Frah Quintale e Margherita Vicario. Tornano Francesco Baccini e Tricarico con due magnifiche poesie. Fuori gli album di Motta, Rkomi, Franco126 e Rachele Bastreghi. Chicche della settimana il nuovo brano di Nicolò Carnesi e lo stupefacente album di Ditonellapiaga.

Ultimo – “Buongiorno vita”

Sparare a zero su chi a 25 anni si permette il lusso di collezionare sold-out negli stadi dell’Italia intera sarebbe ingeneroso, anche perché c’è da dire che ci sono dei punti fermi riguardo questo ragazzo che non prendere in considerazione non è soltanto professionalmente errato ma anche discretamente sleale. Ultimo scrive dei brani estremamente solidi e la sua musica è un punto di riferimento per una larga fetta di giovanissimo pubblico.

Basta andare ad un suo concerto, l’aria brucia delle lacrime di migliaia e migliaia di ragazzine totalmente in estasi per lui, la sua storia, ciò che canta; e anche se la sensazione, vista da questa parte della barricata, è quasi fantascientifica, come ritrovarsi in mezzo ad un rito di una qualche setta con il culto per la musica brutta, è tutto assolutamente reale. Vogliamo dire che la cosa non ha un significato? No, non possiamo, ce l’ha, eccome.

Poi esiste un aspetto più tecnico, più adulto, della questione: le canzoni di Ultimo sono tutte uguali, si fa davvero fatica a distinguere una dall’altra; quando ha suonato in uno stadio Olimpico pieno come nemmeno avremmo visto poche settimane dopo per i Muse, noi c’eravamo, e se non fosse stato per gli strumenti in silenzio tra un pezzo e un altro davvero non saremmo riusciti a distinguere alcunché. Anzi, per quanto ci riguarda potrebbe anche aver suonato questa sua nuova “Buongiorno vita” e non ce ne saremmo accorti.

Ad un certo punto ha ospitato sul palco Fabrizio Moro, hanno cantato insieme e anche quella canzone sembrava uguale a quelle già cantate fino a quel momento, come se qualsiasi cosa canti venisse inglobata in un universo parallelo in cui tutto ha lo stesso identico suono, lo stesso identico sapore, lo stesso identico colore. Ultimo è evidentemente un cantautore generazionale, nel senso che lo ascolti finchè non ti sei fatto pelle, cuore e orecchio per ascoltare qualcosa di più complesso, più soddisfacente, poi passi ad altro e, se sviluppi un certo grado di nerdismo, ridi di quel te che piangeva disperatamente sotto quel palco.

Ma per qualcuno tutto ciò ha un senso profondo e va rispettato, soprattutto dato che le canzoni, per noi la canzone, al singolare, tutte, perlomeno sono canzoni, suonate, concepite con una certa logica, e questo, di questi tempi all’insegna della semplicità più spicciola, lo rende quasi un gigante.

Mahmood – “Zero”

Mahmood è un personaggio necessario alla musica italiana contemporanea, perché ogni volta che esce con un suo singolo ci ricordiamo che è possibile essere cool senza essere per forza degli idioti. Non ne sbaglia una, alle volte eccelle, altre volte non spinge sull’acceleratore e, se dovessimo scommettere, “Zero”, brano scritto per l’omonima serie Netfix, probabilmente finirebbe nella seconda categoria.

Ma nessun pezzo è buttato lì per caso, lui ha sviluppato uno stile non solo efficace ma anche unico nell’intero panorama cantautorale. Alla fine della partita, sul taccuino degli arbitri, finisce chi fa gol, ma noi non ci dimentichiamo chi fa gli assist e Dardust in questa metafora fa la parte del Rui Costa dell’industria musicale italiana; ciò che tocca diventa oro, sempre, ma in coppia con Mahmood si supera. Il brano riprende sempre quelle atmosfere pop che strizzano l’occhio all’R&B senza mai dimenticare negli altri pantaloni una specie di malinconia di fondo, perpetua, che ti tiene attaccato al pezzo.

Rkomi – “Taxi Driver”

Lo abbiamo scritto più volte che quello che ci aspetta nei prossimi anni è questa sorta di nuovo sound a metà strada tra rap e pop; finora, bene o male, abbiamo ascoltato soltanto cantantucoli che coloravano di urban le loro insopportabili menate, o rapper che si annacquavano per risultare il più pop possibile. Con “Taxi Driver” forse questa imbarazzante catena, che niente ha a che fare con la necessità artistica di dire qualcosa, si interrompe.

