Nelle settimane scorse è passato quasi inosservato il decimo anniversario del disastro nucleare di Fukushima, avvenuto l’11 marzo del 2011 e dunque molto vicino a noi, mentre è stata organizzata una campagna a tappeto per il 35° “compleanno” di Chernobyl.
Un trattamento differenziale utilizzato ancora una volta per minimizzare i disastri del cosiddetto mondo occidentale (anche se il Giappone è culturalmente assai più distante dell’est Europa, ma queste sono le bizzarrie dell’ideologia) ed enfatizzare invece quelli del mondo socialista, specie in un momento in cui l’oligarchia americana vuole ricreare a tutti i costi il nemico russo necessario a tenersi stretta l’Europa.
Il pretesto per poter operare questa discriminazione tra i due eventi è che Chernobyl sarebbe il più grave incidente nucleare di sempre, cosa palesemente falsa visto che quello di Fukushima non si è ancora risolto, le falde continuano ad essere inquinate nonostante tutti i tentativi di evitarlo, i reattori danneggiati devono essere ancora raffreddati con acqua oceanica per evitare che il nocciolo fonda, cosa che andrà avanti ancora per molti anni e quest’acqua prima o poi dovrà essere sversata nel Pacifico o fatta evaporare e non è ben chiaro quali potranno essere le conseguenze.
L’impressione che Fukushima sia stata meno grave di Chernobyl, dove un solo reattore ha sfiorato questa condizione, è dovuta al fatto che quest’ultimo incidente è avvenuto nel cuore continentale dell’Eurasia e con correnti Est – nord ovest Ovest che hanno portato gli elementi radioattivi in zone densamente popolate.
Mentre a Fukushima le correnti Ovest – Est hanno trasportato i veleni radioattivi direttamente sul Pacifico, paradossalmente colpendo una superficie relativamente piccola dello stesso Giappone. Ma questo ha a che vedere con il contesto generale geo antropico, non con la gravità dell’evento in sé .
Inoltre il disastro di Chernobyl è avvenuto durante il periodo di disgregazione dell’Unione sovietica causando ritardi e ulteriori danni dopo il disastro.
E ora una serie prodotta Hbo e Sky britannica basata sul libro “Preghiere da Chernobyl” di Svjatlana Aleksievič – scrittrice quanto mai banale e tendente alla retorica, ma che ha saputo sfruttare sino in fondo la sua sbandierata avversione a Russia e Bielorussia per entrare nel pen club delle anime morte di Washington – diventa un pretesto per un’ipocrita ricostruzione in cui il socialismo viene dipinto come un brutale coacervo di repressione e segreti del potere.
Quasi quasi verrebbe da dire che è un perfetto ritratto dell’occidente attuale sotto false spoglie, ma lo scopo di tutto questo è di demonizzare Russia e Cina, insomma di falsificare il passato per manipolare il presente.
Tuttavia nella serie viene ripetutamente espresso un concetto riferito all’Urss di allora che rappresenta una sorta di vero contrappasso: “il vero pericolo è che se ci abituiamo ad ascoltare troppe menzogne, diventeremo incapaci di distinguere la verità”.
E infatti è quello che sta accadendo in occidente dove la mistificazione in ogni campo non ha più limite.
Con la differenza che mentre i cittadini sovietici di trent’anni fa sapevano distinguere tra realtà e propaganda quelli occidentali di oggi, anche grazie alla major dell’intrattenimento non sono più in grado di farlo. E si bevono qualunque cosa venga detto contro il loro stesso futuro.
Redazione Corriere di Puglia e Lucania