Principale Arte, Cultura & Società Un archeologo per mestiere e una storica per formazione

Un archeologo per mestiere e una storica per formazione

Pierfranco e Micol Bruni raccontano San Lorenzo del Vallo e il castello

foto di Pierfranco Bruni

Oreste Roberto Lanza

“Ci sono storie e storie, storie di cui ne senti subito la forza, storie che ne senti il profumo da lontano, storie che ti prendono e ti accompagnano. Storie di uomini e cose, di oggetti di uso comune oppure di pregiate pietre che narrano di vite vissute”. È proprio vero quello che dice, nella prefazione, Rita Fiordalisi, direttrice della biblioteca nazionale di Cosenza. Stiamo parlando dell’ultimo impegno letterario scritto a due mani da Micol e Pierfranco Bruni – “San Lorenzo del Vallo, dalle origini al Castello”, Luigi Pellegrini editore. Oltre cento pagine che possono tranquillamente accompagnare il lettore attento, verso una storia di cui da subito ne percepisce l’importanza storica al solo passare, anche virtuale, nei vicoli stretti di questo borgo antico, appunto San Lorenzo del Vallo comune di appena 3.195 abitanti a soli 18 chilometri dalla sua provincia, Cosenza.


È un bellissimo e attento percorso che i due autori, padre e figlia, sviluppano seguendo due direttrici: l’aspetto storico e quello archeologico. Parte dal primo insediamento, fino ad arrivare al Castello con le sue modificazioni strutturali e architettoniche. È un attento viaggio all’interno di luoghi, racconti e storie di un paesaggio interessantissimo da visitare, ma non solo; le pagine ben scritte vogliono portare l’appassionato e il semplice lettore a raggiungere quella giusta consapevolezza, che la tutela dei beni culturali è fondamentale se si vogliono creare momenti di grande valorizzazione di quei territori ricchi di identità e storia comuni a tutti. Si può facilmente concordare con gli autori quando sottolineano che: “finalizzare il recupero di un bene culturale al solo scopo del suo riutilizzo è un’operazione fuorviante che non da senso e non qualifica storicamente il bene stesso”. L’obiettivo del libro pare proprio questo: ricordare per non dimenticare. Così ancora gli autori: “se la memoria viene negata alla cosiddetta ideologia del progresso tutte le operazioni, che si tentano di realizzare intorno al recupero di una struttura, di un’area sono fittizie, danno un’immagine momentanea e creano polveroni inutili”.
Sulla base di questi aspetti, raccontare del borgo di San Lorenzo del Vallo, assume un valore importante mettendo in luce come il bene culturale può diventare modello propedeutico per affrontare non solo le origini di una comunità, questa comunità in particolare, e le sue prospettive. Un luogo ben raccontato dagli autori e che risale al II secolo dopo Cristo testimoniata anche da una bibliografia essenziale e ragionata all’interno del volume. “Una terra posta tra due fiumi” di cui San Lorenzo del Vallo faceva parte insieme con Terranova di Sibari, Spezzano Albanese e Tarsia, oggi a pochi chilometri dalla zona archeologica di Sibari. Un libro che si legge tutto di un fiato, dove si possono scoprire fatti e atti di avvenimenti del luogo stesso, raccontati con la strumentale brevità nelle aule istituzionali delle nostre scuole. Dalla ricerca dei due autori si può apprendere di come la valle del San Lorenzo del Vallo fu teatro di numerosi conflitti tra eserciti romani e popolazioni bruzie (un antico popolo di stirpe italica che abitò la quasi totalità dell’odierna Calabria), famosa la battaglia combattuta dai romani con gli schiavi di Spartaco. Poi le pagine sulla storia del Castello dichiarato patrimonio di interesse storico con il decreto del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali nel giugno 1978. Un libro pieno di documenti, foto e testimonianze per ricordare che la perdita della memoria porta alla barbarie completa. Si naviga a vista senza sapere dove andare e con la sola nostalgia di voler sapere da dove si è venuti. Un libro per ripensare alle proprie origini può essere utile per arrivare addirittura ad una riappacificazione delle coscienze, per dirla con gli autori: “per dare un senso a ciò che di antico è rimasto e per poter vivere la quotidianità con serenità”.

Oreste Roberto Lanza

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