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Canoni di locazione per uso diverso in caso di chiusura per  emergenza sanitaria

Le numerose disposizioni dettate con una sequenza impressionante di dpcm a cui ha fatto seguito il d.l. n.18 del 17 marzo 2020, che ha disposto in merito agli interventi finanziari a favore di famiglie e imprese, è risultato assolutamente deficitario poiché le misure adottate non sono idonee a salvaguardare gli impegni correnti, nello specifico i canoni di locazione.

In particolare per la locazione ad uso diverso dall’abitazione ha previsto un contributo non liquido ma quale credito d’imposta, con riferimento al solo canone del mese di marzo.

Molte imprese lamentano la mancanza di liquidità per poter sostenere i costi fissi alla scadenza. Quindi, le misure adottate dal governo appaiono non idonee al necessario sostegno della liquidità. Forse sarebbe stato un più valido sostegno attribuire un credito d’imposta ai locatori anziché ai locatari.

Alla luce della insufficiente tutela disposta con tali misure, non resta che valutare i rimedi che offre il codice civile e la legge 392/ 1978 .

In situazioni ordinarie, l’art. 27 della legge n. 392/1978, prevede che  per gravi motivi il conduttore può recedere anticipatamente dal contratto con un  preavviso di 6 mesi, qualora non sia previsto in contratto un termine inferiore. In termini di continuità del rapporto il recesso non è la soluzione idonea, in quanto  comporterebbe la liberazione dei locali; ciò appare praticabile in caso di  cessazione dell’attività.   Ritengo che sia una questione di maggiore interesse verificare le possibilità offerte dalla legge in caso di prosecuzione del rapporto locatizio.

La dichiarazione dello stato di pandemia con la consequenziale chiusura dell’attività  impossibilità  sopravvenuta, ex art. 1464 c.c.; tale disposizione, infatti, prevede la possibilità di una riduzione della prestazione del locatario  (canone);

d’altra parte la pandemia e la chiusura dell’attività non consente nemmeno al locatore di adempiere alla sua prestazione, cioè al godimento del locale da parte del locatario. Il locatore,  quindi, sarebbe impossibilitato  all’esecuzione della propria prestazione, ciò consentire il godimento dell’immobile locato, ex art. 1575 c.c.;

giocoforza che le prestazioni corrispettive del locatore e del locatario sono entrambe impedite da una situazione di “impossibilità sopravvenuta”, fino al perdurare dell’obbligo di chiusura;

In tal caso è possibile rimodulare il canone tenendo conto degli effettivi giorni di apertura per ciascun mese solare, proseguendo regolarmente dalla riapertura e dalla cessazione dello stato di pandemia.
Qualora il locatore decida di recedere anticipatamente dal contratto di locazione, non è tenuto ad osservare il termine di preavviso essendo la pandemia e la chiusura obbligata  causa di impossibilità sopravvenuti in quanto l’azzeramento delle entrate renderebbe la prestazione troppo onerosa ex art. 1467 c.c.;

Il buon senso potrebbe consigliare al locatore di offrire una modifica, seppur temporanea, delle condizioni contrattuali”;

Nel caso in cui l’impossibilità  della prestazione del conduttore è parziale,   poiché la stessa sia divenuta impossibile solo in parte, ai sensi dell’art. 1258 c.c., in questo caso, il conduttore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile; ciò fintanto che permane l’impossibilità sopravvenuta.

In seguito al provvedimento di chiusura delle attività commerciali di cui al D.P.C.M. 11 marzo 2020, risulta ammissibile la disposizione relativa alla c.d. impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione di cui all’art. 1256 c.c.; va considerato, infatti, che il divieto di esercitare l’attività determina l’impossibilità per il conduttore di utilizzare l’immobile, quale prestazione dovuta dalla contro parte (locatore); la mancanza degli incassi determina l’impossibilità di adempiere alla propria obbligazione (canone); ciò per il tempo per il quale durerà l’emergenza sanitaria; pertanto, in applicazione della citata disposizione, il conduttore “non è responsabile del ritardo nell’adempimento”; si tratta, tuttavia, di una posticipazione dell’obbligo e non di una sua esclusione; tale ultima potrà avvenire solo qualora l’impossibilità perduri fino a quando, considerato il rapporto in corso, non vi sia più obbligo a corrispondere la prestazione del canone; al contrario, dal momento in cui l’impossibilità sia cessata, il conduttore sarà tenuto al pagamento dei canoni precedenti non corrisposti.

