Principale Economia & Finanza Recitiamo insieme il santo Pin

Recitiamo insieme il santo Pin

Probabilmente il vecchio San Pietro per far entrare in paradiso le anime belle si dovrà dotare di pos per strisciare la mastercard dal momento che il contante delle buone azioni è visto con sospetto e la magica carta di credito che serve a pagare soprattutto ciò che dovrebbe avere prezzo puà aprire anche porte più segrete.  E cosa altro bisognerebbe pensare vedendo Bergoglio, per un attimo distratto dal culto di Pachamama, in mezzo a un augusto concistoro formato dagli amministratori delegati di Visa, Mastercard, Bank of America e BP, oltre che da Lynn Forester de Rothschild, dal presidente della Fondazione Ford Darren Walker, da quello della Fondazione Rockefeller Rajiv Shah e l’inviato speciale per il clima delle Nazioni Unite Mark Carney. Insomma dai maggiori rappresentanti del “Council for Inclusive Capitalism” che si definiscono i Guardiani,  ennesimo contenitore creato dai super ricchi per “una collaborazione storica di dirigenti e leader globali che lavorano con la leadership morale di Francesco per cogliere sempre le opportunità di business”. Si direbbe a vederli che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un povero vada in paradiso, visto che il consesso è lì per favorire il grande reset delle conquiste sociali di due secoli come annunciato dal fondatore del World Economic Forum, presentandolo sotto forma di progetto paternalistico, compassionevole e arcadico il cui fine ultimo è togliere alle persone i diritti conquistati.

I cattolici tradizionalisti scalpitano perché sembra loro che il Papa, che alcuni tra loro nemmeno riconoscono come pontefice, sia una specie di Anticristo che svende i valori non negoziabili, famiglia in primis, pur di compiacere i grandi capitalisti e leggono con grande passione l’Apocalisse scorgendovi i segni della caduta e della vittoria finale, i quattro cavalieri di guerra, peste, carestia conquista, la sconfitta della Bestia e il giudizio finale. Ma a ben vedere nulla è davvero cambiato perché molti di questi valori sono stati una risposta alle realtà sociali del tempo, basti pensare per esempio al matrimonio, dichiarato sacramento per la prima volta solo dopo il concilio di  Verona del 1184  non a caso tenutosi alla presenza e sotto il patrocinio di Federico Barbarossa perché esso veniva incontro alle necessità del mondo medioevale. Tanto poi una ragione teologica si trova sempre nelle scritture. Si potrebbe parlare per ore di questi argomenti, ma per evitare che mi faccia prendere dal demone dello storico basta osservare che Bergoglio, magari in modo goffo, per non dire rozzo, ma tutt’altro che privo di ipocrita furbizia, non fa altro che stare accanto al potere prevalente come è sempre avvenuto nella storia della Chiesa. La differenza non consiste in tale propensione, quanto nel contesto: anche grazie alla secolare e ostinata battaglia della chiesa vaticana contro le lotte e l’emancipazione sociale, il sistema capitalistico nella sua forma neoliberista una volta ottenuto il dominio della comunicazione e dunque della formazione, è riuscito a creare un’antropologia nella quale la necessità di oppiacei religiosi è drasticamente crollata e dunque non ha più ragione di rispettare i valori non negoziabili quando essi confliggano con i propri interessi e/o le proprie visioni. E’ cambiato insomma il valore contrattuale della Chiesa, cosa di cui ha fatto le spese Benedetto XVI.

E quindi a Bergoglio, che ricordiamo si era facilmente arreso anche ai militari argentini di cui divenne il cappellano, gioca su questo campo in molti modi, alludendo per esempio a un facile ecologismo che pare proprio nient’altro che giardinaggio come nella fulminante frase di Chico Mendes; oppure appoggiando il pronostico di masse senza lavoro e senza la dignità o l’agibilità politica che esso conferisce, mette in crisi la proprietà privata, non nel senso di considerarla un furto, infelice frase di Marx, all’origine di molti equivoci (egli non si riferiva alla proprietà di beni di consumo, bensì dei mezzi di produzione), ma di invitare a considerala superflua;  o ancora santificando la felice fratellanza e uguaglianza universale nello sfruttamento. E naturalmente eleva un Te Deum al vaccino perché guai se Big Pharma non dovesse guadagnare quanto si aspetta e la pandemia narrata non dovesse portare copiosi frutti di involuzione umana e sociale a tal punto da sacrificare persino il Natale. Insomma è diventato il sommo sacerdote di Wall Street, ma non per questo può essere considerato eretico rispetto a una storia millenaria cominciata in realtà con un editto imperiale che rendeva centrale un culto ampiamente minoritario, dunque già tutta all’interno del potere: ma è la marginalità ormai palese ed accettata che egli esprime a fare scandalo: se nulla può essere fuori dal mercato papa Bergoglio fa del tempio un supermercato di think tank, come si potrebbe dire riecheggiando qualche passo evangelico.  Così eccolo insieme ai grandi banchieri e gestori di carte di credito: si vede che recitare il Pin spiana il regno dei cieli.  Amen.

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