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Condannato da un video, sospeso dall’Università: il diritto di replica del professor Dino Mitola

di  Myriam Di Gemma

E’ facile giudicare, senza conoscere una persona. Gettare fango gratuitamente, pur avendo tra le mani la cosiddetta “verità apparente” (dal gergo giuridico). Un documento acquisito agli atti può descrivere una verità, ma la verità reale è un’altra. E come fare per scardinare la verità apparente? Semplice: dimostrando i fatti o le abitudini quotidiane della persona incriminata.

Essere additati come il peggior individuo sul pianeta, solo dopo aver visto un video virale sul web, oppure leggendo un articolo scritto da un giornalista iscritto all’Ordine dei Giornalisti.

Chi è iscritto all’Ordine dei Giornalisti, deve rispettare alcune regole deontologiche: scrivere un pezzo vuol dire conoscere la materia o la persona di cui si parla, altrimenti si rischia di incorrere in querele. Prima di scrivere, verificare le informazioni e accertarsi di ogni dettaglio. Un giornalista serve a raccontare fatti, ma non fatti distorti.

La bufera mediatica scatenatasi dopo i video di uno studente del primo anno alla Facoltà di Medicina, all’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari.

Nell’occhio del ciclone, il professor Donato Mitola, docente (che non percepisce nessuna retribuzione, perché non ne ha bisogno) in Bioetica alla Facoltà di Medicina dell’Università di Bari. Le accuse?

Sessista, perché ha pronunciato frasi nella video-lezione contro le donne giudici. E altre affermazioni (come il bambino entro i 3 anni di vita, deve avere assolutamente la presenza fisica della mamma, oppure il cervello della donna è diverso da quello dell’uomo) che in realtà, non sono sue. Durante la lezione, il professor Mitola, spiega (come se fossero sue opinioni) tesi scientifiche. Il problema è sorto perché gli studenti hanno frainteso: la “colpa” del professor Mitola è non aver citato le fonti bibliografiche.

E uno studente ha ripreso le sue parole, ridicolizzandolo nel web. Se fosse stato davvero uno studente desideroso di apprendere, avrebbe dovuto chiedere: “Professore, ma sta scritto da qualche parte, quello che dice?”, e non sareste qui a leggere di ciò.

Per chi non lo conosce, il professor Mitola non è affatto sessista. Anzi. E’ spudoratamente “fan” (dall’americano tradotto, “amante”, “profondamente appassionato”) delle donne. E spesso, talmente rapito da cotanta intelligenza, ha detto alle amiche che sarebbe rinato donna. Accompagnato sempre da amiche, fidanzate belle e potenti socialmente ed economicamente, ha avuto una “liason” persino con una giudice di Bari.

Quindi nessun attacco alla magistratura rosa.

Per chi non lo conosce, il professor Mitola, è stato primario di Rianimazione per ben 15 anni, oltre 25 anni di percorso professionale come dirigente medico in vari ospedali nella provincia di Bari. Autore di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, non è certamente un personaggio “da quattro soldi”, come una certa C. Montenero lo ha definito su Facebook commentando il post della Gazzetta del Mezzogiorno, sotto l’articolo accusatorio. Il professore sbeffeggiato con i video ribattezzati “Mitoleidi”. Il giornalista Massimiliano Scagliarini, riporta i video e le slides su Twitter, raccogliendo proseliti con commenti davvero spiacevoli se chi legge, conosce nella vita il professor Mitola.

Giovanna Indiretto (che non ha il coraggio di mettere nome e cognome veri su Facebook) commenta: “Squallido e miserevole omino”.

R.P., sempre su Fb, scrive: “Questo si fregia pure del titolo di Professore…uno che è meglio stia fuori dall’università”.

La maggior ignoranza (da “ignoro” latino cioè tradotto “non conosco”) la leggiamo nel post di M.G.D.: “Spero che nel suo percorso di vita, non si trovi mai a dover essere curato da una donna medico..”. Poverina, non sa che il professor Mitola è un medico!

E questo ultimo esempio, fa comprendere come sia semplice e facile commentare o esprimere giudizi pesanti su chi non conosci, e su cui si è abbattuto un “rumour” lesivo alla sua reputazione, seppur corredato da video (come in questo caso) che lascia poco spazio all’immaginazione, o in altri casi la persona è condannata da documenti depositati in Tribunale (che raccontano, per esempio,  testimonianze schiaccianti e negative sul povero cristo di turno, da parte di coloro che gettando fango su altri, tutelano solo ed esclusivamente i propri interessi).

“E’ davvero mortificante – spiega un’ amica molto vicina a Mitola – veder dipinto Dino, (chiamato quotidianamente con un vezzeggiativo “Daino”, proprio perché tenero e dolce soprattutto con le donne, ndr) come sessista. E’ una persona splendida, buona e non ucciderebbe a parole, neanche una formica. Incredibile come sia potuto succedere. Le sue affermazioni riguardavano le tesi scientifiche di numerosi studiosi mondiali. E gli studenti hanno pensato che fossero sue opinioni. E quel che è peggio, è che il giornalista Scagliarini ha preso per ‘oro colato’ tutto, confezionando l’articolo. Sarebbe lui da rimuovere dall’Ordine dei Giornalisti. Così noi leggiamo una informazione priva di qualità: non mi meraviglio che sia stato pubblicato dalla ‘Gazzetta del Mezzogiorno’, e sappiamo la fine che ha fatto questo giornaletto. Ben venga il fallimento di un quotidiano che getta fango gratuitamente su persone rispettabili”.

“Conosco Dino da oltre 40 anni – racconta un docente universitario (che in sede legale, sarà disponibile a dare testimonianza) – e sono personalmente basito come ci sia stato un evidente fraintendimento delle frasi. Mica è un suo pensiero: ma gli studenti non hanno ‘tanto cervello’ da arrivarci. Semplicemente penoso”.

Abbiamo raggiunto telefonicamente anche altri docenti universitari, medici e altri professionisti amici di Dino che invece – pur conoscendolo bene – hanno preferito non lasciare nessuna dichiarazione, precisando “sono totalmente estraneo ai fatti”. Avremmo voluto chiedere insomma nella vita di tutti i giorni, com’è Mitola. Ma hanno tagliato corto, e non hanno risposto.

Il nostro commento? Belli amici, davvero…

Che questo episodio sia di lezione, a Mitola: mai avere un atteggiamento amicale con gli allievi, prima, durante e dopo le lezioni. La regola è mantenere la giusta distanza tra docente e discente, affinché non venga inficiata l’autorevolezza accademica.

Ecco di seguito, il diritto di replica del professor Donato Mitola:

“Ritengo che l’ attacco mediatico sia andato oltre ogni immaginazione .
Mi scuso con le donne magistrato per la frase fraintesa: non sono assolutamente un sessista, ho donne amiche giudici e avvocati che possono certamente testimoniare il mio punto di vista.
Le contestazioni mosse,  potevano essere generate solo da persone non addette ai lavori,  in quanto le mie affermazioni non sono frutto di una mia opinione,  di una interpretazione dei fatti,  bensì sono i risultati di studi scientifici,  in risposta alle dir poco leggere osservazioni fatte.
Seguirà una denuncia agli enti preposti, atta a quantificare l’ingente danno arrecato alla mia reputazione e alla mia immagine di persona nota”.

Concludo con una frase di Hannah Arendt, filosofa e storica tedesca, dal trattato “Responsabilità e giudizio”: “Come posso distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, quando la maggioranza o la totalità delle persone che mi stanno accanto, ha già formulato un giudizio? Chi sono io per giudicare?”

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