Partire da questa prospettiva utilitaristica può sicuramente essere importante per comprendere che tutte le azioni quotidiane che compiamo hanno un inizio, una fine e uno scopo. Leggere l’ultima Lettera enciclica del Papa pensando di trovare la soluzione ai nostri problemi o la ricetta per risolverli è sbagliato. Semplicemente perché non è mettendosi con i pugnetti alle tempie che superiamo le nostre paure o l’incertezza del futuro.
La chiusura fisica del COVID deve generare un nuovo umanesimo che apra la fiducia a guardare l’altro come una risorsa e non un ostacolo o peggio un fastidio. Il sorriso di un infante che si sveglia al mattino e che ha paura non del buio ma di non trovare alcuno e quindi della solitudine ma che si scioglie al sorriso di chi lo guarda con tenerezza anche se non è la madre, è la chiave di lettura per comprendere che siamo amati prima di amare e in quello sguardo c’è uno sguardo di infinito anche in chi si ferma per convinzione al finito. Chi non si apre al mistero inteso come non ancora svelato, è un uomo finito.
Confortati da questo, dobbiamo essere curiosi e non spaventati di ascoltare quanto la “Fratres omnes” vuole dirci. Sarei un presuntuoso o superficiale dicendo di averla letta già tutta. Non è un racconto ma racconta a me che quanto sto vivendo o pensando non va bene, devo cambiare, io non gli altri. Le mie convinzioni e il mio giudizio stanno vacillando sotto il peso degli eventi e se la leggessi a piccoli passi, chiedendomi dove sto sbagliando perché la mia felicità sia piena se dà felicità agli altri?
Di uno scritto si dice: è così bello che l’ho letto tutto d’un fiato. E’ questo l’errore che non dobbiamo commettere.
I maestri del pensiero si spoglino delle loro convinzioni e comincino a ripensare il modo di essere e pensare di ogni giorno e in ogni luogo. Diventino inqueti e mai appagati.
Non so cosa penserò o cosa questa lettera mi indurrà a fare dopo una lettura appassionata ma con umiltà e coraggio posso dire che la mia gratitudine al Papa è grande perché dopo averla letta mi auguro che non sarò lo stesso. E con questa predisposizione auguro a tutti una fruibilità delle coscienze che divenga linfa di felicità.
Dario Felice Antonio Patruno