Principale Politica Ursula e il pascià

Ursula e il pascià

Ad arricchire la leggenda di potenti lati B attaccati alle poltrone, dell’arrembaggio a sedie fertili di successi e redditi, di divani dove  influenti personalità hanno consumato commerci carnali, è arrivato quello che è già stato definito il sofà-gate.

Tutti ormai sapete di cosa si tratta: Ursula von der Leyen si reca in visita ufficiale in Turchia, giunge al cospetto di Erdogan e resta in piedi davanti a lui come una scolaretta, manca solo la lavagna dietro la quale mettere in castigo i discoli e il quadretto sarebbe stato completo. Il presidente e il suo Ministro degli esteri  hanno poggiato i pingui deretani sugli scranni ufficiali e la presidente della Commissione si guarda intorno finché non trova di meglio che accomodarsi su un canapè, o meglio un’ottomana, vista la location dove si consuma il delitto di lesa maestà.

Subito si grida all’affronto, l’imbarazzante episodio assume i connotati di uno intrigo internazionale, coi turchi che si difendono  rivendicando di aver rispettato il protocollo   che definisce    “la disposizione dei posti” concordata, dicono, con l’Europa nel corso di incontri preliminare dei diplomatici delle due parti. Il porte parole dell’Unione glissa pur riservandosi di andare a fondo sulla incresciosa faccenda, “perché non si ripeta più”.

E mentre girano le foto dell’incontro che immortalano i due presidenti una di fronte all’altro, lei sprofondata come Fantozzi sul maledetto pouf e lui che ghigna dall’alto del seggio, come un pascià soddisfatto per l’umiliazione inferta alla zarina d’Occidente, lo scandalo cresce e si declina a seconda dei pubblici di riferimento.

Perché in difesa dell’onore della pulzella oltraggiata scendono in campo le donne, che sospettano un caso di sessismo non certo inaspettato, trattandosi con tutta evidenza dell’affronto commesso, è sicuro, in nome di una cultura patriarcale e maschilista, di una fede che intride dei suoi valori confessionali lo stato, le sue istituzioni e le sue leggi, condannando le donne a ruoli gregari.

Non mancano le reazioni sdegnate degli eurofan: ma come un Paese e un premier che hanno assunto comportamenti incompatibili con la democrazia, si permettono di vilipendere la rappresentante di una civiltà innegabilmente superiore, trattandola come una questuante? E parte il plauso per la dignità e la compostezza della vertice comunitario e del suo culo, che hanno deciso con la grandezza  degna di uno statista e di un Grande della storia di continuare la riunione, malgrado l’onta subita.

Ecco, è proprio questo aspetto che ha punto la mia insaziabile curiosità e la mia avidità di particolari piccanti.

Non parlo però di quelli che potrebbero riguardare eventuali pensieri lubrichi del presidente turco, immediatamente ricollocato nel contesto di rassicuranti stereotipi tra ratti del serraglio e harem, attizzato dalla severità claustrale di Ursula, no, parlo di altri luoghi comuni subito tornati in auge.

Mi chiedo infatti che commercio di tappeti particolarmente profittevole ha persuaso la poco maneggevole negoziatrice a ingoiare il rospo,  quali interessi opachi giustificano la missione della notabile pronta perfino a stare prona sul cadreghino al fine di inoltrare le richieste della potenza europea al monarca d’Oriente  in una  posizione che la prossemica definirebbe di sottomissione.

Chissà che cosa era stata incaricata di ottenere in cambio del bel numero di miliardi concessi in cambio della gestione della fastidiosa immigrazione largamente dirottata  su un partner europeo di serie B, chissà che mandato aveva ricevuto dal padrone di oltreoceano per conquistare garanzie di fedeltà all’Alleanza, chissà che aspettative ripone l’Europa, già asimmetrica e ancora più sofferente per via dell’eclissi dell’astro tedesco, nei Balcani, in quel cuscinetto agitato che divide l’impero in declino dal rinnovato e nuovo fronte nemico.

Fosse uno scontro di civiltà, di sicuro non incute timore quella “superiore”, in pizzo sul divano come una mendicante o un piazzista di frigo in Alaska o di tappeti in Turchia. Di sicuro vedendola così nessuno avrà detto: mamma li europei.

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