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‘Se vuoi dominare gli albanesi devi manipolare gli internazionali’ Incontro con Fatos Lubonja.

Un ponte con l’Albania a cura di Daniela Piesco
Vice Direttore www.progetto-radici.it

Fatos Lubonja, scrittore, giornalista, artista, editore, attivista dei diritti dell’uomo, ex-prigioniero politico.
Nel 1994 ha fondato la rivista trimestrale “Perpjekja” (“Impegno”), – un impegno e sforzo di introdurre lo spirito critico nella cultura albanese.
E’ autore di diversi libri di letteratura e saggistica di cui due pubblicati in Italia: “Diario di un intellettuale in un gulag albanese”, Marco Editore, Lungro, 1994) e “Intervista sull’Albania. Dalle carceri di Enver Hoxha al liberismo selvaggio”, a cura di Cladio Bazzzocchi, Il Ponte, Bologna 2004.
Nelli ultimi anni si e dedicato anche a l’arte tramite installazioni che si inspirano nella magior parte dai ricordi della sua esperienza in prigionia:insieme con Ardian Isufi ha realizzato il l memorabile “Postbllok” (posto di bloco) sull ‘isolamento comunista situato nel viale principale di Tirana.
Ha ricevuto diversi premi in Italia e nel mondo tra qui il Premio Moravia per la letteratura nel 2002.

Da tempo desideravo un confronto con lui 
poiché niente è più visibile di ciò che è nascosto.

L’intervista.

1)Alimentare il mito dell’Albania da paese di emigranti a paese in grado di accogliere, nonostante gli albanesi continuino a lasciare il proprio paese . Dov’è la verità?

Da sempre sostegno che la politica di Edi Rama può riassumersi nella frase che ho coniato proprio per descrivere il suo modo di agire “se vuoi dominare gli albanesi devi manipolare gli internazionali”Con questa espressione intendo significare quanto segue :
Edi Rama vuole coprire gli allarmi dell’Albania, tra i quali, paradossalmente, l’aumento drammatico del numero di albanesi che abbandonano il paese.La sua manipolazione è traversa : egli ha come scopo di manipolare gli italiani e gli europei per poi manipolare soprattutto gli albanesi.
Cosa intendo con questo? Un puro atto di “ipocrisia”. Dozzine di connazionali lasciano l’Albania ogni giorno. E non lo fanno per scelta personale,fuggono perché l’Albania ha strappato loro le speranze, perché hanno un futuro senza prospettive, annegato nella povertà, nell’oppressione e nell’ingiustizia.Lui continua a pensare che il complesso di inferiorità del provinciale, combinato con la mancanza di fiducia nelle istituzioni e nell’élite del paese, fa sì che gli albanesi si inchinino davanti alle valutazioni degli stranieri, zittisce gli avversari e inclina gli indecisi dalla parte degli internazionali.Rama vuole alimentare in Italia l’immagine a cui sta lavorando da tempo, cioè che da paese di emigranti, l’Albania sia diventata paese ospitante (anche di italiani stessi).Ma sia chiaro che la strategia di Rama fa acqua sia in Albania che all’estero.

2)Un paese in pieno sviluppo e ricco d’opportunità. Da dove origina questa nuova immagine diffusa dai media italiani sull’Albania?

Vede,cara Daniela, gli albanesi continuano ancora oggi, come ai tempi della propaganda comunista, a vivere in modo schizofrenico tra due mondi: quello dell’esaltazione dei loro eroi e quello della maledizione dell’attuale stato di miseria, che è conseguenza di quegli stessi miti.In realtà, l’uso del termine “schizofrenia” non ha solo l’accezione psichiatrica, ma anche quella della coesistenza di elementi incompatibili e contraddittori in una stessa realtà, in un libro, in una politica, in un articolo, in un discorso o in un pensiero. Parola quindi usata per esprimere con maggiore potenza quello che in parole più miti si potrebbe definire “contraddittorio” o “incoerente”.Ho qui l’occasione di tornare ancora una volta sul termine : mentre in Albania la criminalità avanza fino a coinvolgere gli affari della famiglia del ministro dell’ordine pubblico, mentre la crisi economica dilaga, in relazione anche alla crisi in Grecia e in Italia, mentre gli albanesi lasciano il paese con ritmi che non si verificavano da anni, nei media nostrani ho visto esaltare un articolo di Roberto Saviano uscito su L’Espresso, in cui l’autore di Gomorra ripropone un ritornello recentemente molto in voga nei media italiani. Una cantilena sull’Albania che cambia, un paese che oggi non è più sinonimo di persone in fuga, ma patria di albanesi che ritornano e di italiani che arrivano.A lasciare senza parole, più che l’Albania descritta da Saviano, è la reazione in rete degli albanesi, felici che finalmente all’estero si parli bene dell’Albania e orgogliosi di essere rappresentati dignitosamente dal loro Primo Ministro, quasi fossero loro stessi convinti che sia tutto vero. Mi sono allora domandato: ma non sono gli stessi che si lamentano senza tregua della situazione del paese? Ecco, è questo tipo di schizofrenia a cui fare riferimento.

