Arcangela Parrulli poetessa gravinese omaggia la sua città con una raccolta di poesie, opera seconda
Giovanni Mercadante
Vibranti brani poetici in un corposo volume dal titolo “Gravina – U’ paise amète” opera seconda, di Arcangela Parrulli, insegnante in pensione.
Copertina arricchita da una splendida immagine del viadotto, da dove la vista abbraccia il canyon della gravina e il borgo medievale (foto Carlo Centonze).
Stampa curata da Mario Adda Editore/Bari/2019; oltre 210 pagine con un ampio corredo fotografico a colori, le cui immagini richiamano i momenti più significativi della vita dell’autrice, tra cui l’incontro col Sante Padre, Papa Giovanni Paolo II; un ricordo con i suoi ex alunni, la sua famiglia, e alcuni monumenti storici della bella cittadina murgiana.
I contributi introduttivi di Francesco D’Episcopo (noto critico letterario dell’Università di Napoli); di Tommaso Mario Giaracuni (poeta e pittore di Taranto, molto quotato a livello culturale ed artistico in diverse Associazioni pugliesi, tra cui il Gruppo dei Poeti La Vallisa di Bari); del compianto prof. Franco Noviello presidente delle Tradizioni popolari di Puglia e Basilicata; e di Lucia Pallucca (Dirigente del Comprensorio scolastico della scuola elementare S. Giovani Bosco, scuola media Benedetto XIII e le scuole di Poggiorsini, in una sezione intitolata “Tra sogno e realtà”) sono la testimonianza più diretta a confermare la sensibilità artistica dell’AEDO gravinese; senza dimenticare la testimonianza del prof. Daniele Giancane, già docente all’Università di Bari, poeta e critico letterario internazionale.
Arcangela Parrulli
I testi in vernacolo sono accompagnati con traduzione a fronte in italiano per facilitare la lettura e la comprensione.
Il dialetto è la lingua madre che appartiene ai parlanti del luogo, le cui sfumature di pronuncia, a volte anche di significato, si attenuano in un continuum spazio geografico e temporale.
Il dialetto di Gravina in Puglia, confrontandolo con la vicina Altamura per esempio, è diverso per alcune caratteristiche fonetiche (cioè di suoni), però fa parte dell’idioma territoriale, cioè della “Koiné”, ovvero del dialetto regionale pugliese; di conseguenza è accettato come lingua di comunicazione verbale.
Da sinistra: prof. Daniele Giancane; dott. Francesco Schittulli; Arcangela Parrulli e Domenico Cornacchia (noto cultore locale molto attivo sul territorio) alla presentazione del libro.
Estendendo lo spazio geografico ancora oltre, il dialetto locale può essere compreso anche in Campania, in Basilicata, in Calabria e in altre regioni limitrofe, fin dove c’è un qualche legame di continuità linguistica, fino a perdersi definitivamente nel nord Italia.
La bellezza della lingua madre (il dialetto) sta nel rapporto intimo tra i parlanti, nei cui enunciati si riconoscono specialmente se sono fuori territorio, e ancora a maggior ragione se si incontrano all’estero. E’ un momento di grande commozione sentire il parlato del paese d’origine; c’è un trasporto di affetto, di una ritrovata identità.
La poesia, breve componimento scritto, esprime attraverso parole ad effetto sentimenti profondi: di serenità, di gioia, di dolore, di tristezza, d’amore, proprio ciò che comunica A. Parrulli.
La “parola”, di cui si avvale la poesia, è la “cellula” di una frase; più frasi fanno un discorso, un testo scritto. Il poeta è come il pittore: uno si avvale della parola, l’altro del pennello; entrambi sono artisti.
Nella poesia la parola svolge un ruolo importantissimo. Il poeta è inteso come l’artigiano, il fabbro, della parola che l’adatta e la plasma alla sua volontà nel componimento poetico. La sua capacità sta anche nell’inventare una parola nuova oppure ad abusare di un termine (ecco la famosa licenza poetica) per incastonarlo in un enunciato, sia per accordare una rima che per “forzare” il linguaggio.
Le parole sono come gemme, vanno utilizzate con precisione come l’orafo fa con un suo collier che adorna la sua opera con pietre preziose.
Nei momenti di grande ispirazione, il subconscio del poeta è in tumulto; è paragonabile ad un vulcano che erutta lapilli. Sono invece parole che prendono forma attraverso la sua penna.
Purtroppo, manca una codificazione precisa nel sistema dei segni del dialetto;
nonostante gli sforzi di tanti cultori locali, non si è giunti ad adottare una codice di scrittura.
Per il dialettologo le poesie di A. Parrulli sono una miniera di lemmi, di reperti linguistici che vanno conservati per le future generazioni; bene farà l’autrice a declamare i suoi componenti in un Cd in fase di realizzazione per fissare anche la pronuncia; per l’antropologo è altrettanto una fonte di ricerca da cui estrapolare usi, costumi e tradizioni.
Insomma, le poesie di A. Parrulli sono come degli arazzi: ogni parola sviluppa un’immagine; questa la potenza dei suoi versi. Una serie di fotogrammi a fissare sentimenti, tempo e spazio.
Arcangela Parrulli, poetessa a tutto tondo, dimostra padronanza della sua lingua madre (il gravinese). E’ stata annoverata tra i più importanti poeti dialettali pugliesi del ‘900, come risulta dall’Antologia “La poesia dialettale del ‘900” edizione del Rosone di S. Marco in Lamis; sposata con Nicola Armenise, Maggiore dell’A.M., ha avuto tre figli: Antonio, Salvatore e Flavio.
I suoi versi spontanei, nascono dal cuore da cui traspare un amore viscerale per la sua terra.
I temi trattati sono molti, giusto qualche esempio:
Gravina ajire e josce, pag 19;
A Gravine, pag. 20 ;
U’ paise amète: tu parte e te stringe jind’o core, pag. 26 ;
La fère de Gravine, pag. 32 ;
U’ senzèle de matremonnje, pag. 40 ;
Terre de Murge, pag. 70 ;
La zjte, pag. 110;
La lune (musicata da due complessi folk di Gravina e Spinazzola) pag. 138
Maestre…sembe, pag. 144.