di Anna Rampini
Sbocciano nuovi fiori, tenere e brillanti gemme ricoprono i rami degli alberi; all’appuntamento con la primavera non può mancare lei: la pervinca.
La pervinca ama intrufolarsi, risaltando con il suo colore azzurro-violetto, tra le foglie.
Nel linguaggio dei fiori ha molteplici significati: nuove amicizie, armonia spirituale, fedeltà.
In Germania, era il fiore dell’immortalità; in Francia, era considerata simbolo di amicizia; in Italia, era ricordata come il fiore della morte, poiché, secondo un’antica usanza, sulle bare dei bambini defunti ne venivano deposte ghirlande intrecciate.
Ancora, nel simbolismo religioso cristiano la pervinca era il fiore della Madonna o la Stella di Maria, poiché il colore della corolla ricordava quello del manto indossato dalla Vergine nelle rappresentazioni dell’iconografia tradizionale; era anche detta Stella del mare per la posizione asimmetrica di ogni petalo.
Il poeta romantico inglese William Wordsworth (1770-1850) descrisse questi fiori mentre era seduto sul ciglio di un ruscello, nei pressi del villaggio di Alford, nella ballata Versi scritti allo sbocciare della primavera, inclusa nella raccolta Lyrical Ballads (1798) composta insieme a Samuel Taylor Coleridge.
Versi scritti allo sbocciare della primavera
di William Wordsworth
Udivo una miriade di suoni confusi,
Mentre me ne stavo sdraiato in un boschetto,
In un dolce stato in cui gradevoli pensieri
Generano nella mente tristi pensieri.
Alle sue mirabili opere la natura avvinceva
L’anima umana che mi permeava tutto,
E molto s’affliggeva il mio cuore a pensare
Quel che l’uomo ha fatto dell’uomo.
Frammezzo a ciuffi di primule, in quel fragrante pergolato
S’arrampicava la pervinca con le sue ghirlande,
E qualcosa mi diceva che ogni fiore
Si beava dell’aria che respirava.
Gli uccelli a me d’intorno saltellavano per gioco,
E pur non sapendo leggere nei loro pensieri,
Il loro minimo sussulto
Mi sembrava un guizzo di piacere.
I rami in boccio aprivano i loro ventagli,
Per irretire i soffi della brezza,
E per quanto dubiti son sicuro
Che là regnava il piacere.
Se questi pensieri non so allontanare,
Se tale è il senso della mia convinzione,
Non ho forse ragione di dolermi
Di ciò che l’uomo ha fatto dell’uomo?
Wordsworth osserva i ritmi della natura: la sua forza vitale e la sua quiete idilliaca in un primo momento consentono all’uomo, affannato dal trambusto della città, di pacificarsi con se stesso.
La perfezione e la straordinaria vivacità degli elementi naturali, tra cui spicca la pervinca, circondano il poeta e sembrano, di colpo, intristirlo: l’ultima stanza del poema sottolinea, infatti, questa tristezza rimandando al fallimento dell’uomo, ai “pasticci” da lui combinati.
Trovo questo poema molto attuale e mi pare di cogliere un suggerimento da parte del poeta: l’uomo può far parte della natura, amando e rispettando ciò che gli sta intorno.
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