3)Schizofrenia naturale o male culturale?

Io credo che fino ad un certo punto sia naturale, considerato che in quanto esseri umani siamo costretti a vivere molte contraddizioni, tra cui una delle più potenti è proprio quella tra il reale e l’ideale, tra i desideri sconfinati e le limitate possibilità di realizzarli. Ma intelligenza, istruzione e cultura prima, politica e giornalismo poi, ci soccorrono per distinguere le differenza tra queste condizioni e per trovare il modo di vivere queste contraddizioni nel modo più sano possibile.Al contrario, noto invece come una cultura perversa del fare politica e giornalismo stia cercando di storpiare ed abusare di queste contraddizioni umane. La politica albanese cerca di manipolare i cittadini attraverso i media internazionali, sfruttando le debolezze di persone che per stare meglio hanno bisogno di autocompiacersi, spesso all’interno di quel complesso di inferiorità che cerca conferme nell’attenzione degli stranieri. Il tutto anche per vendere all’estero questa realtà come una sorta di paradiso e per fare poi di questi articoli e reportage la superficie su cui invitare i cittadini a specchiarsi.Nonché per legittimare il potere e gli autori di un paradiso che in realtà è un inferno. In questo modo, chi non può contare sull’indipendenza di pensiero, rimane suggestionato dall’autorevolezza degli stranieri, riconoscendo nel proprio paese paradiso e inferno nello stesso tempo; passando dall’uno all’altro senza riuscire a capire né dove stia l’inganno, né di chi sia opera.Magari perché dobbiamo essere tutti felici dell’immagine dell’Albania all’estero. E se qualcuno la pensa diversamente, si fa presto ad additarlo come anti-albanese. Ecco, è questa la schizofrenia.

4)Qualcuno può pensare che il premier Rama si adoperi in questo modo per chiamare gli investitori italiani?

Dubito che un italiano decida di venire ad investire in Albania solo ascoltando le parole di Rama ,un imprenditore decide di investire dopo avere messo piede sul territorio; e, a meno che non sia un mafioso – come purtroppo lo sono stati molti italiani che hanno investito in Albania – ci penserà due volte prima di investire in un paese ancora quotidianamente afflitto dalla criminalità.Di base, sono convinto che a sfornare questa immagine illusoria dell’Albania non siano le cucine mediatiche italiane, ma piuttosto quelle di Tirana, d’accordo con il pessimo giornalismo italiano (forse anche con l’Ambasciata d’Italia a Tirana). Questa manipolazione attraverso la copertura dell’Albania reale con la foglia di fico dipinta dai media stranieri coincide con l’insediamento al potere di un nuovo governo, con a capo un genio della manipolazione mediatica, che ha alle spalle un apparato propagandistico (che oggi ci ostiniamo a chiamare network) che proprio per questo lavora e viene ricompensato.E lo scopo di questo lavoro, come dicevo, non è quello di chiamare investitori, ma di manipolare, stordire, far perdere ai cittadini il senso della realtà, il loro pensiero critico.Perché questo lavoro serve al potere, non solo per ampliare prestigio e autorità sui cittadini, ma anche per delegittimare la critica interna, già estremamente debole a causa di un’opposizione screditata e di media e società civile che sono, per lo più, fedelissimi clienti del potere.

5)Per anni abbiamo assistito al modo in cui l’ascesa al potere di Edi Rama nel suo paese ha facilitato e consentito l’impennata del suo profilo di artista sulla scena artistica internazionale, in particolare da quando è diventato Primo Ministro nel 2013. Chiaramente l’immagine di un artista-politico in un momento in cui la politica tradizionale ha grandi difficoltà a immaginare un qualsiasi futuro risulta attraente , l’artista-politico vende – tanto il suo lavoro quanto le sue politiche
Ma come si concilia tutto ciò con l’abbattimento di importanti monumenti o istituzioni storiche?

