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Caso morte Ebru Timtik

Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime il proprio profondo rammarico per la morte dell’avvocata Ebru Timtik.

Componente del Foro di Istambul, membro dell’Ufficio Legale del Popolo  e dell’Associazione degli Avvocati Progressisti della Turchia era attivamente impegnata nella difesa dei cittadini delle fasce più deboli della popolazione considerati oppositori del governo turco.  Ha lottato per la libertà di espressione e la garanzia di procedimenti giudiziari equi contro l’illegalità e le violazioni del diritto alla difesa subiti dagli avvocati turchi, pagandone le ingiuste conseguenze.

Arrestata il ​​12 settembre 2018 con l’accusa di aver partecipato ad un’organizzazione terroristica armata assieme ad altri avvocati, ha subito un iniquo processo dinanzi all’Alta Corte Penale di Istambul, privo delle minime garanzie riconosciute dalla stessa Costituzione turca: in assenza degli avvocati difensori e degli imputati e su una testimonianza anonima.

Per questo motivo, gli ordini degli avvocati di Istanbul, Ankara, Izmir, Antalya, Bursa e Aydın hanno presentato una denuncia al Consiglio dei giudici e dei pubblici ministeri.

Dopo la sua condanna a 13 anni e 6 mesi di prigione, aveva iniziato uno sciopero della fame il 5 febbraio scorso: “Vogliamo giustizia con le mani e le braccia legate – dichiarava la stessa Ebrum dal carcere –  non possiamo fare niente. Questo è ciò che ci fa più male ”.

A seguito di un violento tentativo di colpo di stato,  il 15 luglio 2016 il governo della Turchia ha dichiarato lo stato di emergenza avviando una politica di sicurezza nazionale con licenziamento di tutti i dipendenti pubblici considerati legali all’organizzazione eversiva e con repressione dei cittadini ritenuti aderenti al movimento, compresi i loro avvocati difensori.

Nel 2010 e nel 2017, inoltre,  sono state introdotte delle riforme costituzionali nell’ordinamento Turco che hanno compromesso l’indipendenza dei pubblici ministeri e dei giudici, consentendo al Governo e al Capo dello Stato di nominare pro-potere posizioni chiave nella magistratura,  come il Ministro della giustizia.

Questi, titolare del potere disciplinare sui magistrati, svolge anche la funzione di presidente del Consiglio supremo dei giudici e dei procuratori (organo di garanzia della magistratura) e ne nomina la  metà dei membri, di fatto avendone la maggioranza sin dalla sua costituzione.

La denuncia degli avvocati turchi richima l’attenzione della comunità internazionale sulla violazione dei  principi fondamentali di indipendenza giudiziaria delle Nazioni Unite.

La diffusa persecuzione di avvocati, giornalisti e altri difensori dei diritti umani attraverso procedimenti penali, condanne, detenzioni arbitrarie e altre gravi violazioni dei diritti umani in contrasto con il diritto internazionale, nonché con i dettami degli articoli 7, 8, 9, 10 e 11 della D.U.D.U. destano molta preoccupazione.

Come si legge sul rapporto nell’ambito della politica di allargamento dell’UE del 2019 sulla Turchia, “l’ampia scala e natura collettiva delle misure adottate dopo il tentato colpo di stato nello stato di l’emergenza, come i licenziamenti, gli arresti e le detenzioni diffuse, desta crescenti preoccupazioni… la pressione politica su giudici e pubblici ministeri e trasferimenti di un gran numero di giudici e pubblici ministeri contro la loro volontà sono continuati anche successivamente. Ciò continua ad avere un impatto negativo sull’indipendenza,  la qualità e l’efficienza complessiva della magistratura. La grande scala di assunzioni di nuovi giudici e pubblici ministeri con l’attuale sistema sono preoccupanti perché non sono state prese misure per affrontare la mancanza di obiettivi, meritocratici, uniformi e criteri prestabiliti per il loro reclutamento e promozione.”

L’istituzione giudiziaria, la sua indiperndenza e terzietà sono caposaldo dello stato democratico.

L’avvocato svolge un’imprescindibile e fondamentale funzione sociale volta all’attuazione dei principi costituzionali e del diritto internazionale, con  il diritto di svolgerla con libertà e dignità in qualunque paese eserciti la sua professione.

L’avvocata Timtik non ha potuto trovare altra forma di efficace denuncia accordata dal sistema giuridico se non il digiuno fino alla morte, lasciandoci come martire per la giustizia.

Questa vicenda lascia spazio a molte riflessioni sull’inviolabilità del ruolo dell’avvocatura e della magistratura ma anche sulla perfettibilità degli strumenti internazionali a tutela dei diritti umani e della stessa legalità.

Un avvocato sa che la legalità senza giustizia non è in grado di assicurare il benessere sociale, ecco perché si batte per assicurare il corretto funzionamento della giustizia e il rispetto dei principi del proprio ordinamento.

In CNDDU propone a tutti i docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado di diffondere tra i giovani l’interesse per i difensori dei diritti umani del panorama internazionale promuovendolo attraverso la metodologie didattica del role playng, avviando un approfondimento sulla vicenda dell’avvocata Timtik, affidando poi ad alcuni alunni il ruolo di avvocati difensori dell’imputata, ad altri alunni il ruolo del pubblico ministero a sostegno dell’accusa, ad altri ancora il ruolo di giudici del processo al fine di simularne lo svolgimento secondo i nostri principi costituzionali, successivamente invertire i ruoli e infine riscrivere la sentenza documentando le attività in un video o produzione multimediale da inviarci.

Parimenti potrebbe farsi per altri avvocati per i diritti umani vittime contemporanee della “legalità” dei loro paesi come Nasrin Sotudeh, Xie Yang, Tahir Elci, Aytac Unsal al fine di creare una vera e propria bacheca multimediale delle sentenze dei nostri studenti da pubblicare il 24 gennaio 2021, in occasione della giornata internazionale dell’avvocato.

Concludiamo con le parole di Piero Calamandrei, affidate al Corriere della Sera del 25 agosto 1943, e con la sua riflessone sul ruolo degli avvocati durante il fascismo: <<Noi soli, insieme con la magistratura, abbiamo vissuto questo tormento delle leggi che si sbriciolavano come cartapesta tarlata tra le mani di chi voleva servirsene… gli avvocati sono pronti a reagire contro l’ingiustizia e a considerare la ribellione alla legalità come il più elementare dei loro doveri… l’esercizio dell’avvocatura è scuola di libertà e di dignità, dove l’amore della giustizia vale, più che come stimolo di eloquenza, come regola di vita>>.

Veronica Radici

CNDDU

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