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Degrado di Via Oberdan a Taranto – Lettera a Simeone di Cagno Abbrescia

Il degrado di Via Oberdan – Vi sono gruppi di tarantini nei social che amano cose antiche della città cantata da Orazio, ma se si trovassero di fronte a questa vecchia costruzione inglobata tra i palazzi si domanderebbero cos’è?

Dalla forma appare una vecchia struttura militare, è invece sapete cos’è?

Ecco il degrado di Via Oberdan. La sede degli anni ’40 dell’Acquedotto Pugliese, dove i Tarantini andavano a pagare le bollette.

In redazione giunge una lettera accorata di un cittadino rivolto al Presidente dell’Ente per capire se c’è la volontà di risolvere il problema di degrado di Via Oberdan.

Intanto ecco la lettera.

Al presidente

Simeone di Cagno Abbrescia

Acquedotto Pugliese S.p.A.
Via Salvatore Cognetti, 36

70121 BARI

Egregio presidente

Mi chiamo Cosimo Carrino, già professore di disegno esule dalla mia città jonica in quei di Urbino e Spoleto. Pur essendo diventato un po’ marchigiano, per aver studiato ed essermi laureato in Arte ad Urbino (dal 1973 al 1982) e per aver insegnato dal 1984 al 2015 in quelle realtà, alla mia Taranto sono legato da quell’affabulazione tipica degli artisti, perché sono nato lì e negli anni ’60 ho fatto parte  di un gruppo musicale e rockettaro e melodico, i Glom, con i quali – e questa è una chicca, nel 1965, nell’inaugurazione della nuova chiesa di San Pio X, suonammo la prima e forse unica Messa Beat con l’Arcivescovo Motolese.

Presidente, sono tornato da pochissimo tempo a vivere in via Francesco Crispi n° 104, dove sono vissuto da bambino, in quei lontani anni ’50.

Mi fa sul serio male vedere quell’angolo di mondo in profondo degrado. Mi riferiscono che la struttura, che fa angolo tra via Crispi e Via Oberdan, sia stata parte della vecchia sede dell’Acquedotto di Taranto, avviato negli anni cinquanta e trasferitosi dopo trent’anni nella nuova sede in Viale Virgilio (prima Camera di Commercio).

La struttura è in palese stato di abbandono, con l’ex magazzino dei mezzi (con saracinesca su via Crispi) con il tetto sfondato.  Io mi chiedo se, nell’ambito di quel desiderio di rigenerazione post pandemica, troverà spazio anche il risanamento urbano dalle ferite dell’incuria e dell’abbandono?

Io le chiedo davvero, presidente, visto che la sento davvero vicina ai problemi delle persone, vorrà risolvere questo problema di degrado? Trovando accordi con il Comune, magari?

Io le propongo un’idea mia personale, come un regalo alla città: quel deposito restaurato potrebbe ospitare gratis una quadreria di 100 dipinti di pittori tarantini organizzati e gestiti da me potrebbe rappresentare una rinascita culturale vera.  Lo dico con gli occhi che s’arrossano, perché penso di risarcire la città, dopo anni di lontananza, col desiderio di esser tornato a riviverla nell’arte. A tale proposito vorrei regalare il mio tempo per fare – ecco un ulteriore utilizzo -, laboratori di ceramica con allievi anziani senza memoria e disabili in un luogo che esprima la storia di Taranto, della ceramica spartana, del colore dei suoi tramonti, del suo mare.

Ecco presidente, come vede ognuno fa la sua parte come può e nell’ambito dell’orto che coltiva. Il mio è animato da grande fermento, nonostante l’età che avanza, per quello dell’arte. Non vorrei sembrarle arrogante se le consiglio qualcosa che, a mio modesto parere, credo sia giusto fare.

Semmai il torto che mi si può rimproverare è quello che, pur essendo vissuto lontano, mi sento ancora implicato concretamente nei confronti della mia Taranto. Ma non posso farci niente, dal momento che a Taranto sono legato da una intima ricerca di identità perduta e dalla quale, me lo permetta, non posso farne a meno.

Ha letto Pavese quando scrive che “un paese vuol dire non essere soli, saper che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”? Ecco presidente, quell’angolo vivo che restava ad aspettarmi si trova in via Crispi ed è di nuovo ‘mio’ dopo decenni, mi piange il cuore vederlo così ridotto.degrado di via oberdan

La lettera – debitamente affrancata e inviata a Bari – si conclude con un appello “Mi chiami” corredato da un numero di telefono.

Per onore di cronaca dobbiamo ricordare a chi legge che già nel 2004 vi fu una petizione di cittadini della zona recapitata al Comune – allora era sindaca la dr Rossana Di Bello, recentemente scomparsa – che, in un trafiletto uscito sul Quotidiano di Taranto (martedì 10 febbraio 2004), rispose precisando “che l’area è di proprietà dell’Acquedotto Pugliese e non del Comune.”

La stessa sindaca a margine di quell’articolo di 17 anni fa si riservò il compito di chiedere al proprietario la bonifica del sito.  Il pachiderma blindato del gestore delle acque non ascoltò? Dal momento che rebus sic stantibus si direbbe di no.

Ora speriamo che Mimmo Carrino abbia con la sua pacata lettera smosso qualcosa nell’acqua quieta e paludosa dell’AQP.

Carrino è ancora una risorsa culturale per la città. Come artista ha lavorato con Bino Gargano, è stato presente in radio, alcune canzoni dialettali sono diventate cult, ora la sua esperienza di arte visiva diventa corollario di un impegno di promozione della città. Ci vogliamo credere, come auspichiamo che anche il Comune non resti sordo. Che questa non rimanga una lamentela persa nei meandri di un’emeroteca, di qualche anziano sopravvissuto fra i firmatari di quella petizione ventennale, di fronte a quel monumento che svela la parte peggiore degli Enti pubblici, che pur tartassando i cittadini con gabelle, considerano intere aree del territorio urbano, come una sorta di usa e getta. Non è così che si fa.

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