Non dovrebbe sorprendere quindi che, in netto contrasto con la carriera artistica del suo Premier, in Albania la vita culturale sia diventata sempre più precaria. Le fonti di finanziamento per i produttori culturali indipendenti scarseggiano e tutto quello che non è finanziamento statale viene principalmente incanalato nei progetti di vanità del governo. Pertanto, mentre somme di denaro mai dichiarate sono state utilizzate per l’apertura di un centro di arte contemporanea all’interno del palazzo della Presidenza del Consiglio, tutte le altre istituzioni culturali nazionali sono sistematicamente sottofinanziate e mal gestite. Anche il patrimonio culturale è sotto minaccia, in particolare il patrimonio archeologico romano e bizantino dell’Albania. Allo stesso modo, la maggior parte dei monumenti culturali di Tirana risalenti al periodo ottomano è già stato demolito per fare spazio a progetti di edilizia sostenuti dal governo, mentre è stata lanciata anche l’idea di demolire la Galleria Nazionale delle Arti, un altro punto di riferimento architettonico e parte del patrimonio culturale della capitale.Inoltre ricordo la distruzione delle bellissime ville italiane, dello Stadio e del teatro nazionale.L’albania è come se non avesse più né storia ne memoria .

6)In particolare , perché, secondo lei è stato demolito iL TEATRO NAZIONALE?

La demolizione dello storico edificio del Teatro Nazionale il 17 maggio scorso, appena due giorni prima che le gravi restrizioni attivate in Albania a causa del COVID-19 fossero revocate, segna un punto di non ritorno. Costruito dal regime fascista italiano nel 1939, l’edificio è stato anche un importante promemoria del dominio comunista in Albania, avendo ospitato il primo “show trail” nel 1945. La recente demolizione del teatro giunge dopo due anni di resistenza da parte di attori, scrittori, artisti e attivisti e solo poche settimane dopo che l’edificio è stato inserito tra i sette siti del patrimonio culturale più a rischio in Europa da parte dell’Associazione Europa Nostra e dopo che la Commissione europea ha fatto appello al dialogo circa la sua conservazione. Tale azione è stata preceduta da numerosi atti incostituzionali e illegali in vari livelli dell’amministrazione pubblica, mentre erano ancora in corso un ricorso presso la Corte Costituzionale e un’inchiesta anticorruzione riguardo al trasferimento della proprietà del teatro dall’amministrazione centrale a quella locale. Gran parte del terreno pubblico su cui sorgeva il Teatro Nazionale è stato destinato ad essere trasformato in grattacieli e centri commerciali di proprietà privata, situati ovviamente sulla zona immobiliare più costosa di Tirana. Il governo ha ammesso pubblicamente di non avere il budget per ricostruire il teatro. Questo edificio, e tutto ciò che era custodito al suo interno – costumi, oggetti di scena e archivi di oltre ottant’anni di storia del teatro albanese – è stato demolito nel cuore della notte di domenica 17 maggio 2020, accompagnato da atti di gratuita violenza da parte della polizia, che ha bloccato tutte le comunicazioni elettroniche nell’area e effettuato arresti a caso.I “valori” e i “colori” del lavoro di Edi Rama come artista, i suoi discorsi e le sue interviste sulla scena artistica internazionale e il meccanismo promozionale che circonda la sua carriera differiscono come il giorno e la notte dalle politiche che il suo regime sta attuando in Albania.

7)Qual’è LA SITUAZIONE DELLA STAMPA?

