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Il tribunale di Napoli ritiene che il rischio di insolvenza dello Stato italiano non sia più ipotetico

di Luigi Benigno

Il tribunale di Napoli rigetta un ricorso ex art. 700 presentato da un’impresa a fronte del rifiuto di erogazione degli aiuti di Stato previsti e disciplinati dal decreto legge n. 23/2020.

Per fronteggiare la carenza di liquidità delle imprese causata dalla imposizione del lockdown  il Governo ha emanato lo scorso mese di aprile il predetto decreto con cui, tra l’altro, ha disposto all’art. 13 gli aiuti di Stato attraverso l’erogazione di finanziamenti alle imprese in crisi da parte di banche ed intermediari finanziari; ha disposto che tali finanziamenti godono della garanzia statale derogando a qualsiasi valutazione del merito creditizio, attraverso una procedura automatica e semplificata.

Sta di fatto che le banche eroganti, pur potendo fruire della garanzia statale in  caso di inadempimento dell’impresa beneficiaria, in molti casi hanno declinato le richieste benché ad esse sia stata comunque accordata la massima garanzia statale atraverso il fondo di garanzia.

Le banche, pur non essendo esplicitamente tenute alla valutazione del merito creditizio, in molti casi hanno negato l’erogazione del credito sulla base di non precisati motivi nonostante sussistessero i presupposti di legge.

In tale contesto degna di nota, per la sua gravità è la procedura d’urgenza instaurata da un’impresa napoletana con il patrocinio dell’avv. Angelo Pisani.

Il ricorso, benché motivato e corredato di tutti gli allegati relativi allo stato di salute dell’impresa, è stato rigettato dal Tribunale sulla base dell’assenza dell’obbligo di erogare i predetti aiuti di stato nonché sulla base di una dichiarata non solvibilità dello Stato italiano.

A parere di chi scrive, tale motivazione non è condivisibile in quanto, ai fini della ordinaria valutazione del merito creditizio, il Governo ha inteso, e non potrebbe essere diversamente,derogare alla normale prassi bancaria non prevedendo una valutazione del merito creditizio, disponendo il rilascio della garanzia sulla base della sola autocertificazione del richiedente, sulla base della quale le banche eroganti avrebbero dovuto erogare il credito senza assunzione di rischio. Sta di fatto che la banca (un noto istituto nazionale), ha ritenuto di non poter erogare il finanziamento richiesto (€. 25.000) a causa di una non meglio precisata mancanza di merito creditizio. Adite le vie legali il giudice istruttore ha ritenuto legittima la condotta della banca, sulla base di due valutazioni: la prima concernente la deroga della valutazione del merito creditizio, a suo dire,disposta solo per il rilascio della garanzia pubblica,non anche per l’erogazione dei finanziamenti; la seconda relativa ad un “rischio di insolvenza statale , ormai non più ipotetivo”.

Tale motivazione, posta alla base del rigetto dell’istanza, pone seri interrogativi in merito alla disapplicazione di una norma (art. 13 d.l. 23/2020) voluta e concepita dal legislatoreanche nella legge di conversione, finalizzata a concedere aiuti di Stato a costo zero per il rilascio della garanzia nonché in merito all’avallo al diniego della richiesta di erogazione dei predetti aiuti.

Ma l’aspetto più grave si esplica con la dichiarata insolvibilità dello Stato, esplicitamente denunciando l’incapacità di garantire il soggetto finanziatore.

Evidentemente il G.I., attraverso un mero giudizio prognostico, ha condannato lo Stato italiano al default, di cui non ancora si sono accorti al Ministero dell’Economia.

La non ammissione degli aiuti di stato richiesti da un’impresa finanziariamente sana, non può non aprire riflessioni in ordine alla contravvenzione della legge che ciascun giudice è chiamato ad applicare, nonché a denunciare la non credibilità dello Stato italiano per i soggetti finanziatori, le banche.

A fronte della disposta ammissibilità automatica della garanzia pubblica, il giudice, non solo non applica la legge di conversione del d.l. ma addirittura giustifica il diniego della banca ritenendo la garanzia non affidabile.

L’avv. Angelo Pisani sta lavorando per esperire il reclamo al collegio ex art. 669 e ss c.c. a cui sarà sottoposta la motivazione alla base del diniego della chiesta tutela in via d’urgenza. La disapplicazione della legge, soprattutto in una fase emergenziale,sarà rimessa non solo al Collegio, ma anche al CSM per gli eventuali provvedimenti che riterrà di adottare a causa dei gravi danni e dei pregiudizi, potenzialmente in grado di produrre una tale affermazione nei mercati e nella ripresa economica.

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