Si tratta di un album pieno di feat, 14 brani, solo due in cui non ritroviamo altro che Rkomi, e un intro parlato di pochi minuti, per il resto dentro c’è chiunque, da Gazzelle a Sfera Ebbasta, da Ernia a Gaia, fino a Irama e Dardust; ma, attenzione, ognuno messo sempre al posto giusto, sfruttato per le proprie qualità, rendendo come spesso non rende nemmeno da solo, vedi Tommaso Paradiso o chiello_fsk.

Noi ci siamo segnati “Diecimilavoci” cantata con Ariete, una delle voci femminili più promettenti dell’intero comparto musicale italiano, “Paradiso Vs Inferno”, eseguita insieme a Roshelle, ex X-Factor che punta tutto su una sensualità che quando ben indirizzata ti inchioda lì dove sei, e proprio “Cancelli di mezzanotte” insieme a chiello_fsk, membro dei FSK_Satellite, che non fanno proprio della delicatezza il loro marchio di fabbrica, ma questo duetto invece risulta di una raffinatezza e poesia da grandi penne e grandi interpreti.

Perfino Sfera Ebbasta dovrebbe ringraziare sentitamente il signor Martorana, per avergli fornito finalmente un buon brano da potersi rivendere con chi non crede che lui possa davvero fare musica (noi, ad esempio, siamo proprio di quella parrocchia). Che Rkomi avesse i numeri lo sapevamo, “Taxi Driver” ci apre proprio una finestra su quel che sarà la musica, un compromesso storico con un futuro che ci terrorizza, ora non spetta che prendersi un posto nell’Olimpo dei grandi.

Motta – “Semplice”

A dispetto di chi vorrebbe i cantanti indie costantemente stonati, accompagnati da chitarre distorte e produzioni da due soldi, Motta sforna un album veramente molto bello e articolato. Si, è un Motta più maturo, più consolidato, che ha scelto con cura due compagni di viaggio per accompagnarlo, Pacifico e Taketo Gohara, che è uno dei più illuminati producer della scena cantautorale.

Risultato: non c’è una sola canzone sbagliata, dieci brani di musica impegnata, con testi ai quali si è aggiunta all’ispirazione, sempre altissima di Motta, la forza strutturale di Luigi de Crescenzo. È anche poi uno dei pochi album cui brani si presentano del tutto indissolubili, tanto che indicarne uno risulta complesso, noi li abbiamo aggiunti tutti e dieci nelle nostre playlist, per dire, ma ci siamo particolarmente innamorati della prima traccia, “A te”, che parla di quello che pensate voi senza sfiorare nessun pensiero che potreste partorire voi.

Vasco Brondi – “Ci abbracciamo”

L’ei fu Luci della Centrale Elettrica pondera una preghiera laica citando Sant’Agostino: “Ama e fa ciò che vuoi” diceva, e oggi Vasco Brondi lo mette in musica, in un brano stupendo, coinvolgente e si, ci spiace, anche impegnato, intellettuale, al quale serve tutta l’attenzione che avete affinché arrivi dove deve arrivare. Una celebrazione di ciò che oggi ci è proibito, l’abbraccio, proprio a noi che ci smanacciamo a vicenda come ciechi in ebollizione ormonale, un invito ad essere migliori di come siamo, fuori proprio oggi che, senza osare sfidare la scaramanzia, siamo in un punto in cui si vede la fine di questo triste tunnel, che quando abbiamo intrapreso stavamo sui balconi a gridare che tutto sarebbe andato bene, mentre ancora non c’abbiamo capito niente.

TY1 feat. Geolier e Marracash – “Fantasmi”

Rap dalla raffinatezza unica, questo perché di mezzo ci sono due come Geolier e Marracash, differenti generazioni ma identica attitudine alla narrazione poetica, ma soprattutto perché al mixer troviamo TY1, uno dei migliori nel suo ruolo. “Fantasmi” è eterea, com’è giusto che sia, parla del passato lasciando trasparire tutta la nostalgia possibile, quella pesante, che riempie l’aria. Magari sarete un po’ più nostalgici alla fine dell’ascolto, ma certamente meno spaventati. Che il passato è la cosa più democratica che esista: lungo o corto, ce l’abbiamo tutti.