Il governo di Edi Rama ha sistematicamente osteggiato la libertà di parola e di espressione. I giornalisti vengono sistematicamente attaccati – sia verbalmente che fisicamente, minacciati e ricattati, licenziati per aver denunciato casi di corruzione e criminalità organizzata, o semplicemente per aver criticato il governo Rama. I programmi televisivi sono stati improvvisamente sospesi, incluso Públicus nel 2016, proprio prima di trasmettere un’inchiesta sulla morte di Ardit Gjoklaj, un lavoratore minorenne rimasto ucciso in un incidente sul lavoro in una discarica di proprietà del governo. Inoltre, canali televisivi sono stati chiusi, l’ultimo caso riguarda Ora News TV questo mese per una presunta violazione delle misure di distanziamento sociale, ma in realtà perché si tratta dell’unica rete televisiva ancora critica nei confronti del governo. Tutte le altre principali reti di informazione sono di proprietà di uomini d’affari vicini al governo di Edi Rama. D’altra parte, il Premier comunica principalmente attraverso i social media, incluso il suo canale video ERTV su Facebook, le cui ingenti risorse finanziarie rimangono tuttora sconosciute e non verificabili.Organizzazioni di monitoraggio dei media quali il Centro Europeo per la Stampa e la Libertà dei Media (ECPMF), la Federazione Europea dei Giornalisti (EFJ), l’Istituto Internazionale della Stampa (IPI), Reporter Senza Frontiere (RSF) e il Comitato per la Tutela dei Giornalisti (CPJ) hanno ripetutamente denunciato il deterioramento della libertà di stampa in Albania. La loro condanna ha raggiunto l’apice tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, quando il governo albanese ha ripetutamente cercato di far passare in parlamento il cosiddetto disegno di legge “Anti-diffamazione“, che conferisce a un’agenzia che risponde al Consiglio dei Ministri il potere di multare e persino di chiudere i media online con prove minime e senza alcuna supervisione da parte della magistratura. Circa nello stesso periodo, il parlamento albanese ha anche approvato una legge ancora più preoccupante, la cosiddetta legge “Anti-KÇK”, spianando la strada alla creazione di una struttura di polizia “d’élite” che, tra le altre cose, può effettuare intercettazioni elettroniche e perquisizioni nelle abitazioni, nonché fermare e trattenere “sospettati” senza un ordinanza del tribunale.

8)Che mi dice della ‘riforma della giustizia?

Mentre la violazione dei diritti umani da parte e sotto l’egida del governo di Edi Rama non è certo una novità, la creazione di un quadro giuridico per l’abolizione o la sospensione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini albanesi da parte dell’esecutivo in toto risulta oggi particolarmente allarmante. Edi Rama ha spietatamente sfruttato quattro momenti chiave per raggiungere tale obiettivo. Vale a dire, il vuoto istituzionale e di potere creato dalla cosiddetta “riforma della giustizia” a partire dal 2016, a seguito della quale l’Albania non ha né una Corte costituzionale pienamente funzionante né una Corte Suprema funzionale; la decisione dei parlamentari dei due principali partiti di opposizione di rimetter i mandati all’inizio del 2019, lasciando l’Albania senza un parlamento funzionale; le elezioni amministrative anticostituzionali con un solo partito in gara tenutesi nel giugno del 2019, che hanno consentito al Partito Socialista di Rama di ottenere il controllo di praticamente tutti i comuni del paese; e, infine, il disastroso terremoto del 26 novembre 2019 e la pandemia del Covid-19 a seguito della quale l’Albania ha dichiarato e continua ad estendere lo stato di emergenza, più o meno legalmente, parallelamente all’attivazione di una serie di draconiane misure di sicurezza.

9)In sintesi :Dittatura , democrazia o post democrazia?

