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Turismo grottesco

Avete visto che aveva ragione la fantascienza profetizzando gli effetti aberranti del  progresso illimitato che ci avrebbero riportato all’età della pietra?

Avete visto che avevano ragione i complottisti, che se pure non c’era stata una cospirazione all’origine della pandemia, poi il sistema totalitario avrebbe saputo trarne profitto per toglierci diritti e conquiste, in nome di una nuova barbarie che separa sempre di più noi “umani” dai poteri egemoni, istituzionali, scientifici, tecnologici che vogliono rimuovere gli strati di ragione, sapere, conoscenza, per far posto alla loro intelligenza “artificiale” riportandoci nelle caverne?

E figuriamoci se non approfittava dello spirito  del tempo l’immaginifico Ministro Franceschini, per lanciare un nuovo brand primordiale, quello del turismo della pietra creando  un Fondo, con una dotazione di 4 milioni di euro per l’anno 2021, finalizzati alla tutela e valorizzazione delle “aree di interesse archeologico e speleologico”, grotte naturali e complessi carsici da riqualificare e valorizzare grazie a innovativi impianti di illuminazione, di sicurezza e, potevano mai mancare?  multimediali , per concretizzare anche là le promesse della digitalizzazione.

Che lungimirante, ha proprio pensato a tutto, perché “quando tornerà il turismo internazionale, ha presagito, ci troveremo di colpo ad affrontare degli eccessi di crescita, a dover affrontare il tema degli affollamenti e dei ticket d’ingresso nelle città”.  

Meglio quindi dirottare gli assembramenti e i pellegrinaggi dei forzati dello svago nelle miniere dismesse della Sardegna, nelle grotte care a Slataper, verso le buie spelonche dell’Amiata, in modo da  “distribuire equamente il turismo su tutto il territorio nazionale”, lasciando le città d’arte a disposizione di viaggiatori sopraffini in regime di esclusiva, anche grazie al contributo del Recovery Found. I cui finanziamenti benevoli e generosi serviranno alla “riqualificazione delle strutture ricettive, per non puntare su un turismo di tipo mordi-e-fuggi, bensì su un turismo di alta qualità con alta capacità di spesa”.

E lui ci ha già pensato grazie ai prodighi e fertili uffici della Cassa Depositi e Prestiti, sempre quella, che ha stanziato  250 milioni “dedicati” a resort di lusso diHotelturist S.p.A. e Valtur, TH Resorts in partnership con Club Med, a grandi catene alberghiere multinazionali, con Forte in testa.

Sempre grazie alla partita di giro dei nostri stessi soldi erogati a termine dall’Ue, per superare la crisi che ha messo in ginocchio il comparto (il 2020 si chiude con 53 miliardi di euro in meno rispetto al 2019 e per i primi tre mesi del 2021 si stima una perdita di ricavi di 7,9 miliardi di euro) il piano del titolare del Mibact che a ogni riconferma giura ancora una volta la sottomissione alle leggi del mercato, riconferma la volontà di potenziare il sistema delle Grandi Opere, purché non siano quelle celebrate nei templi della lirica, o i tesori dell’arte contenuti nei musei chiusi, o i testi sacri della lingua in archivi e librerie interdette a esperti e studiosi ai quali in cambio si promette un insensato  progetto ad hoc, un museo “dedicato”  in una Firenze che non è in grado di mantenere a disposizione del pubblico quelli civici.

E infatti si tratta invece degli interventi per realizzare o completare  aeroporti e ferrovie con treni ad alta velocità per arrivare in tutto il Paese. Così a dimostrazione dell’unità di intenti con il dicastero della collega di partito De Micheli, determinata a dare una mano ai dinamici sindaci di Parma, Pavia  e Firenze, c’è tutto un concorde fervore di opere per potenziare scali ridotti a mesta archeologia aeroportuale, e a riportare in cima alle priorità improcrastinabili la Tav, quella “storica” ma pure quella Napoli-Bari, o quelle locali, sotto le pietre e i selciati delle città d’arte, mentre in dieci mesi non è stata capace di  formulare una strategia per potenziare i trasporti pubblici zeppi di pendolari, lavoratori e studenti di serie B, colpevoli di produrre e studiare come una volta, non da “remoto”.

