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V a l z e r  v i e n n e s i

Fu felice d’essere finalmente sola, in macchina, per ascoltare ancora quella musica, i valzer viennesi che lui le aveva lasciato.

L’assaporò ancora, profondamente, quasi respirandola. E come fosse l’essenza di un mistico profumo, la sua anima ne fu in tutto pervasa.

La musica esalava sentimento; nelle sue volute romantiche lo esaltava.

Era un prorompere dal cuore, un’irragionevole pienezza, un’irruzione gioiosa che declinava poi, in un punto, in una malinconia esile e dolce. E l’insinuarsi di quella vena sottile attenuava quella gioia, come una riflessione sull’effimero, ne spegneva la certezza abbagliante.

I suoi occhi, all’interno, videro, nella grande sala illuminata, l’ampio vorticare degli abiti femminili, di foggia ottocentesca, splendidi e sontuosi, i piccoli civettuoli accenni degli sguardi, i ventagli, le acconciature, le trine delicate…e la figura di lui, slanciata volteggiare al ritmo grandioso e solenne di quella musica: una divisa da ussaro con mantellina rossa assecondava l’eleganza dei movimenti; aveva calzoni bianchi e aderenti e una donna bellissima tra le braccia.

Rimase ad ammirare rapita il fascino di quella figura tanto nobile, tanto sicura di sé, e lo splendore di tutta la scena.

 Tutta quella dolcezza e bellezza la ferivano. La sicurezza di lui, l’armonia del suo gesto erano  emozione e  piacere che sprofondavano in lei senza mai avere un fondo e questo, profondamente le doleva.

Ogni altra cosa era dileguata: la strada non era più la strada. E niente si snodava in lei se non quella scena, l’abitacolo nel quale stava rinchiusa era un mero lontanissimo accidente. Era solamente il suo profilo, il suo sguardo, le sue spalle erette ed eleganti in quell’eterno volteggio. I moti ampi, armoniosi di quella figura possedevano la nota di una grazia seducente, olimpica, che confluiva compiutamente in quella musica e corrispondeva alla bellezza della donna al suo fianco.

Ne sentì i sensi invasi alleggerirsi e staccarsi in rapimento da sé. Non solamente la musica, ma gli sguardi, le parole pronunciate erano le più perfette e reali nella sfera assoluta della sua anima. Più reali della realtà stessa nella quale doveva stare immersa; ed ella soffrì d’essere solo una spettatrice della scena che avveniva nel più profondo di sé.

 Rossella Cerniglia

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