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Concorrenza sleale

È stata la Stampa – quella dello Specchio dei tempi, che va in sollucchero per certi bozzetti di cronaca cittadina,  comprese qualche anno fa quelle che aggiornavano sul sacrosanti pogrom punitivi contro   cittadini italiani di etnia rom, accusati di stupro da una ragazzina che tentava di coprire così una fuga da casa – a pubblicare con relativa locandina pubblicitaria gratis, la notizia dell’intraprendente proprietario di un bar di Cuneo, che si sta preparando a servire il caffè solo ai “clienti vaccinati”.

A ben vedere si tratta di un caso evidente di concorrenza sleale, tale da suscitare nel lettore che si illudesse di poter esercitare libera opinione e anche liberi consumi senza dover esibire quel certificato di sana e robusta costituzione interdetto ormai all’Italia, il desiderio bastardo che questa selezione profilattica produca esiti sul suo fatturato talmente dissuasivi da farlo recedere dall’incauta trovata pubblicitaria.

Ma d’altra parte mica ci stupiamo per questo.

In attesa che si materializzi il patentino immaginato da Arcuri  nella hall dei suoi padiglioni, sotto forma di plastica a punti per il  sorteggio di premi e cotillon, già idealizzato da De Luca, in attesa che venga preso in parola il Toti icastico selezionatore di “improduttivi” che ha dichiarato: “visto che sono già state violate le libertà costituzionali di movimento e di impresa, perché non si potrebbe imporre per legge a tutti il vaccino?”, in attesa che venga meglio spiegato quell’articolo 5 dell’ultimo Dpcm che configura per “soggetti incapaci” ricoverati  presso  strutture  sanitarie assistite che si rifiutassero di sottoporsi al vaccino il trattamento obbligato, quello fortemente raccomandato dal filosofo Galimberti per disobbedienti e eretici della scienza, assimilati ai matti comuni. E in attesa di una certificazione per andare al cine, salire in aereo, soggiornare in hotel, ma pure lavorare in tutti i settori a contatto con il pubblico come vuole Ichino e anche per gli altri come postula   un vice ministro della Salute, impegnato a combattere le disuguaglianze, ecco, in attesa, possiamo già dire che si può definire concorrenza sleale la campagna per l’esclusiva che ha permesso a Pfizer in regime di monopolio di occupare il mercato italiano con un prodotto non sufficientemente testato.

E credo si possa definire così la pressione esercitata per battere i competitori con gli strumenti di una lobby prepotente per aggiudicarsi  il consenso incontrastato di governi che hanno rinunciato a qualsiasi forma di sovranità anche in materia di tutela della salute, ormai promossa a unico diritto universale e unico interesse generale, anche grazie al favore di rappresentanti di una cerchia di tecnici e scienziati che ha fatto della neutralità un vizio da combattere coi vaccini della  repressione e della  censura perfino all’interno della corporazione.

Tanto che nessuno si interroga sulla possibilità e opportunità di ricorrere a preparati di altra casa produttrice o di combinare più marchi diversi e, meno che mai, sullo stato dall’arte di eventuali protocolli curativi finora negletti in attesa della panacea.

E dovevamo aspettarcelo perché la “moral suasion” esercitata dalle autorità è stata così perentoria da produrre effetti più potenti di un obbligo o un comando,  sicchè la vaccinazione con il logo Pfizer come l’LV di Vuitton spopola talmente da assumere la qualità di una dimostrazione di senso civico progressista, illuminato e dunque superiore per censo, cultura e qualità morale, quindi legittimato a esercitare una “doverosa” violenza sanzionatoria e repressiva, quella che richiede Tso, obbligatorietà, licenziamenti , ostracismi, emarginazione per i renitenti, tutti arruolati insieme a Pappalardo, Agamben, Montesano e Montagnier nelle file di Salvini e Meloni.

Perché, come mi è capitato di scrivere (anche quihttps://ilsimplicissimus2.com/2020/12/30/sinistra-di-pfizer-e-di-governo/  ) il vaccino e dunque l’accettazione fideistica del parere della scienza e delle “raccomandazioni” che assumono particolare perentorietà in veste di Dpcm, ha assunto la forma di una patente di antifascismo come piace a quella che si definisce “sinistra” a intermittenza, quella light di governo con Bella Ciao sul balcone, senza lotta, senza resistenza, senza coscienza di classe,  che consente di rivendicare  l’appartenenza documentata al  consorzio civile e che si prodiga per emarginare e criminalizzare chi non si adegua, ignorante e rozzo primitivo militante contro quel Progresso che ci ha regalato gli antibiotici, lo smartphone e, ma casualmente, la bomba risolutiva su Hiroshima.

E in effetti è concorrenza sleale contro un pensiero e una idealità “altra” la scelta dei governi di puntare tutto sui vaccini, che permettono di non incidere  sulle cause di fondo che hanno generato il problema, di consolidarsi alternando terrore e poi speranza, oltre che di far fare affari d’oro a cupole che potrebbero restituire il favore con appoggi di vario genere. Affari che in futuro sono destinati a ripetersi e moltiplicarsi poiché se si cerca maldestramente di gestire gli effetti, non sono state rimosse le origini e le fonti, inquinamento, tagli all’assistenza, cessione della ricerca all’industria,  caduta degli standard professionali della classe medica, urbanizzazione, cancellazione delle garanzie del lavoro che espone gli addetti ai rischi dell’insicurezza e della precarietà.

Non a caso il dibattito pubblico in pieno declino dell’Occidente si è ridotto alla polarizzazione delle posizioni “vaccino si” e “vaccino no”,  a dimostrazione che la civiltà superiore delle libertà le ha consumate all’osso, liberalizzando insieme ai capitali, all’avidità accumulatrice della finanza, alla supremazia degli interessi particolari, il controllo sociale, la gestione amministrativa oltre che giudiziaria e penale dei conflitti di classe, il sopravvento e l’ingerenza delle tecnologie, un governo dell’ordine pubblico impiegato per tutelare i privilegiati, rassicurare i penultimi e marginalizzare e criminalizzare gli ultimi.

Questa normalità cui vogliono abituarci, mantenendo la provvidenziale confusione, la manipolazione dei dati, l’insensato quadro in continuo divenire di proibizioni, sanzioni, licenze, cromatismi, ha come effetto, ormai decisamente voluto, il permanere dell’eccezionalità sfuggita al controllo di un esecutivo di rissosi partner che litigano come gli ubriachi fuori dall’osteria dove hanno il pieno, limitando il dibattito pubblico, alla contemplazione degli urli, dei rifacci e dei piagnistei degli avvinazzati che si contendono la damigiana che viene da fuori, da dove altri più attrezzati si preparano a approfittare con più profitto di tutte le scorciatoie e di tutte le opportunità decisionali.

È così che si mantiene il consenso obbligatorio alla stregua del trattamento sanitario a un governo che si mantiene grazie all’emergenza e che quindi all’emergenza non può e non vuole rinunciare pena la sua sopravvivenza.

È così che si è determinato uno stato di eccezione pubblica e individuale, grazia al quale ci sentiamo costretti,  per la difesa della sopravvivenza biologica –  l’unica cosa che conta e che  va difesa – a  ripudiare democrazia, diritti, relazioni sociali e affettive. In sostanza, la vita.    

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