In conclusione, salve tutte le riserve ed indicazioni date, appare difficile sostenere il diritto del conduttore ad un’automatica riduzione del canone; a questo punto, pertanto, qualora si voglia perseguire quel risultato non rimarrà che:

  1. chiedere, per le vie ordinarie, la riduzione del canone quantomeno per il periodo di crisi e concordare ciò in via amichevole e transattiva con il locatore;
  2. nel caso di rifiuto del locatore (mantenendo il pagamento del canone vigente ad evitare eccezioni di risoluzione del contratto), il conduttore potrà convocare lo stesso in mediazione; trattandosi di una possibile controversia di tipo locativo, infatti, prima dell’eventuale giudizio è obbligatorio esperire tale procedimento come previsto dal d.lgs. n. 28/2010;
  3. nel caso di fallimento della mediazione, non rimane che la via giudiziale, sostenendo una delle ipotesi formulate in precedenza quale quella della impossibilità parziale sopravvenuta o le altre indicate.

#CANONI DI #LOCAZIONE PER USO DIVERSO IN CASO DI CHIUSURA PER  #EMERGENZASANITARIA

Le numerose disposizioni dettate con una sequenza impressionante di dpcm a cui ha fatto seguito il d.l. n.18 del 17 marzo 2020, che ha disposto in merito agli interventi finanziari a favore di famiglie e imprese, è risultato assolutamente deficitario poiché le misure adottate non sono idonee a salvaguardare gli impegni correnti, nello specifico i canoni di locazione.

In particolare per la locazione ad uso diverso dall’abitazione ha previsto un contributo non liquido ma quale credito d’imposta, con riferimento al solo canone del mese di marzo.

Molte imprese lamentano la mancanza di liquidità per poter sostenere i costi fissi alla scadenza. Quindi, le misure adottate dal governo appaiono non idonee al necessario sostegno della liquidità. Forse sarebbe stato un più valido sostegno attribuire un credito d’imposta ai locatori anziché ai locatari.

Alla luce della insufficiente tutela disposta con tali misure, non resta che valutare i rimedi che offre il codice civile e la legge 392/ 1978 .

In situazioni ordinarie, l’art. 27 della legge n. 392/1978, prevede che  per gravi motivi il conduttore può recedere anticipatamente dal contratto con un  preavviso di 6 mesi, qualora non sia previsto in contratto un termine inferiore. In termini di continuità del rapporto il recesso non è la soluzione idonea, in quanto  comporterebbe la liberazione dei locali; ciò appare praticabile in caso di  cessazione dell’attività.   Ritengo che sia una questione di maggiore interesse verificare le possibilità offerte dalla legge in caso di prosecuzione del rapporto locatizio.

La dichiarazione dello stato di pandemia con la consequenziale chiusura dell’attività  impossibilità  sopravvenuta, ex art. 1464 c.c.; tale disposizione, infatti, prevede la possibilità di una riduzione della prestazione del locatario  (canone);

d’altra parte la pandemia e la chiusura dell’attività non consente nemmeno al locatore di adempiere alla sua prestazione, cioè al godimento del locale da parte del locatario. Il locatore,  quindi, sarebbe impossibilitato  all’esecuzione della propria prestazione, ciò consentire il godimento dell’immobile locato, ex art. 1575 c.c.;

giocoforza che le prestazioni corrispettive del locatore e del locatario sono entrambe impedite da una situazione di “impossibilità sopravvenuta”, fino al perdurare dell’obbligo di chiusura;

In tal caso è possibile rimodulare il canone tenendo conto degli effettivi giorni di apertura per ciascun mese solare, proseguendo regolarmente dalla riapertura e dalla cessazione dello stato di pandemia.

