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Troppi conti non tornano

Qualcosa non funziona: la rappresentazione dell’epidemia quanto a pathos è perfetta, quanto a provvedimenti è assurda e contraddittoria, ma quanto ai numeri è così sciatta e statisticamente fantasiosa che i conti non tornano affatto. Con circa 12.500 contagiati (ovviamente accertati) ci sono stati 827 decessi, con un tasso di mortalità del 6,6 %, ovvero quasi il doppio della percentuale cinese e mondiale che è del 3,4% sul totale dei contagiati accertati, al punto che quasi il 20 % dei morti è italiano. Per giunta il coronavirus non ha colpito nessuno straniero sebbene la popolazione extracomunitaria sia all’incirca a circa il 9% del totale mettendoci di fronte a una impossibilità statistica. Ma non è finita: non si riesce a  comprendere perché il paziente zero sia tedesco, cosa del tutto ovvia, essendo la Germania il Paese europeo che ha più contatti con la Cina eppure in Germania ci sono meno casi, così come in Francia, pur essendo iniziata lì la diffusione del coronavirus.

Per avere ragione di questo pasticcio potremmo prendere in considerazione un certo numero di ipotesi, ognuna delle quali per un  verso o per l’altro inquietante: 1) la popolazione italiana, per qualche motivo è più sensibile al virus di altre; 2) secondo quanto dice l’Istituto superiore  di sanità il coronavirus che circola da noi non è quello cinese, ma autoctono, dunque presente da tempo, magari da mesi o anche da anni in maniera latente e diffusa, ma mai rilevato perché “mimetizzato” da influenza; 3) le strutture sanitarie italiane sono ormai alla frutta dopo decenni di tagli inconsulti oltre che di ruberie senza limiti  e dunque non solo ci sono la metà dei posti letto per isolamento e terapia intensiva rispetto a Germania e Francia, ma anche quelli esistenti sono sotto gli standard  e non tutelano in maniera adeguata la vita dei pazienti, come del resto risulta evidente dalla mancanza di ventilatori polmonari  che una sola azienda costruisce e vende per 9000 euro ciascuno ai rivenditori che poi li fanno compare agli ospedali a 17 500 euro; 4 i tamponi usati per rilevare la presenza di anticorpi per il Covid 19, sono imprecisi o male usati e rilevano contatti coi coronavirus di più ceppi che nulla hanno a che fare con quello specifico, ma che sono ampiamente diffusi;   5) esiste uno scellerato e tacito “patto  – Lagarde ” chiamiamolo così in onore dell’ex presidente dell’Fmi che molte volte ha alluso al peso del sistema pensionistico, per cui la vita delle persone più anziane viene sacrificata con noncuranza;  6) i dati sono sbagliati a causa della confusione totale che regna nel sistema sanitario e alla scarsa vocazione numerologica del Paese; 7) i dati sono  volutamente truccati per poter addebitare all’epidemia, dunque alle stelle e magari alla cattivissima Cina, un default che è al contrario tutta colpa del ceto dirigente corrotto e incapace che ha portato l’Italia al disastro. Le misure assurde di fronte alla quali ci troviamo, una specie di incrocio fra lager e paese dei balocchi,  sono più funzionali alla creazione di panico e di stato di eccezione che al contenimento di un agente patogeno con tutta probabilità già ampiamente diffuso.

Possiamo tranquillamente scartare la prima ipotesi visto che il dna dello Stivale ha la maggiore variabilità genetica  ed è dunque il più eterogeneo d’Europa, mentre tutte le altre sono contemporaneamente in campo e variamente modulabili: per esempio la 3, la 4 e la 6 sono strettamente correlate tra loro, così come la 5 e la 6. Ma il panico è così grande che nessuno fa attenzione alle cifre, al loro significato sinistro e dunque il disegno di addebitare la disgregazione del Paese e la perdita di qualsiasi sovranità al destino infausto , sta pienamente riuscendo. Del resto è proprio il sistema liberista nel suo complesso che sta cercando di sfruttare la pandemia per nascondere dietro il Covid 19 i suoi fallimenti che erano annunciati molto prima che il virus facesse la sua comparsa. E i suoi grandi sacerdoti, come la Lagarde che ha combinato l’ultimo suo disastro come capo della Bce provocando un crollo verticale delle borse, si svelano nella loro realtà di fanatici incompetenti e ottusi della disuguaglianza. Quindi come aspettarsi che i pretonzoli italiani del culto siano in grado di fare qualcosa di sensato di fronte all’epidemia se non gonfiarne i contorni per apparire innocenti?

Del resto la preoccupazione per le malattie nell’epoca dei media non ha più a che fare con la loro gravità intrinseca, ma con l’allarme che suscitano che è ovviamente modulato dal potere. Una pandemia come l’asiatica che fece 20 mila morti solo in Italia nel ’57 ebbe ben pochi titoli e passò praticamente sotto silenzio, tanto che Paolo Monelli su la Stampa scrisse che “il terrore per una gentile influenza è dovuto solo al nome: asiatica”.  Allora il fattore, provato e documentato, che favorì il diffondersi dell’epidemia già durante l’estate fu il trasferimento continuo dei soldati di leva da un’area all’altra del Paese, mentre adesso la paura del coronavirus, così straordinariamente esibita, non impedisce un gigantesco trasferimento di truppe dagli Usa e da altri Paesi europei per le manovre di primavera in funzione antirussa.  Il fatto è, vedete, che le sindromi influenzali non sono mai gentili e sebbene tutti le abbiano prima o poi e spesso parecchie volte nella vita, sono nel complesso le malattie che hanno fatto più morti nella storia conosciuta dell’umanità. Non direttamente, ma nella stragrande maggioranza dei casi facendo collassare i sistemi vitali più compromessi da altre patologie. In realtà visto che esse fanno da 4mila a 10mila morti ogni anno solo lungo lo stivale bisognerebbe prendere severe misure per arginare il contagio tutti gli inverni, mentre questo non accade affatto. Accade adesso invece, nella più grande confusione possibile e nell’ambiguità, per coprire altri tracolli di umanità.

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