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I panifici nel post Coronavirus

Durante il lockdown molte persone si sono messe a fare il pane in casa, ma chi di pane ci vive perché lo sforna tutti i giorni che momento ha attraversato?

«Il periodo non è stato facile – spiega Silvia Ferri, titolare di un panificio-forneria con 11 punti distributivi sul territorio bergamasco -, ci siamo ritrovati da un giorno all’altro con tante difficoltà. Abbiamo venduto parecchie materie prime: farine, sale, lievito, zucchero. Le persone si sono messe a fare dolci di ogni tipo, tanto che tutti ora si lamentano di avere messo qualche chilo in più. Noi fortunatamente di pane ne abbiamo venduto, ma solo pane, tutto il resto (prodotti dolci e salati) no: non erano indispensabili in quel periodo».

Da dietro il bancone gli addetti dei negozi hanno raccolto tante storie. «Noi abbiamo avuto la fortuna di non chiudere mai – continua Ferri –. Andare a prendere il pane era diventata l’occasione anche per uscire di casa per qualche minuto. Così in questi mesi abbiamo ascoltato i nostri clienti e abbiamo gioito e pianto con loro. Ci siamo trovati a farci forza l’uno con l’altro».

Come hanno risposto le persone a mascherine, gel igienizzanti e guanti? «Devo dire che le persone sono state molto brave – continua – in quanto fin da subito hanno dimostrato un grande rispetto. Si mettono in fila fuori e attendono il loro turno distanziati. Siamo tutti consapevoli che è triste per tutti, ma dandoci una mano tutti supereremo anche questo momento».

Silvia Ferri

Ora guardando in prospettiva? «Noi ce la stiamo mettendo tutta – prosegue Silvia -. Abbiamo la fortuna di avere questo carattere, non molliamo mai. La caffetteria e l’aperitivo di asporto hanno funzionato bene e da lunedì, da quando è stato possibile aprire il bar a tutti gli effetti, nonostante le mascherine, abbiamo percepito un certo senso di ritorno alla normalità». E la prova della temperatura ai clienti? «È stata una sorpresa, ma ci siamo equipaggiati anche per quella».

Meno semplici gli aspetti legati alla gestione del personale. «Il lavoro al momento ha rallentato, ma siamo fiduciosi – confida Silvia Ferri –. Purtroppo non è stato possibile rinnovare i contratti in scadenza. Abbiamo rinunciato a una decina di collaboratori con la speranza di poterli riassumere in futuro. Tanti dipendenti nelle settimane scorse sono stati a casa in cassa integrazione e poco alla volta li stiamo facendo rientrare. Questo è un buon segno».

«C’è tanta speranza. Questo è quello che mi sento di dire a quelli come noi. In questi mesi ho sentito le storie di negozianti che lavorano qui vicino e anche di chi ha 200 dipendenti: tutti noi sentiamo la responsabilità del nostro personale e per questo ce la stiamo mettendo tutta e ce la faremo».

La società di Silvia Ferri, la Forneria Minuscoli, ha un laboratorio con produzione di pane, prodotti da forno, dolci e salati, pasticceria fresca, 9 negozi (prodotti da forno, pasticceria, bar di cui 3 con tavola calda) di proprietà e altri 4 gestiti da terzi, ma forniti in modo esclusivo. Vi lavorano 80 persone tra dipendenti e titolari. 

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