Principale Arte, Cultura & Società Covid 19 – Intervista alla scrittrice Antonietta Benagiano

Covid 19 – Intervista alla scrittrice Antonietta Benagiano

Antonietta Benagiano versatile e proficua scrittrice italiana (oltre 20 libri pubblicati tra sillogi poetiche e poemetti, raccolte di racconti e romanzi, saggi e drammi teatrali, di rilievo inoltre la presenza in literary e in altri siti per brevi saggi e altre attività) manifesta nelle sue opere un pensiero di portata universale. Di elogio la esegesi alle sue opere di critici insigni, di Roberto Pasanisi, prefatore di alcuni libri, di Giorgio Barberi Squarotti, uno dei maggiori critici internazionali, che si dichiarava entusiasta della sua produzione e ne poneva in rilievo la originalità, la profondità di pensiero e l’eleganza dello stile (Non permetta che la Sua opera possa essere confusa con tanti mediocri scrittori del nulla, le scriveva in una lettera del 2 dicembre 2016).

Nonostante questo questo periodo di coronavirus, la scrittrice ha risposto volentieri telefonicamente (Skype) al nostro collaboratore Nino Bellinvia. 

Sappiamo del tuo amore per la letteratura, per l’arte. La pandemia, con la chiusura di tutto, pone nell’ombra l’Italia col più ricco patrimonio artistico. Quali le tue riflessioni?

Mi chiedo: La pandemia costringerà l’umanità a passare dal jet lang e dal multitasking della società che al vertice ha le ragioni economiche alla società “solida” del passato con i suoi tempi lunghi per realizzare gli obiettivi? L’uomo anela alla felicità e il frenetismo porta danno, non dà felicità. Mi ritorna quanto già nel Seicento considerava Blaise Pascal: Tutta la infelicità degli esseri umani deriva da una sola cosa e cioè non saper starsene tranquilli in una stanza. In questi giorni, per tutti di forzata clausura, si sta pian piano facendo strada il pensiero di un epocale mutamento, non sarà ritorno al passato ma neppure (lo speriamo!) prosecuzione della società dal pensiero calcolante, senza altro pensiero, quella che descrive Jonathan Crazy in Il capitalismo all’assalto del sonno, vale a dire la società della veglia globale a causa di un mercato dalla presenza ossessiva che dissolve la vita quotidiana. Rifletteva Hermann Hesse: Non mi piace dove sto andando e non mi piace dove sono stato. E allora perché sono di fretta? 

Musei chiusi, convegni annullati, come ogni altra attività culturale. Ne soffre il più ricco patrimonio artistico, anche Raffaello, a 500 anni dalla morte, con quel messaggio (Spero possa riaprire presto la Mostra) del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. Sta rimediando la tecnica, positiva non solo per le necessità del malato, così, tramite essa, non si toglie la fruizione dell’opera d’arte, pur se non è a 360°.                                                                                                  

Saremo inondati da tanta produzione letteraria sul coronavirus, empatica come quella che ci ha finora inondato con altri argomenti. Il mondo delle emozioni non va perduto ma ha importanza anche la profondità di pensiero: noi speriamo nel successo di pagine che sollecitano a riflettere.

Fondamentale è in ogni tempo l’educere, vale a dire promuovere il meglio delle facoltà umane sotto ogni aspetto.  Quale educazione trarremo dal Covid 19?

La Scuola sta proseguendo proprio in grazia di ciò che la tecnica offre (altra positività!) ma, oltre alle conoscenze, importa che i giovani, al pari degli adulti, abbiano contezza che i principi di convivenza sociale debbono essere improntati a forme etiche, desuete o neppure in passato attuate pienamente. Bisogna, soprattutto nella presente situazione, educare al senso di responsabilità che non può essere senza una dose di pazienza, di osservanza delle norme. A dire il vero, tutto ciò dovrebbe, in primis, essere recepito da noi adulti, spesso non siamo di buon esempio. In questo tempo terribile stanno, però, gl’Italiani dando il meglio (non affermava Elsa Morante che gl’Italiani sono un popolo grande nei momenti di maggiore difficoltà?) ma il senso di responsabilità è da ribadire. La stessa regina Elisabetta II, nel discorso dello scorso 5 aprile, ha insistito sul senso di responsabilità e disciplina che ognuno dovrebbe nel mondo avere, sul senso di unità con cui si può cercare di superare il terribile momento in attesa di tempi migliori.  

