Principale Politica Il governo resta diviso sul Dpcm e teme nuove proteste di piazza

Il governo resta diviso sul Dpcm e teme nuove proteste di piazza

Il presidente del Consiglio Conte ha intanto aperto la fase dell’ascolto con le categorie e oggi vedrà le associazioni dei ristoratori per poi presenziare al Consiglio dei ministri che darà il via libera ai ristori. Al Viminale l’attenzione è massima sulle manifestazioni di rabbia

Giuseppe Conte

Un appello politico, non una mozione che potrebbe essere una mina per il governo. Un invito a cambiare il Dpcm, a vararne un altro, “altrimenti – spiega un ‘big’ di Italia viva – Conte e il Pd si assumeranno la responsabilità di fronte al Paese che si sta ribellando“.

Già sabato nella riunione tra Conte e i capi delegazione, la ministra Bellanova aveva espresso le perplessità sul Dpcm varato poi nella notte, ora è Renzi a riaprire lo scontro, a rilanciare la necessità di tenere aperti i ristoranti fino alle 22, a ‘sfidare’ Franceschini (“Forse non si è ancora compresa la portata della crisi”, ribatte il responsabile dei Beni culturali) sulle chiusure dei luoghi di cultura, a ribadire che la criticità riguarda i trasporti, a puntare il dito sull’importanza dei tamponi rapidi, affinchè si lavori sulle terapie intensive e sul tracciamento.

Con Italia Viva che chiede l’audizione del Cts per invocare trasparenza sui dati e l’allargamento del Comitato ad altre figure professionali. Lo strumento per forzare la mano non c’è ma non c’è alcun timore da parte dei renziani ad affrontare la battaglia sulle misure anti-Covid in maniera trasversale, così come successo con la costituzione dell’intergruppo parlamentare sul Mes. Ci sono anche le regioni che chiedono cambiamenti al provvedimento.

“Il Governo ascolti la protesta civile mentre non è tollerabile quella che strumentalizza la rabbia per creare disagio e scontro sociale”, la linea di Bonaccini. La vera preoccupazione nel governo è però legata alle proteste di piazza, alla eventualità che le manifestazioni si trasformino in una vera ribellione.

Il premier in “fase di ascolto”

Per questo motivo il presidente del Consiglio Conte ha aperto la fase dell’ascolto con le categorie e oggi vedrà le associazioni dei ristoratori per poi presenziare al Cdm che darà il via libera ai ristori. Al Viminale l’attenzione è massima. Il rischio in Parlamento, invece, è che quando Conte si presenterà al Senato giovedì emerga una fotografia ben diversa dall’attuale maggioranza. E che le tensioni si riversino sui lavori parlamentari.

Per ora, tuttavia, non si prevedono strappi. “Sarà la piazza a dare la spallata a Conte”, dicono dal centrodestra. Ma la paura che il disagio sociale sfoci in episodi di intolleranza, magari con la regia di frange estremiste, è ben presente anche nella maggioranza e nel governo, anche se nessuno dà credito ai ‘boatos’ di esecutivi di unità nazionale dietro l’angolo.

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Tavolo di un ristorante a Roma

“I conti – dice un ‘big’ del Pd – si faranno più avanti, magari dopo il 24 novembre. Ora dobbiamo remare tutti dalla stessa parte”. Il voto unanime sulla relazione di Zingaretti alla direzione del Pd è un segnale che in questo momento è vietare soffiare sul fuoco. Anche se le fibrillazioni non mancano, alla vigilia di una legge di bilancio, di provvedimenti economici che serviranno a dare risposte al malcontento, e della partita del ‘Recovery fund’ che di fatto non è ancora iniziata.

L’attenzione delle forze politiche è rivolta in primis ai dati del contagio. L’ala rigorista dell’esecutivo non arretra e fa presente che la situazione è grave. Qualora il diffondersi del virus non dovesse arrestarsi il ‘piano B’ è quello di provvedere a interventi mirati dove si manifestano focolai, ma “non sono previsti altri Dpcm”, dice il vice ministro Sileri che non ha comunque condiviso alcune misure inserite.

Non solo Dpcm: gli altri nodi sul tappeto

In attesa che il premier Conte venga in Parlamento per l’informativa (non sono previste risoluzioni) ed illustri il Dpcm, oggi alla Camera inizierà il dibattito sull’omofobia, mercoledì si voteranno le pregiudiziali sul dl immigrazione mentre a palazzo Madama (domani prevista la capigruppo) si tornerà a parlare di giustizia.