Qualora il locatore decida di recedere anticipatamente dal contratto di locazione, non è tenuto ad osservare il termine di preavviso essendo la pandemia e la chiusura obbligata  causa di impossibilità sopravvenuti in quanto l’azzeramento delle entrate renderebbe la prestazione troppo onerosa ex art. 1467 c.c.;

Il buon senso potrebbe consigliare al locatore di offrire una modifica, seppur temporanea, delle condizioni contrattuali”;

Nel caso in cui l’impossibilità  della prestazione del conduttore è parziale,   poiché la stessa sia divenuta impossibile solo in parte, ai sensi dell’art. 1258 c.c., in questo caso, il conduttore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile; ciò fintanto che permane l’impossibilità sopravvenuta.

In seguito al provvedimento di chiusura delle attività commerciali di cui al D.P.C.M. 11 marzo 2020, risulta ammissibile la disposizione relativa alla c.d. impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione di cui all’art. 1256 c.c.; va considerato, infatti, che il divieto di esercitare l’attività determina l’impossibilità per il conduttore di utilizzare l’immobile, quale prestazione dovuta dalla contro parte (locatore); la mancanza degli incassi determina l’impossibilità di adempiere alla propria obbligazione (canone); ciò per il tempo per il quale durerà l’emergenza sanitaria; pertanto, in applicazione della citata disposizione, il conduttore “non è responsabile del ritardo nell’adempimento”; si tratta, tuttavia, di una posticipazione dell’obbligo e non di una sua esclusione; tale ultima potrà avvenire solo qualora l’impossibilità perduri fino a quando, considerato il rapporto in corso, non vi sia più obbligo a corrispondere la prestazione del canone; al contrario, dal momento in cui l’impossibilità sia cessata, il conduttore sarà tenuto al pagamento dei canoni precedenti non corrisposti.

In conclusione, salve tutte le riserve ed indicazioni date, appare difficile sostenere il diritto del conduttore ad un’automatica riduzione del canone; a questo punto, pertanto, qualora si voglia perseguire quel risultato non rimarrà che:

  1. a) chiedere, per le vie ordinarie, la riduzione del canone quantomeno per il periodo di crisi e concordare ciò in via amichevole e transattiva con il locatore;
  2. b) nel caso di rifiuto del locatore (mantenendo il pagamento del canone vigente ad evitare eccezioni di risoluzione del contratto), il conduttore potrà convocare lo stesso in mediazione; trattandosi di una possibile controversia di tipo locativo, infatti, prima dell’eventuale giudizio è obbligatorio esperire tale procedimento come previsto dal d.lgs. n. 28/2010;
  3. c) nel caso di fallimento della mediazione, non rimane che la via giudiziale, sostenendo una delle ipotesi formulate in precedenza quale quella della impossibilità parziale sopravvenuta o le altre indicate.

Alla luce del nuovo art. 91 D.L. 18/2020 (CURA ITALIA) con cui è stato ampliato il contenuto dell’art. 3 DL 6/2020 con l’aggiunta dell’art. 6-bis dal seguente tenore: Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è SEMPRE VALUTATA ai fini dell’esclusione, ex artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore anche relativamente all’applicazione di decadenze o penali connesse a ritardati o omessi pagamenti.

IN SINTESI: E’ LEGITTIMA LA CAUSA DI ESENZIONE DELLA RESPONSABILITA’ DEL DEBITORE PER RITARDO O OMESSO PAGAMENTO (o altra prestazione) TUTTE LE VOLTE IN CUI DETTA CAUSA SARA’ VALUTATA e ACCERTATA ALLA STREGUA DI

UN IMPEDIMENTO AL CORRETTO ADEMPIMENTO IN BASE ALLA ORDINARIA DILIGENZA.

Avv. Luigi Benigno

Segretario Generale

Centro Tutele Consumatori e imprese 

avvluigibenigno@gmail.com

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