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Le stragi degli anziani nelle Case di Riposo e nelle RSA: colpa dei politici o invenzioni delle Procure?

di Raffaele Vairo 

Da quando le Procure di Milano e di Torino hanno iniziato a indagare sulla strage degli anziani ricoverati nelle Case di Riposo e nelle RSA alcuni giornalisti, opinionisti e politici hanno tirato fuori un vocabolo che sembrava accantonato per sempre. Il vocabolo è panpenalismo. Ossia il codice penale invocato dalle Procure per sostituirsi alla politica e affossarne ogni attività che non sia di loro gradimento.

In pratica, il panpenalismo corrisponderebbe alla peculiare posizione di forza delle Procure per bloccare ogni iniziativa politica per la ricostruzione economica. Hanno ragione? Io credo proprio di no. Prima di tutto è opportuno sottolineare che, nello specifico, le Procure non si sono mosse sua sponte ma sollecitate da denunce e segnalazioni di medici e dei loro ordini, di infermieri e di parenti degli anziani ricoverati in quelle strutture ritenute infondatamente sicure fino a quel momento. Ricordo che i pubblici ministeri, magistrati delle Procure, non possono ignorare le denunce di reati o di fatti sospettati come reati e, ai sensi dell’art. 112 della Costituzione, hanno l’obbligo di esercitare l’azione penale.

Quindi è da escludere che il Pubblico Ministero agisca per bloccare ogni iniziativa politica al solo fine di indebolire il Governo, nazionale e locale, e per conseguire obiettivi incofessabili. Anzi, contrariamente a quanto si pensi il PM, ai sensi dell’art. 358 c.p.p., è un organo giudiziario titolare del potere esclusivo di compiere indagini finalizzate alla ricerca della verità. Quindi, nello svolgimento delle indagini il pm, quale organo di giustizia, è tenuto a raccogliere prove anche a favore dell’indagato, nell’esclusivo interesse generale. Nello specifico, le indagini delle Procure sono sacrosante perché noi tutti, cittadini italiani, abbiamo il diritto di conoscere la verità sulle stragi consumate in danno di persone in precarie condizioni di salute e per età e per malanni vari che ci aggrediscono quando ormai il nostro sistema immunitario non è più nelle condizioni di difenderci da agenti esterni.

Abbiamo il diritto di sapere se gli amministratori pubblici abbiano commesso errori per incapacità o per colpa cosciente, considerando, anche inconsciamente, improduttivi gli anziani e, quindi, non meritevoli delle stesse attenzioni che si riservano ai meno vecchi. O se siano stati essi stessi (gli amministratori locali) vittime di una pandemia che non risparmia nessuno e dalla quale dobbiamo imparare a difenderci in futuro, in quanto non possiamo e non dobbiamo considerarci esenti da ulteriori attacchi virali.

Ma alcuni politici, nel timore che siano accertate gravi responsabilità a carico degli amministratori regionali eletti, ovviamente, nelle loro liste, invocano, a gran voce, una legge che doni loro immunità penale, giustificando i loro comportamenti frutto di inevitabili errori conseguenti alla stranezza della pandemia, che si è espansa in modi e forme imprevedibili. Può darsi che abbiano ragione, ma lasciamo lavorare in santa pace le Procure che, sono certo, indirizzeranno le loro indagini nell’esclusiva ricerca della verità che potrebbero rivelarsi in favore degli indagati e quindi concludersi con l’archiviazione.

Piuttosto sarebbe utile ed opportuno che i politici, tutti i politici, di destra e di sinistra, si impegnassero a riformare il nostro sistema burocratico che è il vero ostacolo all’iniziativa privata, impedendole di esprimere le sue potenzialità e favorendo così le tanto vituperate delocalizzazioni delle strutture produttive in altri Paesi. Ma questa è una pia illusione, in quanto la semplificazione amministrativa eliminerebbe tanti piccoli centri di potere e conseguenti piani decisionali che consentono il propagarsi della corruzione che consente arricchimenti personali di politici, nazionali e locali, e l’ingiustificato ampliamento del loro potere.

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