È in calendario l’esame della riforma della diffamazione, con l’eliminazione del carcere, sostituito da sanzioni pecuniarie, una nuova disciplina per regolamentare rettifiche e smentite e lo spostamento della sede dei processi penali in base al luogo di residenza del diffamato, e non più in base al luogo dove è stampato un giornale o dove è stato registrato un sito online.

Ma è sul tema delle ‘liti temerarie’ che la maggioranza rischia di spaccarsi: chi promuove un giudizio civile chiedendo in malafede o con colpa grave cifre astronomiche al presunto diffamatore rischierà una condanna da parte del giudice a pagare una somma pari al 25% di quanto ingiustamente richiesto.

L’accordo era stato raggiunto tempo fa alla presenza anche del ministro Bonafede. “È una legge garantista per impedire le intimidazioni. Il sistema deve tutelare il cittadino che si sente diffamato”, spiega una fonte del Movimento 5 stelle. Ma Italia viva non ci sta, ha preparato un emendamento affinchè si riduca a dieci mila euro la somma e soprattutto si preveda di lasciare discrezionalità al giudice (si introduce la frase “può condannare”).

E minaccia di far saltare anche l’accordo sulla giornata contro gli errori giudiziari. Italia viva vuole che venga inserita la parola “vittima” degli errori giudiziari mentre al momento si parla di “giornata nazionale di sensibilizzazione dei principi della Costituzione sul giusto processo”. E intanto il ministro della Giustizia Bonafede sta preparando un decreto per incrementare la digitalizzazione e i processi da remoto ma il Pd e Italia viva non ne conoscono i contenuti.

Difficile, però, prevedere che la maggioranza possa andare sul serio in difficoltà su questi provvedimenti ma le ulteriori fibrillazioni sono il segnale di uno sfilacciamento che il Dpcm anti-Covid ha ulteriormente acuito. Ieri il segretario Zingaretti ha inviato un messaggio a chi – ‘traduce’ un esponente del Pd – “si chiama fuori quando la barca rischia di affondare”.

“Alla rabbia e alle paure vanno date risposte, non cavalcarle. Non si sta con il piede in due staffe”, vestendo i panni della maggioranza e dell’opposizione. No insomma “alla politica dei distinguo da parte di esponenti di governo o di forze di maggioranza”. Sì, invece – e qui il messaggio sembra rivolto a chi governa – al metodo della condivisione, allargando il confronto all’opposizione.

Anche M5s chiede di non alimentare polemiche (“La crisi impone unità”, afferma il capo politico Crimi), anche se i dubbi sulle norme adottate vengono manifestati nelle chat pure dai parlamentari pentastellati e del resto già ieri i ministri Azzolina e Spadafora hanno fatto capire che occorreva muoversi diversamente, adottando misure a livello regionale.

Ma il mal di pancia nel fronte rosso-giallo coinvolge diversi esponenti dell’esecutivo. Non sono solo i pentastellati a puntare il dito contro la De Micheli, pure nei gruppi parlamentari del Pd c’è chi non nasconde i dubbi sul tema dei trasporti: “Perché le metropolitane sono piene e non c’è un neanche un autobus privato?”, l’interrogativo di un esponente dem.

Lo scontro sul Mes

Mentre è destinato a riaccendersi lo scontro sul Mes, con Italia viva e Pd che insistono e hanno la ‘copertura’ di Forza Italia. Ma è sull’affondo di Renzi che fa leva Salvini. “Vediamo se passerà ai fatti”, afferma ribadendo di studiare il ricorso al Tar contro il Dpcm. “Su quali basi scientifiche sono state assunte queste decisioni?”, la domanda del leader di Iv che fa sponda alla battaglia delle ministre Bellanova e Bonetti contro la linea di Speranza e Franceschini.

La posizione di Iv è che va corretto il tiro, nessuna strumentalizzazione, “Noi siamo al governo con lealtà. Nei confronti di chi siede con noi in Consiglio dei ministri, ma anche in lealtà con gli italiani che ci hanno fiducia”, puntualizza Rosato. “Siamo pronti a batterci in Parlamento e nelle piazze. L’unica attività sacrificabile che può essere chiusa in Italia oggi stesso è il Governo Conte”, dice la Meloni con i parlamentari Fdi che hanno cominciato lo sciopero della fame. “Quanto tempo è stato perso negli scorsi mesi, sono stati fatti errori imperdonabili”, attacca l’azzurra Gelmini.

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