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L’amore al tempo dell’influenza

Come fare a rinnovare la paura ora che il giochino della pandemia comincia a mostrare i suoi meccanismi? Come portare avanti la dittatura sanitaria fino al punto in cui la grande svendita del Paese sarà irreversibile? Ed ecco l’ultima trovatona,  una nuova minchia force pagata coi soldi di tutti che dovrà dare indicazioni sui comportamenti sessuali al tempo del raffreddore elevato a peste. Chi ha un po’ d’anni ricorderà ciò che successe al tempo dell’Aids quando in Usa e tra gli yuppies europei si andava in giro con tanto di esami sierologici in tasca, magari smaccatamente falsi, da esibire quando si arrivava al dunque. Era un po’ ridicolo e molto avvilente, ma l’Aids era un malattia a quasi esclusiva trasmissione sessuale, se si eccettuava l’uso di siringhe infette, e dunque le precauzioni che poi consistevano nell’uso del preservativo avevano un senso. Ma col Covid che si trasmette principalmente per via aerea o per contatto di qualsiasi fluido  quale consiglio dare? O si scopa avvolti nel cellophane come tagli di carne nelle vaschette del supermercato oppure si ricorre agli antichi riti di Onan che non si direbbero sconosciuti al governo. Tertium non datur a meno che non si sia portati a rapporti interspecifici .

Certo magari aver messo a capo di questa nuova task force – distribuire soldi è il miglior modo di controllare l’informazione medica – l’infettivologo Massimo Galli  quello della seconda ondata che doveva certamente esserci, poi forse, poi non so, poi magari no, poi chissà, insomma un tipo con le idee così chiare che avrà avuto ragione in ogni caso, potrebbe avere un effetto dirompente: basta una sua foto per provocare una subitanea caduta di desiderio, l’ennesimo ammaina bandiera di questo Paese. Forse sarebbe stato più consono affidare  la task force a Woody Allen memori della  sua immaginifica calata degli spermatozoi e la presa in giro dei luminari tromboni e pazzi. Ma al di fuori della celia impossibile da trattenere di fronte a questa effervescenza del grottesco e dell’ipocrisia dottorale, si capisce bene a quale scopo si mira e quali saranno gli unici consigli utili: lasciarsi andare ad effusioni solo se l’altro ha un documento che ne certifichi la non infettività. E’ questo che gli irresponsabili intendono per rapporti responsabili. Si tratta quindi di continuare nella suggestione pandemica soprattutto verso i più giovani ed è  un modo per forzare la mano e spingerli verso i tamponi e i laboratori di analisi anche ora che la paura è in calo, prolungare la sindrome post pandemica sfruttando il sesso  per il tempo sufficiente a paralizzare la reazione verso la sconcia vendita del Paese senza che il Parlamento ci possa mettere bocca e mascherina.

Questo accade in contemporanea con la scoperta che nelle acque reflue di tre città italiane, Milano, Torino e Bologna il coronavirus era presente già a dicembre e in maniera così copiosa da lasciare tracce evidenti., una notizia che ha fatto il giro del mondo. Si conferma così ciò che già era emerso  dagli studi sierologici con la scoperta di anticorpi “vecchi” in molte delle persone esaminate e cioè che il virus si era diffuso già a partire dall’autunno o addirittura dalla tarda estate dell’anno scorso, altro che paziente zero o uno a metà febbraio. Tutte cose che vengono anche pubblicate, ma che magicamente spariscono dall’equazione generale e dalle considerazioni razionali: la retrodatazione degli eventi epidemici vuole dire essenzialmente tre cose, almeno se si vuole avere un minimo di onestà intellettuale, cosa praticamente sconosciuta in Italia: la prima è che il coronavirus ha avuto tutto il tempo di diffondersi in gran parte della popolazione ben prima degli allarmi per cui le segregazioni non sono servite a nulla se non ad affondare l’economia del Paese; secondo che proprio questa ampia diffusione evidenzia la scarsa pericolosità del virus e terzo che le vittime presunte ci sono state  essenzialmente per  errori di terapia provocati dal panico, ma anche a causa di strategie inadeguate  con la concentrazione delle persone a rischio negli ospedali e nelle case di cura dove si sono massivamente infettate. Qualcosa che mostra come il sistema sanitario si sia degradato a forza di tagli. Ed è assai probabile che se non ci fosse stato alcun allarme le cose sarebbero andate molto meglio, anzi probabilmente nemmeno ci si sarebbe accorti della pandemia. Invece di cominciare a pensare a come rimediare, si insiste inoltrandosi sempre più nel territorio del ridicolo.

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