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Papa: Dante Alighieri “profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo”

Papa Francesco firma la Lettera Apostolica Candor Lucis Aeternae per ricordare il poeta fiorentino nel settimo centenario della morte, definendolo “parte integrante della nostra cultura”.

di Claudio Gentile

Si è celebrato lo scorso 25 marzo con celebrazioni in tutta Italia il secondo Dantedì, la giornata nazionale in ricordo di Dante Alighieri, che quest’anno coincide con il settimo centenario della sua morte.

Anche Papa Francesco, come molti suoi predecessori, ha voluto onorare la straordinaria occasione rendendo pubblica la Lettera Apostolica Candor Lucis Aeternae (Splendore della luce eterna), dedicata proprio alla figura dell’Alighieri.

Per ricordare il divino poeta alcuni anni fa è stata scelta la data del 25 marzo proprio perché è il giorno in cui Dante ha iniziato il suo viaggio nei tre regni dell’aldilà. La scelta di Dante, però, non fu casuale in quanto il 25 marzo la Chiesa festeggia l’Incarnazione di Gesù. «È il mistero dell’Incarnazione, che oggi celebriamo – spiega il Papa – il vero centro ispiratore e il nucleo essenziale di tutto il poema».

In nove paragrafi Papa Francesco descrive la portata universale della figura di Dante Alighieri come «parte integrante della nostra cultura» e «profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo».

Leggere la Divina Commedia per il Papa è come «un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico, il paradigma di ogni autentico viaggio» verso la felicità.

Anche oggi la Divina Commedia può orientare riflessioni e nuovi cammini per tutta l’umanità e la vita dell’Alighieri può essere considerata come paradigma della condizione umana. «Pur vivendo vicende drammatiche, tristi e angoscianti – scrive il Papa – Dante non si rassegna mai, non soccombe, non accetta di sopprimere l’anelito di pienezza e di felicità che è nel suo cuore, né tanto meno si rassegna a cedere all’ingiustizia, all’ipocrisia, all’arroganza del potere, all’egoismo che rende il nostro mondo “l’aiuola che ci fa tanto feroci”».

Per il Papa «riflettendo egli profondamente sulla sua personale situazione di esilio, di incertezza radicale, di fragilità, di mobilità continua, la trasforma, sublimandola, in un paradigma della condizione umana, la quale si presenta come un cammino, interiore prima che esteriore, che mai si arresta finché non giunge alla meta». Pertanto «rileggendo soprattutto alla luce della fede la propria vita – afferma il Pontefice – Dante scopre anche la vocazione e la missione a lui affidate, per cui, paradossalmente, da uomo apparentemente fallito e deluso, peccatore e sfiduciato, si trasforma in profeta di speranza». Dante si erge così «a messaggero di una nuova esistenza, a profeta di una nuova umanità che anela alla pace e alla felicità».

«Dante – proviamo a farci interpreti della sua voce – non ci chiede, oggi, di essere semplicemente letto, commentato, studiato, analizzato. Il suo umanesimo è ancora valido e attuale e può certamente essere punto di riferimento per quello che vogliamo costruire nel nostro tempo. Ci chiede piuttosto di essere ascoltato, di essere in certo qual modo imitato, di farci suoi compagni di viaggio, perché anche oggi egli vuole mostrarci quale sia l’itinerario verso la felicità, la via retta per vivere pienamente la nostra umanità, superando le selve oscure in cui perdiamo l’orientamento e la dignità». « La figura di Dante, profeta di speranza e testimone del desiderio umano di felicità, può ancora donarci parole ed esempi che danno slancio al nostro cammino».

Il Papa descrive anche un’altra cifra di Dante: la capacità di fermarsi ad ascoltare le anime che incontra, facendosi interprete dei loro tormenti o della loro beatitudine: «L’itinerario di Dante è davvero il cammino del desiderio, del bisogno profondo e interiore di cambiare la propria vita per poter raggiungere la felicità e così mostrarne la strada a chi si trova, come lui, in una ‘selva oscura’ e ha smarrito ‘la diritta via’». Per Francesco «si tratta di un cammino non illusorio o utopico ma realistico e possibile, in cui tutti possono inserirsi, perché la misericordia di Dio offre sempre la possibilità di cambiare, di convertirsi, di ritrovarsi e ritrovare la via verso la felicità».

In questo modo, «Dante si fa paladino della dignità di ogni essere umano e della libertà come condizione fondamentale sia delle scelte di vita sia della stessa fede».

Per il Papa, infine, la figura di Dante: «Può aiutarci ad avanzare con serenità e coraggio nel pellegrinaggio della vita e della fede che tutti siamo chiamati a compiere, finché il nostro cuore non avrà trovato la vera pace e la vera gioia, finché non arriveremo alla meta ultima di tutta l’umanità, ‘l’amor che move il sole e l’altre stelle’».

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