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“Le luci della ribalta”

Da ragazzo, ho fatto attivamente del “Teatro” e sono sempre stato affascinato ed ispirato dal significato più profondo e più intimo delle sue “Maschere”.

Sosteneva Eduardo de Filippo: “Nel Teatro, si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita”.

Mentre, a tal proposito così concludeva Cesare Pavese:

….gli ultimi anni della vita sono la fine di una festa in maschera, quando le maschere vengono tolte

L’opinione di Roberto Chiavarini 

TESTO INEDITO

Quando la esistenza di un individuo volge cronologicamente ed irreversibilmente al termine, al centro del “Palcoscenico” del Teatro della vita, resta solo la identità fisica di colui che è stato il “Maestro” e il “Protagonista” di se stesso.

E non importa se, in gioventù, sia stato un Grande Attore o una semplice Comparsa.

E, comunque, a prescindere, dietro le quinte non c’è più nessuno a sostenerlo, sono andati tutti via e, per quell’individuo, la uscita di scena dal palcoscenico della vita, diventa mesta quanto tristemente desolante.

Neppure un applauso, perché anche il suo pubblico lo ha abbandonato.

Nessuno, ha più interesse a sentire ciò che, pure, avrebbe ancora da dire.

Si spengono i fari, si spengono i riflettori, si spengono perfino le luci della ribalta.

Tutto diventa buio, senza sonoro.

Resta acceso solo un “Occhio di Bue”, come se fosse l’occhio di Dio, che lo inquadra impietosamente.

Quel Primattore o Comparsa che fosse in una Epoca oramai trascorsa, implode in se stesso.

Egli tenta, teatralmente, un ultimo quanto inutile inchino verso la buia platea, fa come per salutarla per l’ultima volta, nella mera illusione che, il tempo, non sia scaduto e che, magari, gli possa concedere ancora un improbabile “Bis”.

Ad un tratto, nel silenzio più “assordante”, ode lo stridio rugginoso di una vecchia ruota metallica che, meccanicamente, scioglie le corde di canapa, necessarie per azionare il grande tendaggio che separa il palcoscenico dalla platea.

Sconvolto, stordito, confuso, alza il viso verso il soffitto del Teatro e, poi, gira e si rigira su se stesso, per comprendere da dove venga quel rumore e cosa stia accadendo intorno a lui.

Per un attimo crede veramente che, forse, la commedia della sua vita non sia ancora finita.

Ma è solo un attimo, quell’attimo che rapisce una vita intera, la sintetizza ed infine la distrugge.

Confuso, non fa in tempo a riflettere, quando, inaspettatamente, un alito di vento gli accarezza il viso stanco, segnato e rassegnato.

Un alito di vento che, egli, caparbio, intende ancora come un “miracolo” dinamicamente annunciatore di un possibile rinnovamento della sua esistenza.

Ma è solo la corrente d’aria provocata dalle retro porte di sicurezza dell’Antico Teatro, che si sono aperte per lui, per consentirgli l’unica e dignitosa via di uscita da quel “Palcoscenico”.

Mentre la vecchia e malfunzionante carrucola di “Scena”, continuando a ruotare in un ripetitivo ciclo stridulo, lento e sinistro, fa scorrere gli ultimi metri delle funi, che chiuderanno definitivamente il sipario della vita.

Della sua vita.

ROBERTO CHIAVARINI

Opinionista di Arte e Politica

A Charlie Chaplin è attribuita questa frase:

“La vita è un’Opera di Teatro che non ha prove iniziali…

Quindi, canta, ridi, balla, ama, piangi e vivi intensamente ogni momento della tua vita… prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi.”

CHARLIE CHAPLIN

Diceva Paolo Ferrari, noto attore di Teatro:

“Dove la vita s’arresta, e la morte cede della sua altezzosa incongruenza, lì il Teatro ha quasi vera esistenza”.

PAOLO FERRARI

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