Arisa – “Ortica”

E così è finita che Arisa si mette a fare la Gigi D’Alessio a vent’anni di distanza da quando Gigi D’Alessio faceva il Gigi D’Alessio. Ora Gigi D’Alessio fa i dischi con i trapper, la lingua napoletana fa di tutto per liberarsi da quel passato privo di particolari guizzi di raffinatezza e Arisa ci riporta forzatamente lì. No, grazie.

Frah Quintale – “Si può darsi”

Fotografia felice di quel che sarà il giorno in cui tutto il male invisibile che ci sta attorno si dissolverà. Ed è una fotografia piuttosto realistica, suona allegra nella nostra testa fin dal primo ascolto, declinazione colorata di questa interessante deriva R&B che il rapper bresciano ha intrapreso e a noi piace moltissimo.

Franco126 – “Multisala”

In un mondo che va veloce, ci sta che il cambiamento, l’evoluzione, avvenga piano piano, lasciando marinare bene i gusti del pubblico. Franco126 con questo “Multisala” ripesta bene la sua impronta, in modo tale che chiunque gli vada dietro non se lo perda; resta se stesso, quel modo di cantare fintamente disinteressato, strascicato, lento e ipnotizzante, in perfetta sincronia con Roma, della quale è certamente tra i cantori più moderni. Non è un disco inferiore a “Stanza singola”, come molti lamentano, è una crescita portata avanti, giustamente, con la cintura di sicurezza, con calma, senza però tradire alcuna necessità artistica, tant’è che tra i dieci brani del disco ci sono “Che senso ha” o “Miopia”, che possiamo considerare tra i suoi migliori.

Anna Tatangelo – “Serenata”

Avete presente quella strana sensazione di imbarazzo che vi sale su quando vedete i vostri genitori ballare? Ecco…

Fast Animal And Slow Kids feat. Willie Peyote – “Cosa ci direbbe”

Non i migliori Fask, c’è da ammetterlo, e con tristezza, dato che parliamo di una delle realtà più interessanti dell’intero comparto musicale italiano. Non il miglior Willie Peyote, che solitamente riesce ad impreziosire ed intellettualizzare qualsiasi cosa sfiori. Peccato, perché l’unione tra due realtà di tale spessore speriamo sempre crei un corto circuito spettacolare, invece stavolta sentiamo che qualcosa proprio non decolla. Pazienza.

Sottotono – “Mastroianni”

Stupefacente come la musica sia capace di autoriciclarsi; spazza via per un’eternità di tempo un progetto musicale, in questo caso i Sottotono, un duo del tutto protagonista di un intero segmento della nostra adolescenza svanito ad un certo punto nel nulla, e poi li recupera, all’improvviso, perché quel che non piaceva ieri potrebbe improvvisamente tornare di moda domani; quello che ieri abbiamo pensato fosse invecchiato, domani potremmo accorgerci essere avanguardia pura. Ecco, domani è arrivato per i Sottotono, che effettivamente facevano vent’anni fa quello che oggi colleziona numeri extraterrestri. Certo, si vede che manca quella freschezza, ma noi, sarà anche solo per affezione, siamo felici di riaverli tra noi.

Margherita Vicario – “Come va”

Un’artista in netta crescita, il suo prossimo album sarà certamente quello della celebrazione definitiva. Lasciata finalmente alle spalle quella vaga imitazione di Levante, Margherita Vicario trova un suo personalissimo stile, magnetico, contemporaneo, illuminato. Nasce come attrice e le doti interpretative in più stanno facendo la differenza, com’è giusto che sia, lei sembra divertirsi molto, noi ad ascoltare anche. Equazione perfetta. Brava.

The Kolors – “Cabriolet Panorama”

Omaggio agli anni ’80 intelligente e divertente, vagamente ruffiano ma senza strafare. Ricorda un po’ il sound dei primi Thegiornalisti ma con quel briciolo di Mediaset in più.

Tricarico – “La bella estate”

L’intento è quello di sfogliare l’album di ricordi di estati passate, una serie di fotografie che vengono da un mondo più semplice e più allegro, un mondo in cui i ragazzi, per esempio, venivano costretti, per quanto ci riguarda dichiaratamente minacciati, a “fare i pomodori” con le mamme; azione che ricordiamo come un’esperienza mistica a metà tra la genuinità e il disgusto. Tricarico come sempre cela dietro una falsa semplicità da cantastorie, una nostalgia quasi inarrivabile. È il marchio di fabbrica e rende tutto ciò che canta sempre un po’ speciale, come una favola amara, compresa questa bella canzone.

