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Verso una nuova visione economica

Editoriale

A cura di Giuseppe Trizzino

Pensavamo potesse implodere l’Unione Europea, o che le tensioni legate alla geopolitica internazionale spingessero in qualche modo cambiare gli assetti nel mondo, ed invece ci ha pensato un subdolo, invisibile e letale virus a trasformare i destini dei popoli, stravolgendo le carte in tavola nello scacchiere internazionale.

Ormai coinvolge tutti e soffia forte come il vento in ogni longitudine e latitudine, entrando in ogni angolo del globo.

Ma quale nuova alba ci aspetta, domani ?

Quale scenario economico immaginare?

Non è chiaro ad oggi, e non lo è per nessuno.

Serve comprendere anzitutto se effettivamente questa epidemia è stata causale o casuale.

Poi c’è da contare i danni e valutare i programmi stimati per la crescita con relativi prospetti sulla corposità degli aiuti e le capacità di reazione dei singoli.

Infine valutare le mosse e le reazioni di alcune economie.

In questo intreccio globalizzato, dove tutto sembra avvitarsi anche la geopolitica afferra l’economia e la finanza, portandola dentro ad un’altra scatola cinese, nascondendo, almeno, agli occhi dei mortali.

Le analisi vanno fatte nel loro complesso, in armonia con i dati.

Anzitutto occorrerà accertare che questo virus sia davvero casuale.

Ed in questa prima direzione, da prime notizie che non appaiono affatto peregrine parrebbe che a Whuan – focolaio primario – ci sia stata una esercitazione inter force internazionale a novembre.

Così come parrebbe che l’università di Nuova Delhi abbia accertato essere un virus geneticamente modificato.

Infine che il fondo di investimento primario al mondo, abbia investito miliardi nella caduta delle borse e dei mercati entro marzo 2020.

Uno scenario geopolitico del genere, prenderebbe percorsi diversi anche in ambito economico.

Cercando invece di anticipare, un possibile scenario economico possiamo iniziare assumendo alcuni dati.

Il primo tra tutti è che l’economia dell’eurozona, che più ci interessa è diversa dalle altre, e mi riferisco a quella statunitense, a quella del sud est asiatico, a quella mediorientale, sud americana, africana, nipponica e russa.

Ovviamente alcune partono più forti della nostra, anche se valutando l’impatto a bocce ferme, potrebbe presentarsi uno scenario quasi paritario, a causa dei diversi effetti dell’onda d’urto.

Senza entrare nello specifico dei meccanismi economici un dato è certo.

Da domani sarà una nuova era anche economica.

Le difficoltà saranno consistenti per tutti, e riguarderanno ogni settore.

Tralasciando gli aspetti speculativi, che sempre esisteranno non credo ci siano manovre in atto volte a indebolire l’uno e l’altro paese o economica.

I titoli di stato non sono sotto assedio e questo è un buon dato per escludere azioni speculative ma rimane la questione economica.

La nostra BCE non è in grado e non ha poteri per fare fronte a questo scenario “im”prevedibile.

Da qui una scelta.

Sciogliere la UE oppure riscrivere le regole di sostegno agli stati.

Nel primo caso, noi Italiani, ci troveremmo di fronte ad un doppio problema, trattare l’uscita dalla UE ed il ripristino di un sistema stato.

Ma la UE senza di noi, crolla su se stessa.

A meno che, non si decida di congelare la Ue e di permettere agli stati di affrontare l’emergenza.

Questa via, possibile e probabile sarebbe il preludio alla chiusura dell’esperienza europea.

Non dimentichiamo che, questa esperienza, volta proprio a creare un mercato europeo forte ed una economia stabile, è fallita.

E lo è per i dati che risultano dai mercati mondiali.

Noi non abbiamo una economia forte così come non abbiamo una economia europea stabile.

Tant’è che la stessa Ue non sa come reagire per affrontare al suo interno questo fenomeno.

Nel secondo caso – restare in UE – dovremmo sperare nella bontà dei padroni del sistema Ecofin.

Senza dimenticare che il nostro paese è già in crisi con una crescita dello 0,2 annuo da almeno 10 anni.

Sì mescoleranno le carte dunque ed ognuno avrà delle chance da questa occasione nuova.

Come ogni guerra, alla fine si dovrà negoziare e trattare, redigere armistizi, acclarare sconfitte e disporre condizioni.

Saranno l’intelligenza e la lungimiranza a tracciare la linea che dividerà da un lato i nuovi equilibri di potere e dall’altra la via di nuova distribuzione di ricchezza.

l’Italia sarà una protagonista di seconda fascia in questo scenario, anche se.

Anche se potrebbe sfruttare altri fattori di geopolitica internazionale per farsi valere e dettare almeno alcuni punti di principio utili a far rispettare e rilanciare il paese.

Mi riferisco alla nostra centralità geografica, alla nostra posizione strategica ed al nostro potenziale nei settori del made in Italy, ma questa scelta presuppone equilibrio e capacità, valori che ad oggi in Italia non sono più comuni.

Quel che sarà, certamente non può immaginarsi oggi, in presenza di tante e troppe variabili ed incognite.

Di sicuro l’Italia in questo scenario, indebolita da una crisi economica e sociale interna, priva di statisti autorevoli e lontana da tempo dal banco dei vincitori, si troverà nella stessa posizione del dopo guerra in cui il nostro presidente De Gasperi riuscì, in un arduo discorso alla conferenza di pace, a far rispettare il nostro paese pur se sconfitto, consegnando una magistrale lezione di libertà e di politica.

Tornando alla speranze di un domani più sano e più sostenibile, in economia così come nelle società dei paesi, personalmente immagino uno scenario più green, votato e proiettato alla tutela ed alla salvaguardia di nostra madre natura.

Credo in una nuova economia che ripassi la storia e da lì riprenda le fila, spesso dimenticate, di una forma di sviluppo davvero possibile, in armoniosa al contesto.

Wilson – presidente degli Stati Uniti- professava il principio dell’autodeterminazione come forma alta di libertà.

Oggi di libertà se ne intravede poca e con poca libertà, ogni pur latente forma di democrazia non può ossigenarsi, lasciando soffocare i diritti e le pretese sovrane.

La speranza è dunque riposta soprattutto in un risorgimento sociale e culturale, che sia da prologo rispetto ad ogni altro argomento.

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