L’IA, ovvero l’intelligenza artificiale, sta venendo incontro anche per una risoluzione del Covid 19, sorgono, però, perplessità a causa di una ingerenza nella privacy.  Cosa pensi?

L’IA, che emula l’intelligenza umana con prestazioni qualitativamente equivalenti e quantitativamente superiori, viene impegnata per ridimensionare anche il dramma del covid 19. Abbiamo letto che in Cina ha molto contribuito a circoscrivere il coronavirus, a cominciare dallo smartphone in grado di assegnare ad ogni cittadino un colore (verde, giallo, rosso) quale segnale della possibilità di circolare o dover stare in quarantena. Altre app forniscono informazioni dettagliate sui cittadini, ovunque si trovino. Plaudiamo alla intelligenza artificiale, anche se a retrocedere questa volta è la privacy.  Ma l’IA è in grado anche di far accelerare la ricerca scientifica sul vaccino creando una piattaforma di documenti e informazioni di oltre cento milioni, la quale può essere opportunamente esplorata dagli scienziati di tutto il mondo per le loro ricerche volte a sconfiggere il Covid 19 che tiene in ansia.   

L’offesa! Si pone, a tuo avviso, in atto anche quando, per situazioni drammatiche, il buon senso la vorrebbe esclusa?

Onnipresente l’offesa, pure nelle situazioni drammatiche come la tragica pandemia che stiamo vivendo, di cui speriamo quanto prima la fine e insieme la volontà di provvedere in via precauzionale, dal momento che si prevede un nuovo assalto del virus sotto mutata forma. Si offendono reciprocamente gli italiani, pur se tanti di coloro balzati in prima linea (medici, infermieri, farmacisti e personale relativo) sono esempio di abnegazione.  E si lanciano, chi più chi meno, reciproche offese i popoli, taluni offendono gl’Italiani e quindi l’Italia. L’offesa diventa talora sciacallaggio: esempio minimo (ce ne sono di massimi) è uno straniero (così abbiamo letto) che, avendo prima dell’epidemia telefonato a un’agenzia immobiliare italiana per l’acquisto di un appartamento, a coronavirus dilagante ritelefona e offre meno della metà del prezzo del suo valore, ritenendo che si debba accettare, considerate le pessime condizioni in cui versa l’Italia. E il titolare dell’agenzia, dopo avergli ricordato la nostra millenaria civiltà e il prestigio di un patrimonio artistico unico, lo congeda col detto arabo: Sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto. Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani. Vale per i tanti sciacalli, non solo per il suddetto acquirente.                                                                                                             

Tutti vorremmo una società ideale dove poter vivere in armonia, vale a dire una utopia. Qual è il suo pensiero?

La realtà presente creata dal coronavirus, così drammatica pensando anche alle difficoltà che sotto vari aspetti ci troveremo a coronavirus spento, porta ancor più a meditare sui rapporti sociali all’interno di uno Stato e su quelli tra i vari Stati o Unioni statali. Eguaglianza e pace universale sono utopie che da sempre hanno accompagnato gli esseri umani. L’utopia è il non luogo di Tommaso Moro che, riprendendo Platone, delinea il suo ideale, un luogo che nella realtà non esiste, pur essendo presente fra gli uomini, i quali, critici verso le situazioni negative da essi stessi create, si sono sempre volti alla speranza di poter attuare la loro aspirazione all’armonia. Non l’hanno mai raggiunta: sentimenti opposti hanno preso il sopravvento vanificando ogni impegno. Comunque l’utopia è una speranza e alla speranza non si rinuncia mai. 

 A come arte, e come educazione, i come intelligenza artificiale, o come offesa, u come utopia. A voler considerare tutto l’alfabeto saremmo stati skype ore e ore.

Nella foto la scrittrice Antonietta Benagiano nel suo studio a Massafra.

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