Giordana Angi feat. Loredana Bertè – “Tuttapposto”

Ah già…Giordana Angi. Brano che non sarebbe nemmeno male se non ne ricordasse almeno altri quindici. Per rendersi più cool l’ex “Amici di Maria De Filippi” si deve fare accompagnare da una 70enne. Passo e chiudo.

Francesco Baccini – “Senza rumore”

Quanto ci manca Francesco Baccini, il pazzo senza peli sulla lingua che usa la musica per rigenerare la nostra anima ingolfata da algoritmi e social network, che canta e denuncia, canta e ci racconta, canta e ci fa sciogliere un pezzettino di cuore, ogni volta. “Senza rumore” è una ballad delle sue, magnifica, strabordante, profonda.

Rondodasosa feat. Nko – “Dubai”

Rap tosto, senza respiro, serrato, profondo, con metriche che capriolano una addosso all’altra come se pogassero tra di loro. Ci piace assai.

Jacopo ET feat. Lo Stato Sociale – “Gli racconteremo”

Il sound ci riporta ai recenti anni d’oro dell’indie, ahinoì ormai belli che andati, c’è qualcosa di freddo nel cantare di Jacopo ET, fenomeno vero invece con la penna in mano, fabbricatore di hit instancabile. In realtà canzoni così brutte che meriterebbe un girone infernale a sé solo per aver contribuito attivamente alla loro distribuzione su questo già fin troppo martoriato pianeta; ma, oggettivamente, resta il fatto che saper fare una cosa è già qualcosa, lui sa fare hit, questa “Gli racconteremo” non ha il sapore della hit e sembra anche piuttosto slegata come canzone, ma gode della partecipazione de Lo Stato Sociale, che rende tutto sempre molto festaiolo e gustoso.

Rachele Bastreghi – “Psychodonna”

Disco meravigliosamente complesso, l’esordio della Bastreghi in solitaria non sarebbe potuto essere più positivo. La sua voce, salva dai dovuti vincoli strutturali della band, si libera in brani intimi e potenti, viene fuori senza snaturarsi, mantenendo un timbro che è tra i più affascinanti della scena musicale femminile italiana. In più ha il merito di duettare con Meg, restituendocela dopo un ingiustificabile silenzio discografico in un brano coinvolgente e moderno. È un album che va ascoltato con l’attenzione che si deve alle opere vere, sia chiaro, niente di facilmente abbordabile, ma i grandi amori, si sa, non sono mai facilmente abbordabili. Allora ascoltate per innamorarvi.

Joan Thiele – “Atto II – Disordinato spazio”

Puro afrodisiaco musicale, interprete eccezionale che porta quel che è sempre stato internazionale qui in Italia. E, sarebbe il caso di dire, finalmente.

Alfa feat. Rosa Chemical – “SnoB”

Pezzo semplicemente disastroso, inutilmente già sentito nei contenuti, davvero elementare nella realizzazione. Strano che Rosa Chemical, interessantissimo autore, si sia fatto coinvolgere in questo prodottino impacchettato per teen non particolarmente svegli.

VillaBanks – “Filtri”

Certamente uno dei migliori album della settimana, forse di questo 2021. VillaBanks è un rapper plurilingue, frequente durante i brani una sorta di escalation di emozioni che sfociano in uno slang francese che ti tira letteralmente per i capelli. È rap dicevamo, si, ma niente che si ascolti solitamente, parliamo di metriche e produzioni complesse, che segui a tempo con il pugno alzato, giusto per slegare qualcosa dentro il corpo che spinge per esplodere. La nuova versione di “Pop porno” dei Il Genio poi, è una bomba atomica. Eccellente.

Rovere – “Bim Bum Bam”

Forse uno dei migliori brani dei Rovere ascoltati finora. Divertente e allo stesso tempo nostalgico, semplice e allo stesso tempo estremamente coinvolgente. Sarà che noi con un certo immaginario, cui filo conduttore era proprio lo show per ragazzi sulle reti Mediaset, ci siamo venuti su, e capiamo chi possa ritenere certi personaggi che popolavano i nostri pomeriggi perlomeno psichedelici, ma noi in fondo siamo degli inguaribili nostalgici quindi il pezzo, dentro il quale si sente forte e chiaro il tocco di Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari, ci è piaciuto assai. Come dicono i giovani? Grazie per averci sbloccato un ricordo. Ed è subito la fiera del boomer.

