di Sara Bavato
HOBART – “Per far fronte al Coronavirus, la cucina dello storico Australian Italian Club di Hobart, capitale della Tasmania, si è attivata a metà maggio per assistere le persone più vulnerabili e i senza fissa dimora della città”. Come racconta Sara Bavato nell’ultimo numero del Messaggero di Sant’Antonio – edizione per l’estero, “Su iniziativa del presidente Marti Zucco e di Simon Robustelli, entrambi ristoratori, un gruppo di volontari si è rimboccato le maniche e, per tre mesi, ha cucinato, ogni mercoledì e giovedì, centinaia di pasti caldi destinati a chi ne aveva più bisogno.
“L’idea era di fare qualcosa per i lavoratori essenziali, quelli in prima linea durante la pandemia”, spiega Zucco. Dopo una breve riflessione, è stato deciso di offrire da mangiare a chi era privo di lavoro e di fonti di sostentamento. Ai fornelli sei esperti, tra cui alcuni chef noti nel panorama gastronomico locale, che hanno sfornato fino a 250 piatti alla settimana, scegliendo con cura ingredienti freschi e genuini. La mamma di Simon, Cathy, ha preparato dei gustosi dessert.
I pasti venivano poi consegnati a due enti caritatevoli, Salvation Army e City Mission, che si occupavano della distribuzione.
L’iniziativa è stata finanziata da donazioni di privati e di aziende e ha ricevuto un’ottima accoglienza, al punto che si sta già parlando di riproporla il prossimo inverno.
Consigliere comunale della città di Hobart fin dagli anni Novanta, Zucco è sempre stato in prima linea nell’assistenza ai clochard, in parecchi casi ragazzini e giovani che fuggono da abusi e situazioni familiari complicate e, in un momento di criticità come quello derivante dalla pandemia, “c’era il rischio che queste persone venissero dimenticate”.
Non c’era quindi modo migliore di sfruttare i locali dell’Australian Italian Club, costretto, a marzo, alla chiusura forzata in base alle disposizioni ministeriali anti-contagio. “Abbiamo chiuso in anticipo rispetto agli altri per proteggere i nostri soci più anziani, che hanno tra i 70 e i 90 anni e frequentano regolarmente la sede”, spiega il presidente. Niente commensali e avventori al bar e al ristorante, ma solo la possibilità di acquistare cene in fasce d’orario ridotte e, dopo due mesi di restrizioni, a metà giugno, il Comitato è tornato ad accogliere i soci. Sono gli stessi membri del direttivo, infatti, a garantire il normale funzionamento dell’AIC.
Dalla fondazione, nel maggio del 1956, quello attuale è il Comitato più giovane e determinato a fronteggiare al meglio le difficoltà che minacciano il futuro di tutte le associazioni italo-australiane del Paese, come l’invecchiamento dei soci fondatori e la necessità di coinvolgere le nuove generazioni”.