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Rischio Covid, il Policlinico di Bari in prima linea nella tutela della salute dei lavoratori

Dalla control room le indagini epidemiologiche sui contatti

Tracciamento dei contatti, classificazione in contatti a basso o ad alto rischio, tamponi e allontanamento dal servizio. È la procedura aziendale, coerente con le raccomandazioni internazionali, avviata dal Policlinico di Bari per ridurre il rischio di circolazione del virus tra i propri lavoratori, oltre che tra i pazienti. L’obiettivo è quello di identificare quanto più rapidamente possibile i casi tra operatori sanitari, rintracciare i contatti (cioè gli altri operatori o pazienti che possono aver avuto una interazione con il caso accertato di COVID) e sottoporli a misure utili a limitare il rischio di diffusione, come l’automonitoraggio dei sintomi, l’allontanamento dal servizio e l’esecuzione del tampone a 7 giorni dall’esposizione.

Per coordinare queste attività è stata creata una struttura, la Control Room Covid, che supporta la Medicina del Lavoro. A oggi sono 14 gli operatori sanitari del Policlinico che hanno contratto Covid: 9 medici, 4 infermieri e un ausiliario. I casi sono stati diagnosticati dal 13 al 25 marzo e per la maggior parte si tratta di una infezione “comunitaria”: l’operatore sanitario ha contratto l’infezione fuori dall’ospedale, per esempio a casa. Per tutti i casi si è avviata una accurata indagine dei contatti, arrivando a investigare complessivamente 606 operatori possibilmente esposti di cui però solo in minima parte con contatti ad alto rischio A curare l’indagine epidemiologica e a classificare i contatti in alto e basso rischio, sulla base delle interviste effettuate agli operatori, è il professor Silvio Tafuri, referente della control room. Per i contatti ad alto rischio, con interazioni dirette e ravvicinate ai casi Covid19, si procede alla sospensione temporanea dal servizio fino all’esecuzione del tampone oro-faringeo per escludere il contagio. “Le indicazioni per tempo fornite dal Policlinico di Bari su percorsi e corretto utilizzo di DPI sembrano avere effetto – spiega il professor Tafuri – non abbiamo casi nel personale dell’Area COVID. Paradossalmente, è stata l’infezione acquisita al di fuori dell’Ospedale il driver di contagio tra gli operatori, contagio comunque contenuto.

Il modello adottato ha consentito di trovare 2 casi di Covid in fase asintomatica e di allontanare dal servizio altri 2 casi presintomatici, che hanno sviluppato i sintomi di malattia mentre ormai erano a casa. Considerando che la contagiosità diventa significativa nei due giorni prima dall’insorgenza di sintomi, il contact tracing ci consente di guadagnare tempo e di quarantenare da subito i soggetti ad alto rischio che vengono allontanati prima di diventare significativamente contagiosi. I dati sembrano indicare che abbiamo agito per tempo e che la catena di contagio si è rotta”.

 

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