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Quelli che fanno gli indiani

E’ stupefacente come la maggior parte delle persone non si renda ancora conto che la narrazione pandemica ha per suo scopo principale la regressione sociale e non perché non sia in grado di comprenderlo, perché non lo scorga attraverso il velo di idiozie e di contraddizioni del governo di tronisti o non ci si trovi direttamente coinvolto, ma perché ha una sorta di benda volontaria che le impedisce di guardare dentro l’abisso: ammettere una eterogenesi  dei fini in questa sorta di commedia medico – umanitaria significa solo due cose o arrendersi o combattere per qualcosa di nuovo visto che alla vecchia “normalità” non si può comunque tornare visti gli enormi danni già scientemente arrecati all’economia reale,  cosa che del resto  dicono apertamente gli ideatori e gli sceneggiatori della pandemia, anche a un livello infino, basta badare alle parole di Monti e di Letta .

Ma forse a guardare troppo vicino le cose possono sfuggire, soprattutto se si cerca di n on vederle, mentre allungando lo sguardo tutto diventa più chiaro: per esempio si può vedere cosa succede in India dove tra novembre e dicembre scorsi 250 milioni di contadini hanno organizzato numerose e gigantesche manifestazioni di protesta, compreso un immenso corteo di dieci milioni di persone a Nuova Delhi. Di tutto questo, comme d’habitude,  la mostra informazione non ha parlato se non di striscio  anche perché avrebbe dovuto dire che sfruttando in maniera opportunistica la pandemia, il governo ha varato nel settembre scorso una completa revisione delle leggi sul lavoro che investono in pieno anche il settore agricolo che di solito viene tutelato nelle sue specificità rispetto alle attività manifatturiere.

In particolare tre nuove leggi sull’agricoltura, invece di venire in soccorso di milioni agricoltori già in difficoltà che si sono moltiplicate con la crisi pandemica,  prevedono una forte liberalizzazione del settore, un minore intervento da parte dello Stato, minori restrizioni per quanto riguarda l’accumulo delle derrate alimentari e un nuovo quadro legale per i contratti tra i contadini e le società agricole che tuttavia non prevede alcun meccanismo per fissare il prezzo dei prodotti che esse acquistano dagli agricoltori.

La concorrenza creata da questa liberalizzazione mette ovviamente in grande difficoltà i piccoli e medi produttori i che non riescono ad essere competitivi quanto le grandi aziende. Quest’ultime acquistano le terre dei contadini in fallimento che non riescono più a saldare i debiti e così questi nuovi diseredati sono costretti a migrare verso le città per cercare un nuovo lavoro in un settore non agricolo. Tuttavia, questi impieghi sono spesso mal tutelati e le opportunità di lavoro sono scarse in quanto la maggioranza degli abitanti del Paese è attualmente impiegata nel settore agricolo. Insomma siamo di fronte a un disastro sociale grazie al quale le grandi aziende e le multinazionali che costituiscono l’effettiva governance globale da una parte acquistano terra scacciandovene gli agricoltori ( è la medesima cosa che sta facendo Bill Gates, l’uomo che si potrebbe definire il sistema operativo della pandemia e dei vaccini) mentre dall’altro creano un sottoproletariato suburbano che potrà essere utilizzato come forza lavoro a costo minimo da altri settori produttivi o rimanere un area sociale tenuta in vita con sussidi e totalmente dipendente dal potere.

Siamo dunque nella scia di ciò che sta accadendo dovunque:  attraverso le misure di segregazione si colpiscono le attività economiche medie e piccole affinché possano essere assorbite dalle grandi, creando così grandi sacche  di disoccupazione e di povertà. La pretestuosità di tutto questo è evidenziata ancora una volta dall’India dove il tasso di letalità presuntivamente attribuito al Covid è intorno alle 10 persone ogni 100 mila, vale a dire un tasso di mortalità dello 0,01 che è di almeno dieci volte inferiore rispetto a quello dell’influenza: la mistificazione non potrebbe essere più chiara di così. Svegliatevi fin che siete in tempo e cercate di non fare gli indiani. Anche perché non ci vorrà molto perché anche da noi cominci la “requisizione” di terreni agricoli causa pandemia.

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