Calano imprese (-9 unita’ tra calzaturifici e produttori di parti) e addetti (-238)</p>
Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici: “La reintroduzione di misure restrittive, gli acquisti natalizi compromessi e la ripartenza della domanda di nuovo rinviata avranno gravi ripercussioni sulle capacità di tenuta del settore”
Il comparto calzaturiero in Italia ha sperimentato nel terzo trimestre dinamiche un po’ meno sfavorevoli, ma comunque ancora non positive. E’ quanto emerge dai dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, che evidenziano nel periodo esaminato cali a doppia cifra nel fatturato delle aziende raggiunte dall’indagine (-26,6%). Solo il 14% degli intervistati ha dichiarato di aver superato, o quantomeno eguagliato, il fatturatodel terzo trimestre 2019, mentre più della metà del panel ha denunciato un calo compreso tra il -20 e il -50%. Dati che trovano riscontro nell’indice della produzione industriale di Istat, che ha registrato in luglio-settembre un -17,4%. Il calo da inizio anno resta considerevole, in tutte le variabili.
“I dati cumulati dei primi 9 mesi dell’anno – spiega Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici – ci mostrano un settore messo a dura prova dall’emergenza sanitaria. Registriamo contrazioni attorno al 20% in volume per consumi interni (-17,8%) e vendite estero (-20,1%), forti arretramenti nella produzione industriale (-29,4%) e una riduzione media di un terzo (-33,1%) nel fatturato delle aziende associate. Flessioni generalizzate, quasi sempre a doppia cifra, sui principali mercati di sbocco, con l’attivo del saldo commerciale che si è ridotto del -18,1%. I primi timidi segnali di rientro alla “normalità” nella domanda, sia internazionale che interna (a settembre export e acquisti delle famiglie italiane avevano eguagliato i volumi dell’analogo mese 2019), rischiano di essere subito annullati dalla seconda ondata pandemica, con gravi ripercussioni sulle capacità di tenuta del settore, che ha visto ridursi ulteriormente nel 2020 il numero di imprese attive (-101 nei primi 9 mesi) e di addetti (sceso di circa 2.600 unità). Considerando anche i produttori di componentistica, i saldi negativi salgono a -231 imprese e -3.454 addetti. Il ricorso alla cassa integrazione guadagni ha raggiunto l’ennesimo record (+930% nei primi 10 mesi dell’anno nella filiera pelle, con +1267% ad ottobre). Forte è la preoccupazione per i mesi a venire”.
A livello regionale in Puglia nei primi 9 mesi del 2020, il numero di imprese (tra calzaturifici e produttori di parti) ha registrato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, una variazione pari a -9 unità, tra industria e artigianato, accompagnata da un saldo negativo di -238 addetti nelle localizzazioni attive.Sul fronte dell’export si registra una flessione del -21,8% in valore sui primi 9 mesi 2019; in particolare il 3° trimestre ha evidenziato un -14,8%, in miglioramento rispetto al -35,4% tendenziale fatto segnare nel 2°. Le prime 5 destinazioni per export sono: Francia, Germania, Albania, Spagna, Regno Unito.
Nel dettaglio, relativamente al mercato interno nazionale, i dati cumulati dei primi 9 mesi mostrano contrazioni degli acquisti delle famiglie italiane del -17,8% in quantità e del -23% in termini di spesa, con prezzi medi in calo del -6,3%, anche per il maggior utilizzo, nei mesi di quarantena, di pantofoleria e calzature ad uso domestico di minor valore medio unitario (oltre che per il minor numero di cerimonie e occasioni di utilizzo). Secondo il Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca per Assocalzaturifici, i segmenti merceologici più colpiti risultano quelli delle scarpe “classiche” per uomo e donna (con cali attorno al -30%), mentre per le calzature da bambino e le sportive/sneakers le flessioni sono comprese tra il -15 e il -20%. Meno pesante, come anticipato, la frenata per il segmento pantofoleria/relax, sceso del -7,4% in paia e del -6,8% in spesa.
Malgrado il boom delle vendite online, si profila dunque un 2020 nero per gli acquisti in Italia, considerato anche il crollo dei flussi turistici dall’estero e dei mancati introiti da essi derivanti, soprattutto per le fasce lusso.
Le esportazioni nazionali, che da sempre costituiscono il traino del settore, hanno subìto nei primi 9 mesi dell’anno una contrazione del -20,1% in quantità, con un -17,2% in termini di valore. Complessivamente sono stati esportati da gennaio a settembre, operazioni di pura commercializzazione incluse, 127,1 milioni di paia (quasi 32 milioni in meno rispetto all’analogo periodo del 2019) per 6,4 miliardi di euro. Prezzi medi in aumento del +3,6%.