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Volo su Vienna

La mattina del 9 agosto 1918 poco dopo le 9,20, tutta Vienna aveva lo sguardo rivolto al cielo, intenta a guardare, tra la paura e lo stupore, una formazione aerea in arrivo, composta da sette velivoli  italiani Ansaldo SVA della 87° squadriglia aeroplani. Ancor più questi sentimenti accrebbero quando la gente si accorse che 50.000 volantini stavano piovendo dal cielo il cui  testo preparato da Gabriele D’Annunzio, partecipante alla spedizione, diceva: «In questo mattino d’agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l’anno della nostra piena potenza, l’ala tricolore vi apparisce all’improvviso come indizio del destino che si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. È passata per sempre l’ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina e predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebbrezza che moltiplica l’impeto. Ma, se l’impeto non bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno. L’Atlantico è una via che già si chiude; ed è una via eroica, come dimostrano i nuovissimi inseguitori che hanno colorato l’Ourcq di sangue tedesco.
Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremmo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo.
Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino. Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, Viennesi.Viva l’Italia!»

Poiché il contenuto era stato ritenuto troppo aulico e poco efficace ai fini proposti, nonché di difficile traduzione in tedesco, furono lanciati altri 350.000 manifesti scritti da Ugo Ojetti, nelle due lingue, italiano e tedesco, recanti una bandiera italiana a fare da sfondo. Cosi recitava: «VIENNESI! Imparate a conoscere gli italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d’odio e d’illusioni. VIENNESI! Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l’uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s’è volto contro di voi. Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell’Ucraina: si muore aspettandola. POPOLO DI VIENNA, pensa ai tuoi casi. Svegliati! VIVA LA LIBERTÀ! VIVA L’ITALIA!»

Oggettivamente, tutta un’altra cosa in fatto di intelligibilità.

Dopo aver girato tranquillamente sul cielo di Vienna per oltre venti minuti, i velivoli si allontanarono in direzione sud-ovest. Raggiunta Venezia fu lasciato cadere un messaggio diretto all’Ammiraglio ed al Sindaco con la comunicazione della piena riuscita dell’impresa. Gli aerei atterrarono alle 12 e 40, dopo aver percorso – in sette ore e dieci minuti mille chilometri, e oltre ottocento su territorio nemico. Assente, unicamente, il  tenente Giuseppe Sarti costretto a prender terra vicino a Vienna.

Il miglior commento al valore del gesto venne da un giornale austriaco,l’Arbeiter Zeitung che dedicò un titolo privo di risposta.”DOVE SONO I NOSTRI D’ANNUNZIO? D’Annunzio, che noi ritenevamo un uomo gonfio di presunzione, l’oratore pagato per la propaganda di guerra grande stile, ha dimostrato d’essere un uomo all’altezza del compito e un bravissimo ufficiale aviatore. Il difficile e faticoso volo da lui eseguito, nella sua non più giovane età, dimostra a sufficienza il valore del Poeta italiano che a noi certo non piace dipingere come un commediante. E i nostri D’Annunzio,dove  sono? Anche tra noi si contano in gran numero quelli che allo scoppiar della guerra declamarono enfatiche poesie. Però nessuno di loro ha il coraggio di fare l’aviatore!”.

La guerra ormai volgeva alla fine (terminerà praticamente il 4 novembre , con il bollettino della vittoria di Armando Diaz). L’italia ne aveva preso parte a far tempo dal 24 maggio 1915 dopo un lungo periodo di tentennamenti e  di trattative con gli Stati, a conclusione dei quali abbandonò la Triplice Alleanza per avvicinarsi alla triplice Intesa, dichiarando guerra all’Austria-Ungheria. Ciò aveva comportato, in pratica, un cambio di alleanze, cosa peraltro non nuova ai Savoia. Nel 1703, infatti, Vittorio Amedeo aveva posto in essere qualcosa di analogo, le cui conseguenze furono l’arresto di 4500 tra i migliori soldati ducali da parte dei francesi (ex alleati) a San Sebastiano Po.  Anche nel 1943 avverrà negli effetti un mutamento di fronte che costerà, nell’immediato, la vita di militari Italiani fatti prigionieri dai tedeschi nelle isole greche. Che dire?

L’aereo di D’Annunzio, per l’epoca un velocissimo ricognitore da oltre 200 chilometri orari, 8 metri di lunghezza, 9 di apertura alare, peso a vuoto di circa 900 chilogrammi, è conservato al Vittoriale a Gardone Riviera (Brescia), appeso alla cupola di un ampio locale comprendente anche l’auditorium con una platea per duecento persone, utilizzato pure per convegni e manifestazioni.

Se sul piano militare il “Volo” non ebbe alcuna efficacia, non così fu su quello morale. Gli italiani dal successo di D’Annunzio ricevettero sprone e speranza e i nemici rimasero attoniti, tanto da ispirare l’articolo più sopra riproposto che, non voleva essere una critica al Vate, bensì un aspro rimprovero ai vertici militari Austro-Ungarici.

Giuseppe Rinaldi

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