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La sindrome da covid 19, si articola in diverse fasi pre intra, e post infezione

Sappiamo di certo che alla base della infezione c’è un corona virus ad RNA.

La prerogativa di questo virus, è di avere sulla sua superficie, delle escrescenze proteiche (spike ) che ne fanno un virus coronato appunto.
Si trasmette,come è noto, prevalentemente tramite i drop ossia goccioline di saliva che diffondono nell’aria con colpi di tosse o starnuti, esattamente come avviene per i virus della influenza tradizionali. Dopo due giorni dall’avvenuto contatto, si percepisce un leggero cambiamento delle proprie capacità fisiche. Stanchezza brividi e malessere non specificabile .

Dopo 4/8 giorni dell’avvenuto contatto, si iniziano a manifestare i sintomi specifici, nel caso in cui, ovviamente il soggetto non rimanga asintomatico dopo il contatto, fino alla negativizzazione del tampone. La positivizzazione al tampone avviene dal sesto all’ottavo giorno dal contagio.
Sintomi visibili e percepibili.

Febbre, agenusia, anosmia, diarrea, spossatezza, dolori muscolari, mal di testa, tutto questo, si protrae anche per 10 giorni consecutivi. Nel frattempo si innescano sintomi piuttosto subdoli e invisibili: Lo stato di coagulazione intravasale disseminata (cid). Si formano microcoaguli che si vanno via via ad accumulare nei vari organi e parenchimi. Da questo momento ogni territorio inizia a presentare alcune insufficienze dovute all’accumulo di coaguli nei più vari distretti . Il polmone salta all’occhio immediatamente, ma fegato, milza, pancreas, reni, cuore, muscoli, ecc,ecc soffrono allo stesso modo.

Da questo momento si possono verificare sindromi sottilmente impalpabili e subdole, di difficile interpretazione anche dallo stesso paziente. Ogni organo viene invaso da microcoaguli che ne compromettono la funzione in mille sfumature di variabili, che vanno dallo zero al totale
Passata la fase acuta che può esordire nella anossia tissutale, con abbassamento più o meno importante, della saturazione di ossigeno. Inutile dire che prima inizia la cura dedicata, che non è oggetto di argomento in questa sede, e migliore sarà l’intero percorso e l’epilogo della avventura covidiana del soggetto. Trattato il soggetto in modo corretto, generalmente la malattia si esaurisce nel giro di 15 giorni, lasciando una sequela di sintomi che possono proseguire per giorni, settimane, o persino mesi.

La tosse la fa da principe, insieme all’affanno e alla mancanza di fiato, questo, indipendentemente dalla saturazione di ossigeno che potrà rivelarsi normale alla misurazione.
Si nota anche un cospicuo rallentamento cerebrale con difficoltà alla concentrazione.
Ancora si può notare una difficoltà nella minsione o nella defecazione per insufficenza renale di grado generalmente di lieve entità e/o rallentamento della peristalsi intestinale. Spesso anche la pompa cardiaca aumenta il suo ritmo.
Dolori diffusi ai lombi o alla cassa toracica e cefalea si associano non di rado al corollario sindromico covideo.
Questi eventi post infettivi possono essere più o meno invalidanti e sono spesso dovuti alla organizzazione dei microcoaguli in tessuto fibroso che sostituirà via via i cumuli di microcoaguli in ogni distretto questi si siano formati durante il periodo conclamato della infezione.

Esercizi respiratori e ginnastica riabilitativa, associata a ingestione di 2 litri di liquidi e assunzione di fibrinolitici ogni giorno, già nelle prime giornate di convalescenza, possono fare una grande differenza. streptochinasi, urochinasi, attivatore tissutale del plasminogeno a piccolissime dosi, possono liberare gran parte dei coaguli di fibrina che altrimenti rischiano di rimanere a vita in ogni distretto del nostro organismo, compromettendo le funzioni ora di questo ora di quell’organo con una infinita miriade di variabili e di gravità, dovute alla vera e propria organizzazione definitiva di tessuto fibroso vero,che rimane intrinsecamente legato al tessuto dell’organo interessato.

Nella fase della coagulazione intravasale disseminata, ossia in piena fase acuta, il polmone, come altri tessuti, si intasano di coaguli che ne abbassano notevolmente la sua clearance, ossia la capacità elastica di espandersi. Resta ovvio che in questa fase bisogna sciogliere i coaguli con eparina o antiaggreganti piastrinici, e aspettare con pazienza che il polmone si ripulisca e possa tornare ad espandersi in maniera utile senza mai forzarne la espansione.
Questo stato di recupero dipende da vari fattori e dallo stato di salute dei vari organi, precedente all’infezione. Età e struttura corporea sono di fondamentale importanza per l’esito finale della patologia, che molto spesso, guarisce con difetto.

Dr. Sergio Incerrano

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