Principale Politica Diritti & Lavoro “Uno sforzo in più paga”. I turni massacranti secondo Goldman Sachs

“Uno sforzo in più paga”. I turni massacranti secondo Goldman Sachs

Dopo l’appello di 13 dipendenti stressati da settimane fatte anche di 95 ore, l’amministratore delegato David Solomon invita ad andare oltre i propri limiti per venire incontro al cliente: “Uno sforzo in più paga”. E conferma che “lo smart working è un’aberrazione”

© AFP – L’ad di Goldman Sachs, David Solomon

AGI – Metterci quello “sforzo in più” per andare oltre i propri limiti può fare la differenza per la banca: con queste parole l’amministratore delegato di Goldman Sachs, David Solomon, ha replicato alla denuncia di 13 giovani dipendenti americani che lamentavano di essere stressati da un lavoro “disumano” che richiede un impegno di 95 ore a settimana.

“E’ una gran cosa che un gruppo di analisti si sia rivolto al management”, ha premesso Solomon nel messaggio inviato ai 34 mila dipendenti della banca nel mondo in cui ha assicurato di aver preso le denunce “molto seriamente” e che ci saranno ulteriori iniziative.

“Fare la differenza”

L’ad ha però sottolineato che si aspetta che Goldman Sachs continui a rispondere alle alte aspettative dei suoi clienti: “Ricordatevi”, ha insistito nel videomessaggio registrato, “se tutti facciamo quello sforzo in più per il nostro cliente, anche quando sentiamo che stiamo raggiungendo il nostro limite, può davvero fare la differenza nella nostra performance”.

“100 ore alla settimana”

“Vogliamo un posto di lavoro in cui le persone possono esprimere liberamente le proprie preoccupazioni, non esitate a farvi avanti per chiedere aiuto”, ha aggiunto Solomon, impegnandosi a migliorare le condizioni di lavoro e a garantire il sabato libero ai dipendenti più giovani.

Era stato un gruppo di analisti appena assunti della divisione ‘investment banking’ a denunciare turni di lavoro massacranti, fino a 100 ore alla settimana, che mettono gravemente a rischio la loro salute mentale e fisica.

“La privazione del sonno, il trattamento da parte dei dirigenti, lo stress mentale e fisico. Questo va oltre il concetto di duro lavoro’, questo è disumano, è un abuso”, aveva lamentato uno degli analisti.

“L’aberrazione dello Smart working”

Solomon ha peraltro attribuito allo ‘smart working’ (da lui definito in precedenza “un’aberrazione da correggere il prima possibile”) la causa di questo malessere, spiegando che alcuni giovani che lavorano distanza si sono sentiti in dovere di essere collegati 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

“Non è facile e stiamo lavorando duramente per migliorare la situazione”, ha detto. Del resto la pandemia ha fatto sì che per tutto il 2020 “meno del 10% del personale” abbia lavorato in ufficio.

L’ad ha anche espresso preoccupazione per 3.000 nuovi dipendenti in arrivo che a causa del Covid non hanno potuto ricevuto il “tutoraggio diretto” di cui hanno bisogno.

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