Principale Attualità & Cronaca Mafiosi con reddito di cittadinanza, 25 denunciati a Messina 

Mafiosi con reddito di cittadinanza, 25 denunciati a Messina 

L’attività svolta ha sventato una frode di circa 330mila euro

Guardia di Finanza GdF

Venticinque persone condannate per mafia sono state denunciate a Messina per aver percepito illegalmente il reddito di cittadinanza.  I Finanzieri del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Messina hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo delle somme percepite.

Il reddito di cittadinanza, infatti, è riconosciuto ai nuclei familiari che, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, siano in possesso dei requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, reddituali e patrimoniali, oltre che, tra l’altro, non essere stati condannati, nell’ultimo decennio, con sentenza passata in giudicato, per reati di mafia. L’attività svolta ha sventato una frode di circa 330mila euro, che sarebbe stata perpetrata da soggetti condannati per reati di mafia o loro familiari che avevano omesso di dichiarare il proprio status nell’istanza per ottenere il beneficio.

Le persone condannate per reati di tipo mafioso fanno parte, a vario titolo, dei clan di maggiore spicco di Messina e provincia, quali Santapaola-Romeo, Sparacio, Spartà, Galli, Batanesi-Bontempo Scavo, De Luca, Mangialupi, Camaro, Tortoriciani, Ventura, Ferrante e Cintorino. Tra le principali attività illecite, per le quali quanti sono stati coinvolti nell’indagine risultano essere condannati, spiccano le estorsioni, l’usura, il traffico di sostanze stupefacenti, il voto di scambio, il maltrattamento e l’organizzazione di competizioni non autorizzate di animali.

Sulla scorta di quanto emerso, il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Messina, accogliendo la proposta della procura, ha pertanto disposto il sequestro delle somme considerate indebitamente percepite. Per l’illegittima percezione del reddito di cittadinanza, nei casi più gravi, la legge prevede anche la reclusione da 2 a 6 anni. AGI

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