Ci fanno sapere che sono interventi di interesse generale perché finalmente uniranno il Sud pigro e indolente, immeritevole di tanta bellezza paesaggistica e artistica, all’opulento Nord motore di sviluppo e civiltà sia pure con qualche recente défaillance, e che potrà contribuire ai destini della madre patria adeguando i suoi territori all’Utopia dei Grandi Artefici, i Farinetti di Pea, il Briatore che vuol fare del mezzogiorno la Sharm El Sheik d’Europa, il Franceschini che sogna di convertire la Sicilia in un susseguirsi di green per il golf di americani, tedeschi e giapponesi  al cui servizio in veste di alacri caddies dovranno prestarsi i cittadini di quella Italia “minore” come la chiama lui, rispetto a quella maggiore delle città in fallimento, inquinate, espropriate dei loro beni comuni, risorse, cultura, bellezza, in modo da condannare anche i “cafoni” alla stessa sorte di moderna servitù.

Non so voi, ma io mi sento offesa e dileggiata da un governo che ha affrontato quella che ha definito una crisi sanitaria promuovendola a emergenza sociale, senza affrontare e risolvere i problemi e gli squilibri che l’hanno prodotta e acutizzata, ma devastando il tessuto produttivo, incrementando precarietà e disoccupazione, devastando interi comparti, generando insicurezza e sfiducia e che poi ha la faccia di tolla di proporre la ripopolazione di borghi, come presepi di offrire ai visitatori in forma di ostelli diffusi con comparse e figuranti in costumi tradizionali, il business dei cammini religiosi (“abbiamo cento Santiago di Compostela”, si compiace l’inossidabile Ministro) per farci capire che non  ci resta che confidare nei santi, o il percorso delle ferrovie inutilizzate che suona come un affronto a un Paese nel quale la capitale della cultura è dotata di una stazione dalla quale non partono né arrivano treni, nel quale due convogli a gran velocità si scontrano lungo un tratto a binario unico, nel quale un treno merci deraglia in piena stazione di Viareggio, nel quale i lavoratori pendolari sono trattati come bestiame avvilito e vilipeso.

Si fa un gran parlare del Grande Reset –  tema tra l’altro del prossimo Forum di Davos, il consesso annuale dove si riuniscono i potenti della terra per decidere su questioni che riguardano la governance mondiale, contrastando le pulsioni populiste, nazionaliste e sovraniste che li minacciano – come del momento perfetto nel quale un incidente della storia può e deve trasformarsi nell’occasione per un profondo cambiamento epocale in modo che nulla torni come prima, come l’alba rosea di un nuovo giorno del nostro mondo, più equo e più sostenibile.

In realtà sarebbe più corretto chiamarlo Grande Paradosso, meglio ancora il Grande Imbroglio, se la quarta Rivoluzione Industriale mette le ali sorvolando le macerie di milioni di imprese finite, se intere geografie produttive sono state cancellate come da un terremoto, peraltro prevedibile, se le misure restrittive e repressive dei governi hanno fatto intravvedere le potenzialità di pratiche, dallo smartworking alla teledidattica, attuate in maniera occasionale, scombinata, dilettantistica sicché se ne percepisce solo l’effetto divisivo del fronte degli sfruttati, isolati e ricattabili, se digitalizzazione e automazione si traducono in slogan a fronte del ritardo strutturale percepibile dove l’accesso alla rete è disuguale e costoso, l’innovazione e ancor più la sicurezza non fanno parte dell’agenda delle imprese e tanto meno della Pubblica Amministrazione, della sua burocrazia, della ricerca scientifica consegnata all’industria privata.

È probabile anzi certo che i lampi della tempesta perfetta illuminano il declino dell’Occidente, ma è decisamente irrealistico sperare che  si faccia strada un Nuovo Migliore, incarnato da “timonieri” come Macron, Biden, Conte, Draghi, Starmer, ambientato nei vaccinifici e nella fabbriche della bugia dove si confezionano le dosi di terrore in polvere e di elettrochoc virtuale da alternare con gli esilaranti delle mance, dei ristori, delle elemosine, del Progresso.

Tutto sommato non è una cattiva idea quella di trovar riparo nelle grotte oscure in attesa di riprenderci la luce.

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