Una linea timida e subalterna che lo ha portato ad eleggere l’ ex premier Conte come il leader del fronte progressista, abdicando in maniera frettolosa ad essere forza politica guida del Paese.
L’ ultimo atto, dopo aver votato il governo Draghi; è stato quello di dar vita ad un intergruppo parlamentare con il M5s e LEU. Una scelta che denota una mancanza di visione futura e di una strategia vincente. Il PD naviga a vista ormai da parecchio tempo. Una linea timida e subalterna che lo ha portato ad eleggere l’ ex premier Conte come il leader del fronte progressista, abdicando in maniera frettolosa ad essere forza politica guida del Paese. Ha subito la crisi, non uscendo mai dallo steccato perdente di ” Conte o morte “, cercando di raccattare qualche senatore disperso senza comprendere che i voti non ci sarebbero stati e non capendo che i grillini erano disposti a tutto anche a mollare Conte, pur di rimanere al governo. Non hanno saputo gestire l’ accelerazione di Renzi, finendo in un vicolo cieco, da dove li ha salvati Mattarella. Un partito ancora diviso per vecchie correnti. E si è visto alla nomina dei ministri. Un Cencelli interno perfetto. Seguendo gli input dell’ ideologo extraterritoriale Bettini si è scelto di guardare alla sinistra laburista inglese. Sempre perdente. Si è accantonato un progetto più vasto che lavorasse per dar vita ad una grande forza con radici riformiste e un tocco di liberal. La nebbia aumenta e il congresso si avvicina.
Roberto Caputo