I due papi di Fernando Meirelles (2019) non è ambientato nei palazzi vaticani o nella residenza estiva di Castel Gandolfo o nell’Argentina della dittatura di Videla o tra le carte degli scandali svelate da Nuzzi…il film si svolge nella “notte oscura” dei due protagonisti. E’ in questo diaframma che verranno a dialogo la Chiesa delle risposte e la Chiesa delle domande.
La Chiesa della Verità indifettibile e la Chiesa della Misericordia. Nessuna ne uscirà vincitrice, ma solo perché la trama si svincola subito da questo intento. In fondo, due ore e cinque minuti di visione, sono la storia di un’amicizia tra due uomini e del loro modo di tradurre il silenzio di Dio. Uno sforzo immane e snervante che porta, sottilmente a preferire l’ateismo pur di poter rimanere in pace con sè stessi. Ci sono immagini di repertorio, ci sono ricostruzioni storiche puntuali e precise, c’è una lettera di dimissioni continuamente respinta, c’è una candela che, spegnendosi non lancia il suo fumo verso l’alto, ma verso il pavimento…Segno di preghiere respinte e non gradite. Ci sono omelie costruite sulla rinuncia a parlare, pur di mantenersi coerenti con il proprio travaglio interiore.
Con la propria coerenza precaria. Il popolo del Deus absconditus, in questo momento storico, non sa più cosa farsene della retorica millenaria, dei gesti studiati, perfino dei nuovi annunci di speranza. Benedetto XVI e Francesco sono icone della profezia e della testimonianza che, inevitabilmente, devono incontrarsi, per fondersi, per ricominciare a parlare ad ogni uomo. Nessuna può avere credibilità, senza l’altra. E’ l’unica (l’ultima?) risposta che la Chiesa può offrire al mondo. Altrimenti, nella sua monumentalità, resterà impiantata sul Calvario, estranea ad ogni alba di risurrezione.
Luca Anaclerio