Nicolò Carnesi – “Consumati”

Nicolò Carnesi è uno dei più talentuosi cantautori della musica italiana. Tutta. In Sicilia quando ci si trova nei guai si dice “Semu cunsumati”, siamo consumati, finiti, la storia si conclude qui; Carnesi, che è palermitano, sembra riferirsi proprio al nostro esserci svuotati totalmente, come esseri umani, che proviamo a riempire le nostre vite con tutto ciò che di più inutile ed effimero esiste, nascondendoci dietro il nostro ordine maniacale, magari giusto per avere l’impressione di governare l’ingovernabile. E il modo in cui Carnesi mette in poesia tutto questo è realmente, letteralmente, commovente.

Tredici Pietro – “X questa notte”

Pochi spunti interessanti, un piccolo passo falso per un rapper di buona qualità. La produzione del disco, affidata al mago Andry The Hitmaker, salva fino ad un certo punto, il problema è che parrebbe mancare la sostanza.

Lorenzo Kruger – “Con me Low-Fi”

In un mercato che fila veloce come il vento, in pochi forse si ricorderanno dei Nobraino, eppure erano una band (magari lo sono ancora, ma ne dubitiamo) che fu protagonista assoluta della rinascita, dagli abissi dei clubbacci e della provincia, del cantautorato indie. Poi tutto il loro successo si andò a schiantare contro un post su Facebook equivoco che li fece diventare, erroneamente, con discutibile dolo, il nemico numero uno della musica italiana. Oggi Lorenzo Kruger, voce di quei Nobraino, a distanza di sei anni da quello spiacevole incidente, torna da solista con un brano che dimostra ancora una volta quanto lui sia un artista non solo bravo ma del tutto necessario. Kruger ha una delle voci più intriganti di tutta la nostra musica, è autore sopraffino, poetico, commovente, un tantinello folle, quanto basta per farsi amare perdutamente. Bentornato.

Amalfitano – “Maddalena”

Amalfitano è senza alcun dubbio e di gran lunga la miglior voce maschile che abbiamo nel cantautorato italiano. Ha un graffio unico, incisivo, come se il suo cantare dividesse la vita in prima e dopo l’ascolto della sua voce. “Maddalena” è l’ennesima virata in cerca della canzone che lo porterà al livello che merita, è un buon pezzo, coinvolgente e raffinato, ma sappiamo che può andare ben oltre e noi ci crediamo. Voi invece non lo sapete ma già lo amate.

Cecco e Cipo – “I due eschimesi dell’isola di Baffin”

Che Cecco e Cipo fossero decisamente qualcosa in più di quella “Vacca boia” presentata alle audition di X-Factor noi lo sosteniamo da anni. Questo nuovo singolo è una bomba vera, di quelle che ai piani più alti della musica italiana non hanno talento, capacità e coraggio di buttare sul mercato, preferendo seviziarci con il millemilionesimo drammone pomposo e inutile. Quello che propongono Cecco e Cipo invece è qualcosa di maledettamente vivo, anche quando complesso, come questa “I due eschimesi dell’isola di Baffin”, che non ti togli più dalla testa. Bravissimi.

Valerio Mazzei – “Per davvero”

Il titolo del brano altro non è che la risposta che da il giovanissimo Mazzei quando racconta agli amici che lo pagano per fare canzoni e loro, a ben ragione, lo pregano di non prenderli in giro. Atteso l’album “Giurin giurello, potessì morì”. Insufficiente.

Ditonellapiaga – “Morsi”

Wow. Che disco. Qualcuno venga a recuperarci la mascella sotto la scrivania. Brani, tutti, così cool, così coinvolgenti, cantati con tale intensità, sensualità, carnalità, passione. Si balla, si resta imbambolati dal groove, si riascolta, e poi si riascolta ancora, e poi ancora una volta, poi arriva qualcuno, ti chiede cosa stai ascoltando tutto agitato su quella sedia, e allora riattacchi perché vuoi condividerlo. Non perdetevi questa ragazza che c’ha numeri da capogiro.

AGI – Agenzia Italia

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