Ecco vede l’Albania non ha mai conosciuto la democrazia ma è passata dalla dittatura alla post democrazia .Di tale concetto sono l’artefice e il creatore anche s’è la parola post democrazia è presa a prestito da Colin Crouch.In questa storia, l’Albania ha avuto esperienze comuni con gli altri paesi ex comunisti, ma anche delle peculiarità che non le hanno concesso di vivere la democrazia.Ci sono molti dati che dimostrano che negli ultimi 30 anni, più che verso il modello ideale occidentale dello “stato di diritto”, l’Albania si è in realtà mossa nella direzione opposta. Basta menzionare tre fatti importanti.In primo luogo, l’economia albanese, che è sempre stata debole, informale e legata alla criminalità e che negli ultimi anni si alimenta sempre di più con il denaro del crimine organizzato; per constatare quest’ultimo basta considerare il boom delle dell’edilizia a Tirana, le cui risorse finanziarie sono assolutamente ingiustificabili con la piccola parte sana dell economia.In secondo luogo, a causa di questo fenomeno socio-economico, la politica albanese è diventata sempre di più collusa con gli interessi della criminalità organizzata, degenerando in un sistema sempre più autoritario con spazi democratici sempre più circoscritti; l’ingresso negli ultimi anni di trafficanti e assassini in Parlamento, – fenomeno che negli anni ’90 era inimmaginabile – non è una coincidenza.In terzo luogo, a causa della disperazione causata da questa transizione senza prospettiva, il numero di albanesi che ha lasciato il paese è aumentato drasticamente negli ultimi anni (secondo un sondaggio Gallup svolto negli anni 2015-17, circa il 60% degli albanesi vorrebbe emigrare ).Per questo motivo, a differenza di quanto proclamano gli euroburocrati occidentali, oggi si può parlare solo di insediamento di un regime autoritario che tende a peggiorare.Ma perché questi esperti inviati da Bruxelles persistono nell’affermare che l’Albania ha compiuto passi in avanti? E peraltro, ultimamente, occupandosi dello sviluppo nei loro paesi, osano mettere in dubbio il mito del progresso, nel mentre parlano di pericolosi passi indietro. Probabilmente questo è dovuto al fatto che le cause della crisi, sia nei Paesi come l’Albania che negli altri stati europei, sono un comune denominatore.Nei primi anni ’90, è stato introdotto il principio di “la fine della storia”. Un neoliberismo trionfante sul socialismo reale e radicale (chiamato anche Statalismo o Capitalismo di Stato) basato sull’idea della Thatcher: “Non c’è società, esistono solo gli individui”. Per il futuro non sarebbe rimasto altro compito che espandere questo modello nel mondo tramite la globalizzazione anche come reazione ai falliti modelli di socialismo. Inoltre, abbiamo dimenticato che gli esseri umani sono anche sociali. Essi, oltre al bisogno di pensare alla vita individuale, necessitano di un progetto sociale che colleghi il presente con il passato e il futuro. Il trionfo dell’homo economicus, che ha creato l’illusione di una maggiore libertà e ricchezza per l’individuo, ha invece aperto la strada a un egoismo sfrenato accompagnato dall’impoverimento della maggior parte delle persone e dall’arricchimento di pochi.Questa crescente polarizzazione ha prodotto in Occidente la post-democrazia (Colin Crouch), un sistema in cui il processo decisionale è determinato sempre più dagli interessi di una minoranza assetata di danaro e dal potere dei politici che si stanno rivelando sempre di più semplici gestori degli interessi economici dei pochi, lasciando la maggioranza sempre più atomizzata e sradicata dalla rappresentanza politicaIl malessere di un certo numero di paesi come l’Albania è, nello stesso tempo, retaggio del passato e frutto della post-democrazia, prodotta dal neoliberismo, e della globalizzazione.

10)Perché?

Ripeto perché paesi come l’Albania sono passati direttamente dalla dittatura alla post-democrazia senza aver conosciuto la democrazia. E ciò, non avviene negli altri paesi già membri dell’Unione europea dove si è cercato di creare la reazione immunitaria al neoliberismo, alla globalizzazione e alla post-democrazia. In secondo luogo, perché le minoranze occidentali al potere agiscono in un quadro molto più controllato dalla legge e dalle istituzioni di checks and balances, mentre l’oligarchia e la criminalità organizzata in Albania agiscono senza alcun controllo. In uno stato totalmente nelle loro mani, le istituzioni non sono altro che il prolungamento del potere economico.Il sostegno degli euroburocrati a favore dei passi in avanti dell’Albania, in termini d’integrazione europea, deriva essenzialmente dal rifiuto di riconoscere i fallimenti che il neoliberismo e la globalizzazione hanno prodotto, sia nel loro territorio, sia nel progetto europeo. Per quanto si sforzino di preservare la narrazione della transizione, in realtà gli euroburocrati non ammettono di essere affetti da una malattia così grave.In questo sforzo, essi hanno in comune con gli autocrati dei Balcani occidentali la necessità di preservare la narrazione della transizione come ideologia del potere. In comune, inoltre, il bisogno di sostenersi a vicenda. A questo modo, enfatizzano la percezione delle minacce e addossano le colpe ai movimenti etichettati come “populisti di sinistra”, “populisti di destra” oppure ai nemici, come la Russia.Così facendo, peraltro, distraggono l’attenzione dai gravi errori che loro stessi hanno commesso in questi ultimi tre decenni.

Grazie Fatos

Daniela Piesco Vice Direttore www.progetto-radici.it

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